Quarantena, Parola che ormai domina ogni articolo, ogni post, ogni chat. Ci si scherza, la si sopporta, la si vive come occasione per godersi la casa. Quella casa che per molti è riparo, conforto, luogo sicuro. Quella stessa casa che nell’immaginario collettivo è sinonimo di sicurezza, per molti, anzi, molte altre è prigione. O peggio, tomba.
Mentre le chiamate al 118, all’ASP, ai medici di famiglia aumentano, i telefoni dei centri antiviolenza suonano sempre meno. La speranza che l’emergenza possa “distrarre” i carnefici si rivela illusione. E il silenzio fa sempre più paura.
La violenza trova così nella quarantena un’alleata micidiale. Migliaia di donne sono costrette a casa al fianco dei loro carnefici. 24 ore al giorno. 7 giorni su 7. Nemmeno quelle poche ore di sollievo perchè “lui” è a lavoro, o al bar con gli amici. Nemmeno quello.
Uccisa in quarantena
Si chiamava Lorena. Il nome di lui, non lo inseriamo accanto al suo.
Lorena Quaranta. Occhi azzurri come il mare della sua Sicilia e un avvenire tra le corsie degli ospedali per aiutare chi soffre. Lei però, non ha potuto ricevere aiuto in tempo.
Inutile l’intervento dell’ambulanza in via delle Mimose, a Furci Siculo.
In quella via che prende il nome dal fiore simbolo delle donne, un’altra donna, un altro fiore, è stato calpestato.
Centri anti violenza.
Condividiamo l’appello del CEDAV Onlus Messina e di tutti i centri antiviolenza che in questi giorni stanno diffondendo il messaggio lanciato in rete dall’associazione D.I.R.E. – Donne in Rete contro la Violenza
Se lui è violento, puoi uscirne! Usa le uscite consentite per chiamare il centro antiviolenza più vicino.
1522 – Numero Nazionale per chiedere aiuto e ricevere informazioni sui centri antiviolenza più vicini
Perchè la paura è proprio che la quarantena impedisca a chi è vittima di violenza di poter fare anche una semplice telefonata. Quella telefonata che può salvare una vita, ma che non può essere fatta perchè l’orecchio del nemico è sempre troppo vicino. Così come le sue mani. E quel telefono che potrebbe salvare è troppo spesso tenuto sotto controllo.
Che non si smetta di denunciare, che non si smetta di sperare. Che nessuno venga lasciato solo. Che si comprenda, ora più che mai, che la casa non è sempre il luogo più sicuro.
Ciao Lorena
G.S. Trischitta