E’ un quadro di una routine malinconica il paese di Scaletta Zanclea da quel tragico ottobre del 2009, quando l’alluvione ha rovesciato gli equilibri della comunità.
A distanza di quattro anni, i segni della catastrofe irrompono ancora prepotentemente: dei morti rimangono le foto adagiate sui muri, i ricordi e le grida silenziose di chi ha perso un pezzo di sé mentre di chi ha vissuto l’emergenza rimangono i vestiti abbandonati nella scuola elementare, un tempo pullulante di studenti, oggi abbandonata a se stessa, con tanto di cabine elettriche lasciate aperte.
Né non si è tornati alla normalità: molte attività commerciali hanno chiuso i battenti, i giovani difficilmente decidono di restare e investire risorse per creare un nuovo slancio economico e chi lo fa è considerato un coraggioso, come Luigi, venticinquenne, titolare di una rosticceria: “Le attività commerciali qui non danno segni di ripresa dal 2009. In altri posti, penso ad altre regioni d’Italia dove si sono abbattuti simili cataclismi, qualcosa si è mosso, mentre qui combattiamo tutti i giorni per non chiudere. Io ho aperto l’attività dopo quel terribile giorno e non nego che spesse volte mi ripeto che sono stato un pazzo. La vecchia amministrazione ha mostrato zero interessi, oggi, questa nuova ha mostrato di voler lavorare per voltare pagina, anche se le difficoltà, prima di tutto economiche, sono tante”.
Quello che rende ancora più problematica la situazione, però, è la scomparsa della differenza che un tempo rimarcava dalle altre la stagione estiva, in cui le vie brulicavano di gente che, abbandonata la città, trascorreva qui le proprie ferie: “Scaletta era un paese vivo” continua Luigi “e sicuramente non si soffriva di solitudine. Oggi non si aspetta l’arrivo delle temperature estive, perché si è consapevoli che non cambia molto. Le persone preferiscono andare altrove, perché non sanno nemmeno dove parcheggiare. La zona di Scaletta superiore è ostruita al passaggio e aspettiamo la ricostruzione”. I lavori di messa in sicurezza tuttavia annaspano e procedono a singhiozzo, ma questo non è l’unica questione irrisolta: “Alla stazione, il lampione che alimenta il gazebo è senza corrente”, racconta amaramente il signor Sarino. “A zona Foragine, la strada è interrotta dal mese di marzo dell’anno scorso. Vede, non riusciamo a capire cosa si aspetti anche solo per fare le opere necessarie. Forse l’arrivo di un nuovo papa?”.
Nel paese vige un clima di rassegnazione, molte persone preferiscono non dire nulla o affermano laconicamente : “Siamo dimenticati da Dio”. Ora, il vero punto di riferimento dell’intera comunità è Irene Falconieri, che attraverso un comitato porta avanti le rivendicazioni di tutti e conosce bene le criticità rimaste: “La situazione oggi, sotto molteplici punti di vista, è grave perché alcuni lavori non sono nemmeno iniziati, come il ripristino delle infrastrutture che conducono al cimitero e alla frazione di Scaletta superiore e non è stato concluso il lavoro di messa in sicurezza sul torrente Racinazzi, che è stato il più colpito della zona. Tutto questo sta comportando disagi continui e quotidiani, perché si è interrotta la circolazione dei mezzi pubblici sull’unica strada che conduce a Messina, punto di riferimento lavorativo di gran parte degli abitanti di Scaletta. Tutto questo sta creando, da un lato, un clima di insofferenza sempre più diffuso, dall’altro, una sorta di rassegnazione e abitudine allo status quo. Infatti, l’impressione generale che si è formata qui è che l’emergenza si sia cronicizzata e che sia diventata un aspetto strutturale della vita quotidiana, che, quindi, stia entrando far parte delle abitudini del paese e secondo me proprio per questo si dovrebbe intervenire in maniera forte”.
Su tutto incombe però l’ombra di quel turismo che si sta completamente estinguendo: “A Scaletta, prima del 2009,” dice ancora Falconieri “la popolazione nella stagione estiva raddoppiava, mentre oggi si è verificata una decrescita a causa delle condizioni del paese che non sono agevoli. Non si sceglie di venire a Scaletta tanto facilmente, anche chi ha legami familiare decide di trascorrervi meno tempo rispetto al passato, i motivi, oltre al disagio delle infrastrutture, sono i cantieri aperti, che non rendono bello lo scenario: il mare e la spiaggia che erano tra i nostri punti di forza turistici. In parte, nelle zone alluvionate, la spiaggia è poco praticabile, perché sono stati scaricati materiali di scavo dei torrenti che non sono stati portati via”.
Oggi, a Scaletta la gente muore due volte, anche in assenza delle calamità naturali: i deve districare tra un lutto difficilissimo da metabolizzare e le incredibili leggi della burocrazia, che impiegano troppo tempo per ricoprire le voragini lasciate dal fango. Di queste, la più grande rimane quella della via comunale, che arriva al cimitero e oggi è oggetto di un’ordinanza della Protezione Civile che vieta l’accesso e il transito agli abitanti: “Questa disposizione viene infranta” conclude Irene “perché diventa fondamentale per una comunità, soprattutto dopo aver subito una tragedia di questo tipo, andare a trovare i propri morti.
Il cimitero rappresenta un legame con il passato e diventa assurdo recidere un legame con l’intera comunità. Al di là dei principi legali ci sono dei principi emotivi sociali non scritti che bisognerebbe tutelare”.