Rientra a Messina Ciccio Corriera

Sono da poco trascorse le 17 di un caldo pomeriggio di Giugno.

Alla biglietteria dei traghetti piccoli gruppi di uomini si avvicendano per comprare il biglietto, si sfiorano appena con lo sguardo, consci di quell’appuntamento che, seppur non coordinato, li attendeva.

Sul ponte del traghetto gli sguardi sono chini, quasi si abbia timore di lasciar trasparire il proprio dolore in quel luogo che forse non avrebbe capito.

Adesso il gruppo si è compattato, sono in tanti, riconoscibili solo dall’espressione affranta,  non hanno nulla che li possa identificare come tifosi; non hanno sciarpe né magliette colorate e il loro modo di dialogare è sommesso e garbato.

Io sono un estraneo e perdipiù con una vistosa macchina fotografica al collo, ma non sono disturbati dalla mia presenza, tutt’altro. Un componente del gruppo si avvicina e mi comunica quali sono i motivi del loro viaggio: “noi stiamo andando a accogliere un amico, a salutarlo, non faremo nulla di più che “abbracciarlo”, perché Ciccio era prima di tutto un nostro caro amico. Oggi il dolore è della famiglia”.

A Villa San Giovanni l’attesa è breve e quando la macchina funebre si palesa viene chiesto solo di parcheggiare in disparte, qui con grande compostezza gli amici si avvicendano per abbracciare quella bara, troppo piccola per contenere l’amore che molte decine di uomini hanno voluto dimostrare, troppo piccola, sicuramente, per racchiudere l’amore, i sogni e le speranze di un trentenne.

La traversata è un lungo silenzio accostato da qualche lacrima.

A Messina la sosta è al bar frequentato solitamente, qui gli abbracci e i pianti si moltiplicano, ma sempre con una estrema compostezza, con grande senso civico. Quello che si respira è si lo strazio per la perdita di un famigliare, di un amico, di un giovane uomo, ma soprattutto il il desiderio di sentirsi tutti insieme unica parte dello stesso dolore.

Il corteo, infine, raggiunge il Duomo ove l’accoglienza si fa numerosa e le persone occupano un vasto spazio antistante la Chiesa. Sono fisicamente distanti l’uno dagli altri, con grande senso di rispetto per i familiari. Anche in Chiesa  prevale il senso di comunità e di rispetto, quello vero, fatto di amore e partecipazione.