Quaranta anni fa la Rivolta di Reggio Calabria

Sangue, lacrime, dolore. Reggio Calabria nel luglio del 1970 diede vita a una violenta protesta meglio conosciuta come la ‘Rivolta di Reggio’ per esprimere il proprio dissenso rispetto ad alcune scelte politiche e, soprattutto, allo scippo del capoluogo, assegnato a Catanzaro rispetto a un’appartenenza storica di diritto naturale. La Città scese in piazza in massa, con decine e decine di migliaia di persone tra cui moltissime donne a protestare contro le scelte delle stanze dei poteri, cucite abilmente contro gli interessi di Reggio. Furono giorni violentissimi. Lo Stato rispose con la violenza, inviando a Reggio l’esercito, i lacrimogeni, i celerini e i carri armati. La stampa si macchiò della pagina più buia della sua storia in Italia, censurando e trasformando la realtà dei fatti, dipingendo la Rivolta di Reggio come i moti di pochi “facinorosi”, “teppistelli fascisti” o peggio ancora “delinquenti mafiosi”. Mentre i giornali e i telegiornali di tutto il mondo raccontavano la sofferenza di una Città che si sfogava così ai soprusi di un Governo ormai nemico, la stampa nazionale, assoggettata al potere, censurava i documenti di cronaca che arrivavano da Reggio, ignorava quei fatti dedicando pochi trafiletti nelle ultime pagine, vicino il meteo o lo sport, e quando scriveva qualche colonna in più lo faceva solo e soltanto per infamare ulteriormente una Città già devastata.
Oggi, dopo 40 anni, il Presidente Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti Enzo Iacopino ha chiesto scusa a nome di tutta la categoria alla Città di Reggio. Una Città che è cambiata, che da quella Rivolta è saputa ripartire, che negli ultimi anni s’è aperta e sprovincializzata grazie a una classe politica e dirigente nuova, giovane, intraprendente. Grazie a due grandi Sindaci, Italo Falcomatà e Giuseppe Scopelliti, venuti fuori dal basso, diretta espressione della società civile. Oggi, esattamente dopo 40 anni, la Regione Calabria ha per la prima volta un Governatore Reggino, che è anche il primo Governatore nella storia delle elezioni Regionali espressione di tutto il territorio Calabrese, eletto a maggioranza in tutte le Province e addirittura in tutti i Comuni. Dopo 40 anni la politica ha riconciliato una Regione: Scopelliti ha vinto le elezioni dopo mesi e mesi di campagna elettorale incentrata sull’unità Regionale, e Giacomo Mancini, nipote dell’omonimo socialista cosentino tanto “odiato” a Reggio per i provvedimenti presi a cavallo del ’70, fa parte della Giunta Scopelliti e nelle scorse ore ha dichiarato di essere “pronto a inginocchiarmi davanti al monumento delle vittime della Rivolta. Un gesto sincero, commosso, che faccio con il cuore”.
Una riconciliazione politica nata una decina d’anni fa, quando i Sindaci di allora di Reggio e Catanzaro, seppur di colori politici opposti (Italo Falcomatà e Sergio Abramo, anche lui oggi nello staff di Scopelliti) si incontravano per rilanciare l’unità Regionale. “Insieme a Falcomatà avevamo capito, già tanti anni fa, che dalle Città si poteva ricostruire la Regione. Adesso dobbiamo affinare ulteriormente lo spirito del ‘fare squadra’ che può aiutarci ad avere risultati importanti e positivi per il territorio” ha detto Abramo poche ore fa, durante le celebrazioni dei 40 anni della Rivolta di Reggio.
Ma a prescindere da tutte queste sfaccettature, qual’è la vera chiave di lettura sociale della Rivolta di Reggio?
