Riace, Reggio Calabria. Tra i tanti nomi dei segnali corrosi dal tempo quello del piccolo borgo calabrese. Lontano dagli occhi dell’Italia, è uno dei tanti piccoli e invisibili centri che narra un Meridione dimenticato e storie di tanti uomini e donne che hanno lasciato la propria terra tanto amata e odiata perché non gli offriva alcuna opportunità. Piccole case che una volta ospitavano numerose famiglie, ormai vuote. Strade dove non si sentono più rumori di passi. Vicoli che conservano vecchi volti e storie. Finestre chiuse dalle quali un tempo provenivano voci e risate. In provincia di Reggio Calabria, noto per i celebri Bronzi, Riace fino a qualche anno fa era uno dei centri dimenticati. Ma qualcosa è cambiato nella storia del paese nell’ultimo ventennio.
1998, dal mare spunta un veliero destinato a cambiare la storia di Riace. Sbarcano 250 immigrati in quello che da tutti era definito un paese povero e abbandonato, del tutto ignaro di come doversi comportare con i rifugiati. Riace come molti era un paese orfano di gente e i profughi erano orfani di terra, andati uno incontro all’altro per destino o per caso.
Dal 2004 la politica d’accoglienza del sindaco Domenico Lucano ha permesso l’accoglienza di 6mila profughi richiedenti asilo provenienti da venti diverse nazioni. Il loro inserimento ha permesso la rinascita economica e sociale del piccolo borgo Calabrese. Le case abbandonate del centro storico sono state date a loro disposizione. La collaborazione di circa settanta mediatori culturali facenti parte del sistema Sprar (Sistema Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati) appositamente assunti dal comune di Riace, ha consentito la loro integrazione. Le vecchie botteghe sono state riaperte, i vecchi mestieri hanno assunto nuovi colori e nuove forme grazie alla loro impronta internazionale. Grazie al programma di finanziamento del governo italiano gli immigrati hanno trovato lavoro e vivono onestamente tra le mura del piccolo paese sulla costa jonica meridionale. Molti di loro vivono da oltre dieci anni a Riace, e non smettono di essere grati per il posto che hanno all’interno del piccolo borgo e per lo stipendio che gli è stato concesso di guadagnarsi onestamente. Riace li ha raccolti dal mare, dalla guerra e dalla paura e loro hanno restituito la vita a quello che era un paese abbandonato dal tempo. Le loro storie si intersecano con quelle Meridionali. I loro volti ormai fanno parte del piccolo borgo. Consuetudini e tradizioni si uniscono fino ad intersecarsi. La loro lingua si mischia con il Calabrese formando un curioso miscuglio. Riace adesso racconta le loro storie. Aiwa, che arriva dal Togo adesso è operatore ecologico del paese. Fish, proveniente dall’Eritrea, è stato salvato dalla guardia costiera dopo tre giorni in mare. Umme che arriva dal Pakistan e lavora nel laboratorio di ceramica. Ali, da un anno a Riace, che ha combattuto in Afghanistan come sergente insieme all’esercito americano, ora richiedente asilo. Roawda che arriva dalla Somalia, lavora nel laboratorio di vetro soffiato. Tahira che arriva dll’Afghanistan impegnata nel laboratorio di ricamo. Mohammad, proveniente dall’Iran ristruttura le case del piccolo centro storico. Hare Gu , che ha attraversato il deserto dal Sudan alla Libia dentro un furgone pieno di migranti, ogni giorno si sveglia pensando a suo figlio così lontano da lei, adesso lavora nel laboratorio di vetro e rame. Bahram Acar, dal Kurdistan, in venti anni a Riace ha fatto il carpentiere, il fabbro, e il muratore. Selma dalla Somalia, Fthacuit dall’Eritrea e Zahra dall’Afghanistan hanno trovato occupazione nel laboratorio di ricamo. E tanti altri ancora. Dei circa 2000 residenti più di 800 sono immigranti. Tra di loro circolano banconote Bonus con le immagini di Peppino Impastato e Che Quevara, realizzate per alleviare le loro difficoltà ordinarie.
Grazie a Domenico Lucano Riace è divenuto il paese dell’accoglienza. I profughi sono diventati parte integrante del borgo Calabrese, contribuendo alla sua rinascita anche e soprattutto a livello culturale. Esempio per molte altre città e paesi dove i profughi vengono cacciati e male accolti. Uno dei tanti esempi di inciviltà è quello di Goro, in provincia di Ferrara, dove sono state create delle barricate umane per vietare l’ingresso nella città a 12 donne profughe, delle quali una incinta. La lezione di vita viene data ancora una volta dal sindaco Mimmo Lucano, pronto ad accogliere le donne a Riace. Il piccolo borgo dell’accoglienza viene definito un vero e proprio paese aperto al mondo. Finchè ci sono case disponibili la gente di Riace e il sindaco sono disposti ad accogliere quelle che prima di tutto sono Persone in serie difficoltà. L’attenzione mediatica ha coinvolto il piccolo borgo quando proprio il sindaco Lucano è entrato nella lista degli uomini più influenti del 2016 redatta da Fortune. Il celebre magazine americano ha riconosciuto l’importanza del progetto di Lucano, qualificatosi come un esempio per l’Europa intera e modello che molti dovrebbero prendere come esempio. Così il sindaco di un piccolo comune Calabrese ha trovato il suo nome accanto quello di Angela Merkel, Barack Obama, Papa Francesco. Dalle piccole case del centro storico adesso provengono parole e risate. Nelle strade si sente il rumore di passi nuovi. I vicoli raccontano nuovi volti e nuove storie. I profughi non sono più stranieri ma parti integranti di Riace. I bambini del borgo giocano insieme per le strade, senza notare i colori della propria pelle diversi. Sembra il morale di una favola, ma le favole hanno poco di vero mentre quella di Riace, ormai bianco e nera, è una storia vera.
Maria Cristina Palumbo