Rifiuta il cognome mafioso, suicida a 25 anni

Non ci sono dubbi, è un suicidio. Ma quello che sta emergendo dai primi accertamenti dei carabinieri è l’ennesima storia di una giovane donna che ha vissuto in una famiglia di ’ndrangheta e che non è riuscita a sopportare il peso di un cognome sinonimo a Reggio Calabria di estorsioni, usura, omicidi, pentiti e donne fatte sparire per salvare dell’onore della cosca.

Per questo, sulla scrivania del procuratore Federico Cafiero De Raho e del pm Romano Gallo, i carabinieri hanno già depositato i verbali del fidanzato, dei parenti e degli amici di Maria Rita Logiudice, la ragazza di 25 anni che ieri mattina alle 6.50 si è lanciata dal secondo piano della sua abitazione. Non c’è stato nulla da fare. Stando ai racconti di chi la conosceva bene, Maria Rita “covava un malessere per la sua situazione familiare”.

Maria Rita non ha lasciato nessun bigliettino. “Per gli elementi che abbiamo finora – fanno sapere gli investigatori – è chiaramente un suicidio”. Forse dovuto alla consapevolezza di “dover convivere con il peso del cognome”.

Anche se destinata a non registrare sviluppi, l’indagine rischia di diventare un altro capitolo sulle donne schiacciate da un contesto mafioso da cui non riescono a liberarsi. Il padre di Maria Rita, infatti, è Giovanni Logiudice, in carcere perché ritenuto uno degli elementi di spicco dell’omonima cosca così come gli zii ben più famosi, Luciano e Nino. Quest’ultimo, conosciuto con il soprannome di “Nino il nano”, da alcuni anni è un collaboratore di giustizia che parla anche di rapporti con la massoneria, Cosa nostra e apparati di Stato.

La famiglia dei Logiudice negli anni 90 ha conosciuto anche la “lupara bianca”. Maria Rita aveva appena due anni nel 1994 quando la moglie di Pietro Logiudice, Angela Costantino, venne uccisa dai parenti perché tradì il marito mentre questi era in carcere a Palmi assieme agli zii Nino il “Nano”, Domenico e Giovanni (il padre di Maria Rita). Di un’altra zia, Barbara Corvi moglie di Roberto Logiudice, non si hanno più notizie dal 2009.

Maria Rita ha provato a uscire dal suo ambiente e si è dedicata allo studio. A fine 2016, infatti, si era laureata in Economia a pieni voti tanto che solo per una questione di reddito non è riuscita ad accedere alla borsa di studio. Secondo alcuni amici, “anche all’università, la ragazza si sentiva emarginata per l’ingombranza del cognome”. Si era iscritta comunque alla laurea magistrale in Economia dell’università Mediterranea e a febbraio, con i colleghi e i docenti della facoltà, è stata a Francoforte e a Bruxelles per visitare la sede della Banca Centrale e gli uffici della Commissione Europea. “Ringrazio l’Università per averci permesso di concretizzare quello che per noi fino a qualche settimana fa era solo qualcosa di astratto”, ha scritto Maria Rita sul sito del dipartimento di Economia.

Fonte http://ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/la-figlia-del-boss-si-uccide-a-25-anni-non-sopportava-la-famiglia-mafiosa/