Qual e’ il tuo bisogno ?

Nessuno l’ha cercata questa storia e non avremmo neanche voluto mai raccontarla. Una email alla redazione del Carrettinodelleidde.com con una richiesta pressante d’aiuto, una promessa di “scoop” e di rivelazioni bomba. Poche righe: “vorrei da lei una edizione straordinaria le racconto come sono andate le cose veramente e sono di nuovo in macchina a dormire con mia moglie se l’interessa l’argomento allora diciamo la verità agli italiani”, hanno tentato di sollecitare il nostro interesse. La firma era quella di Massimo Dolfin e la memoria è subito corsa a quella coppia che dormiva sulla macchina insieme ai tre cani. I coniugi che solo poco tempo addietro, nel 2013, avevano commosso tutta Italia, che erano stati sulle pagine di tutti i giornali e che erano andati a raccontare i loro guai anche da Bruno Vespa a Porta a Porta. Una società di San Marco d’Alunzio e il Comune di Frazzanò entrambi in provincia di Messina si erano subito offerti di trovare una sistemazione, un posto di lavoro per entrambi i coniugi e tutti i quotidiani si erano subito affrettati a dichiarare che tutto si era felicemente risolto.

E’ sempre difficile riprendere vecchie storie di uomini e donne che, assurti alla ribalta delle cronache per miseria, bisogno, fame e disperazione, sollecitano una nuova attenzione mediatica perché il loro “bisogno” non ha smesso di mordere l’anima. Non è che se si consegna una busta della spesa ad una famiglia bisognosa per la settima, la prossima settimana la famiglia ha smesso di mangiare; non è che se fai la carità e metti pochi spiccioli nelle mani stese di qualcuno al semaforo, quella mano ha smesso di stendersi. 

D’altra parte quante volte la redazione dei quotidiani ricevono richieste per avere visibilità e quante volte ci si volta dall’altra parte, quante volte abbiamo sentito di gente che dorme nelle macchine, che sale sui tetti, che si uccide o preferisce darsi a fuoco. Come dire che la storia, questa come tante altre, in questi tempi d’incertezza sul futuro nostro e dei nostri figli non fa più notizia, non assurge più all’onore delle cronache dei quotidiani nazionali e non può più sperare di arrivare di nuovo a Porta a Porta. Il bisogno degli altri, la fame e la disperazione che ci circondano, dopo che hanno appagato il nostro intrinseco “buonismo” di base, dopo che hanno placato la nostra coscienza da società civile incomincia a stancare, soprattutto se non vi è più un riflettore o un applauso che sottolinei la nostra “carità”.

Se devi fare il bene ad intermittenza è bene non farlo affatto, potresti uccidere ben due speranze.. La prima è quella di chi pur in uno stato di bisogno e ben consapevole della sua condizione, chiede aiuto e stende la mano proprio perché ancora non ha perso la speranza che ci sia un’altra mano pronta a stendersi per incontrare la sua. La seconda è la speranza di chi fa del bene ed è convinto che quel suo piccolo gesto possa cambiare il mondo ed è solo per questo che non si stancherà mai di tentare.

Se tutto questo è vero è altrettanto vero che noi del carrettinodelleidee.com ci siamo sempre vantati di dare voce a chi non ce l’ha ed è per questo che abbiamo deciso di dare di nuovo spazio a Massimo Dolfin e alla sua storia. Peraltro, non abbiamo notato mai nessuna differenza tra chi una voce non l’hai mai avuta e chi pure avendola avuta oggi non l’ha più, soprattutto in un campo come quelle del disagio, del bisogno e delle emergenze sociali. Per questo abbiamo deciso di riascoltare Massimo con l’accortezza di evitare tassativamente di riportare presunti “scoop” o rivelazioni bomba per sottolineare, invece, che oggi la vera notizia è che al “bisogno” non c’è mai fine.

“Attualmente io sono a Spatafora (in provincia di Messina ) mi hanno prestato una casa, ci dichiara Massimo Dolfin, ma me ne devo andare perché è piena di topi e scarafaggi volanti e sto per tornare in macchia. Mi avevano promesso mari e monti ma ho lavorato solo per tre mesi, mentre a mia moglie l’avevano messa a fare la badante presso una struttura per persone anziane, mi pagavano 450 euro al mese messo in regola ma….”

“ Anche davanti alla televisione nazionale mi avevano promesso che mi avrebbero aiutato economicamente ma…”

“Per mangiare mi aiutano degli amici, qualche volta mi portano una “busta spesa” oppure scendo a Messina in via XXIV Maggio e vado alla Comunità di Sant’Egidio dove ci sono Nuccio e Danilo che mi hanno conosciuto quando vivevo in macchina e mi danno del latte o della pasta. Qui (a Spatafora) non ti aiuta nessuno e uno può anche morire di fame…si figuri che anche andando in Chiesa e dicendo che ho fame, mi hanno detto che per una borsa di spesa devo aspettare sino ad ottobre perché vi sono tante altre famiglie che hanno bisogno”.

“Io ho 52 anni e mia moglie oggi è malata e riconosciuta invalida civile al 50%, perché dopo essere stata costretta a vivere piegata per tre anni sulla macchina oggi ha problemi alla schiena, al cuore, ai reni ed è molto depressa e non possiamo neanche comprare le medicine. Abbiamo dovuto sospendere le pillole perché non abbiamo i soldi…lei prendeva le pillole per il cuore e per sgonfiarsi un pochettino…usava i pannoloni ed oggi non c’è uno che mi dia i pannoloni”.  

“Ho provato a richiamare Bruno Vespa per dirgli che mi hanno preso in giro ma non me lo passano e dicono che non trattano più il sociale”.

Oggi il mio sogno è avere un lavoro onesto al Nord, un lavoro sincero e che mi dia la possibilità di pagare l’affitto… anche perché ho paura che gli assistenti sociali mi levino a mia moglie. Mi hanno detto che poiché non la posso mantenere me la leveranno…già una volta quando ero in macchina a Messina sono intervenuti gli assistenti sociali e i carabinieri dicendo che mia moglie non poteva vivere in quelle condizioni e che avrebbero trovato una sistemazione in una casa d’accoglienza con un posto letto …e quando ho chiesto se lo davano anche a me (un posto letto) hanno detto: Non me ne frega niente, a me interessa guardare soltanto la donna.

Questa è oggi la vita di Massimo Dolfin, la sua storia fatta di pene e sofferenze, ma forse un’altra storia si dovrebbe ancora raccontare. Quella di Deborah, sua moglie. 

Pietro Giunta