«Rinuncia a un concorso e ne vincerai sicuramente un altro». È la proposta che si è visto fare uno dei tre partecipanti alla selezione per diventare ricercatore in Microbiologia e Microbiologia Chimica all’Università di Messina. Quella proposta, secondo il comandante provinciale della guardia di finanza, il colonnello Vincenzo Vellucci, e gli uomini della Finanza che hanno condotto l’indagine, era una di quelle a cui non si può rinunciare, pur in assenza totale di una minaccia esplicita.
Giuseppe Giovanni Bisignano (direttore del Dipartimento di Farmacia) e Giuseppe Teti, docente di Microbiologia, entrambi agli arresti ai domiciliari, «stabilivano a monte la composizione della commissione giudicatrice del concorso per ricercatore nonché il candidato vincitore», scrivono gli inquirenti. Per quello incriminato, che risale al 2010, il designato era il figlio di Bisignano, Carlo.
Nulla di nuovo sotto il sole, purtroppo. Il quadro che emerge dall’inchiesta, durata un anno e mezzo e conclusa oggi con i due arresti e con la denuncia di altri tre professori, è di una rete di docenti e ricercatori ricattabili o comprabili, disposti a vendere la propria correttezza in cambio di favori reciproci. Il tutto a discapito dei più meritevoli.
“Pacta servanda sunt”, i patti si devono rispettare, dice Bisignano a un collega in una telefonata intercettata dagli inquirenti. E i due concordano che il più bravo, quello con più titoli per diventare ricercatore, si deve ritirare, come prestabilito.
In questa storia c’è un dato allarmante e nuovo rispetto alle altre inchieste che hanno svelato il sistema di compravendita di esami all’Università di Messina, ed è il fatto che il candidato favorito per il posto ha scelto liberamente di assecondare le richieste dei docenti per ottenere favori in futuro, invece di denunciare.
La sua è stata una decisione preceduta da una valutazione attenta dei pro e dei contro, culminata con il pensiero che essere creditori di un favore sia meglio che essere ricercatori vincitori di un concorso per meriti propri. Segno che la cultura dell’illegalità è ben più radicata di quanto si possa pensare.
Tant’è che il concorrente accetta di rinunciare a un posto che avrebbe vinto per merito per averne un altro sulla base di accordi illegali. Non solo: ma attorno a questo concorso inquinato gira un ricatto per inquinarne un altro. Perché la lettera di rinuncia del candidato favorito a vincere il posto da ricercatore – consegnata cinque giorni prima della prova orale a Giuseppe Teti – viene tenuta nascosta a Giuseppe Bisignano, che tanto si era impegnato per ottenerla e per favorire suo figlio. Questo, spiega Vellucci, per poterla in seguito scambiare con un altro favore: l’assunzione di una parente dello stesso Teti, stavolta a professore ordinario.
L’ultimo scandalo dell’Ateneo di Messina è nato da un’indagine su fatture false che vede indagati Bisignano e l’addetto alla gestione dei fondi per l’acquisto di materiale di cartoleria per il Dipartimento di Farmacia.