S’è trattato, innanzitutto, di un sentimento popolare diffuso in tutta la Città. Una Città che, fiera e orgogliosa, aveva deciso di scendere in piazza e fare la guerra per mantenere alta la propria dignità, ribellandosi ai soprusi imposti dall’alto. I sentimenti di rabbia, sofferenza e soprattutto amore per la propria Città portarono decine di migliaia di reggini a identificarsi in una comunità, rinforzando l’identità urbana mai scalfita da dominazioni e stagioni storiche nel corso dei secoli e dei millenni. La rivolta di Reggio era anche la rivolta del Sud: “Con il bordello di Reggio metteremo fine al bordello d’Italia”, recitavano alcuni “striscioni” con fortunose scritte su muri e cartoni. Altri erano contro la mafia. Molti altri ancora erano contro Cosenza e Catanzaro, in quella che oggi possiamo definire una lotta tra poveri. In fondo, Cosenza e Catanzaro non facevano altro che portare avanti i loro legittimi interessi. Avevano una classe dirigente e politica che contava e pesava in parlamento, al contrario di Reggio, e che riusciva a rispondere alle esigenze di sopravvivenza di quel territorio, per molti aspetti ancor più malmesso rispetto a Reggio e dintorni. I politici che, con grande furbizia e abilità, segnarono in quegli anni i più grandi successi della storia di Cosenza e Catanzaro, erano anch’essi meridionalisti convinti. Facevano parte anch’essi di un Mezzogiorno in grande sofferenza. Sofferenza di cui la Reggio del luglio 1970 e dei mesi seguenti fu eloquente espressione. La Rivolta durò più di un anno. La Città fu più volte a un passo dal collasso civile, sociale, economico e anche fisico. Il ruolo della Chiesa e dello sport fu decisivo affinchè si calmassero le acque. E l’indimenticato Sindaco Battaglia, il Sindaco della Rivolta, è oggi ricordato al pari di Ciccio Franco: un eroe. Un eroe perchè seppe, semplicemente, interpretare i sentimenti della società civile, perchè se ne fece carico a livello politico e istituzionale e proseguì fino alla morte la battaglia dalla parte della sua Città.
Oggi Reggio è diversa, è cresciuta ed è proiettata al turismo, al Mediterraneo, allo sviluppo e al benessere. Sul bellissimo Lungomare c’è il Monumento ai Caduti della Rivolta e la Stele a Ciccio Franco, cui è dedicata l’Arena dello Stretto.
Il processo di crescita e sviluppo che la Città ha intrapreso negli ultimi 12-13 anni, senza ombra di dubbio, ha radici proprio nel 1970, in quella Rivolta da cui Reggio uscì comunque vincitrice perchè diede al mondo l’immagine di una Città unita, fiera, orgogliosa di se stessa e capace di rivoltare sottosopra un intero Paese se scalfita, offesa e umiliata. “Una Città protesta quando in sè è vivo il germe della speranza” diceva il Sindaco della Rivolta, Battaglia. Una speranza che oggi è diventata realtà.
Dopo i ‘Moti di Reggio’, la Città attraversò altri anni bui, quelli delle guerre di mafia, dei morti ammazzati, delle lupare sui balconi. Poi la rinascita. Il Lungomare, il Tapis Roulant, i concerti, la cultura, le mostre, i voli internazionali all’Aeroporto, i turisti, i giovani, la movida notturna, le notti bianche, progetti avveniristici per il futuro e il Governatore Reggino, tutti tasselli di un puzzle inimmaginabile fino ad appena 16-17 anni fa. E poi c’è il futuro. Il futuro che vede Reggio tra le 10 Città Metropolitane d’Italia. Un grandissimo successo politico trasversale di una classe dirigente che, oggi, conta eccome in parlamento e persegue le istanze della Città.

 

Oggi Reggio ricorda la Rivolta con film, dvd, cd, foto, libri, testimonianze, racconti, speciali dei giornali, articoli, rubriche, convegni e conferenze. Perchè, come diceva Indro Montanelli, “Un popolo che ignora il proprio passato non saprà mai nulla del proprio presente”.

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Peppe Caridi

da Reggio Calabria

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