Le rivendicazioni degli spazi culturali arrivano dall’amore verso i libri, i film d’autore, e l’arte visiva. L’iniziativa sorta a Napoli, con il comitato la Balena- in un momento in cui la crisi sembra aver strozzato anche la libertà di esprimersi- ha destato grande curiosità tra i nostalgici, gli artisti e i semplici cittadini. I lavori si sono susseguiti in maniera sinergica, con l’unico obiettivo di Fare, ma nel senso più antico del termine, quando l’aracaica parola Parola “Poieo” indicava l’arte del comporre. Noi de il carrettino delle idee, abbiamo scelto di aprire una finestra sulla la città Partenopea, e su questo modo nuovo ma allo stesso tempo diverso, di accendere, riscrivere, e dettare la voglia di comunicare. Un’intervista ai promotori ci è sembrato il modo migliore per chiarire l’atmosfera.
Il vostro è un impegno radicato a Napoli, ma contiene in sé i fermenti nati a Milano, a Roma e in Sicilia. Potete raccontarci il vostro percorso e gli intenti che vi proponete in campo culturale?
I nostri incontri e quindi la formazione di una collettività eterogenea, non definita e non definitiva, fatta d’individui, che lavorano insieme, per un processo comune cominciano intorno ad ottobre del 2011. La spinta certamente è data dall’esperienza del Teatro Valle (con i quali alcuni di noi hanno condiviso la decisione e l’azione dell’occupazione sin dai primi passi), del Cinema Palazzo e del Teatro Coppola di Catania e del Sale Docks di Venezia. Alcuni compagni romani e catanesi poi ci hanno assistito nei primi momenti, forti della loro carica propulsiva e della loro esperienza. Così è poi accaduto con Macao a Milano dove alcuni di noi assieme ad altri da tutta Italia hanno supportato l’entrata alla Torre Galfa. Insomma è un movimento che si tiene in stretto contatto e che continuamente si scambia le forze fisiche e di pensiero che col tempo e con le differenti caratteristiche insite nei vari gruppi si riescono a raggiungere. L’intento principale che ci ha spinto fino ad oggi ad avviare questo processo è di natura politica e quindi immediatamente riconducibile all’ambito culturale, cioè la volontà di sottrarre alla decisione partitica l’ambito delle politiche culturali, perlomeno per quel che riguarda un luogo preciso, un territorio: l’ex Asilo Filangieri sede operativa del Forum Universale delle Culture che si svolgerà (o si dovrebbe svolgere) nel 2013. Quest’ultimo è uno di quegli esempi di politica culturale ciechi e vuoti di cui il nostro paese è pieno. Abbiamo deciso di occupare questo luogo, anziché un teatro o un Cinema, perché ci sembrava emblematico e soprattutto perché per la sua natura morfologica si presta meglio all’eterogeneità della nostra essenza. Quindi tornando agli intenti, l’idea è quella di fornire alla città un esempio virtuoso di politica culturale svolto direttamente dai cittadini interessati e con varie esperienze nell’ambito.
La cultura è sempre più relegata nel cassetto delle opere da accantonare. Quanto conta invece il pieno sviluppo del campo culturale in una società democratica?
Il termine Cultura si è svuotato, negli anni, sempre più di senso. Già di per se è un termine con un significato troppo vasto, infatti, contiene in se tutto ciò che riguarda l’Arte, l’artigianato, il costume, la tradizione, la politica di un paese, e quindi non si sa mai a cosa di preciso si fa riferimento quando si pronuncia il termine Cultura. Inoltre negli ultimi venti anni, e Napoli rappresenta un forte esempio in merito, i finanziamenti alla Cultura, anche grazie (o per colpa) dei soldi dell’Unione Europea, sono stati indirizzati ai fini di propaganda politica, cioè si è promesso uno sviluppo economico attraverso forti finanziamenti a progetti culturali, senza mai avere dei veri progetti a lungo termine, anzi sprecando ingenti risorse per eventi, produzioni e costruzioni immobiliari che non hanno poi avuto nessun seguito. Tutto il sistema dei finanziamenti al Teatro, al Cinema, alla Musica, alla danza (il Fus per esempio o la Rai o il Centro sperimentale di Cinematografia) seguono logiche ormai logore. Ecco è con l’intento di rivedere queste logiche che ci si è incontrati, oltre che per il desiderio di confrontarci ognuno con il proprio bagaglio di esperienze professionali, come non accadeva da troppo tempo, ognuno chiuso nel proprio sterile individualismo.
In che senso la cultura è un fare comune?
Uno dei concetti più abusati degli ultimi anni è proprio Bene Comune, è stato usato da varie zone della politica a proprio piacimento, è stato accomunato a tutto. Nel suo senso più alto esso esprime certamente un ottimo concetto, curarsi dei propri diritti, degli spazi pubblici, degli ambiti pubblici, considerandoli come proprietà del cittadino prima che dello Stato. Ma forse il concetto di Bene porta con se un recinto, una riconoscibilità che può essere problematica se in malafede se ne fa un uso privatistico. In ogni caso come dicevo in precedenza è un concetto troppo abusato. Abbiamo pensato allora di definire il nostro operato Fare Comune, perché si fonda sull’agire e non si ferma a un luogo preciso né a un preciso ambito ma ne vuole definire l’intento, appunto. Abbiamo pensato, inoltre, di considerare l’ex Asilo Filangieri/La Balena, come un territorio per l’attuazione di un Uso Civico. Usi civici” sono i diritti spettanti a una collettività (e ai suoi componenti), organizzata e insediata su un territorio, il cui contenuto consiste nel trarre utilità dalla terra, dai boschi e dalle acque, il corpus normativo di riferimento è costituito, principalmente, dalla Legge dello Stato 16/6/1927, n. 1766 e dal relativo Regolamento di attuazione 26/2/1928, n. 332; inoltre, dalle successive norme (nazionali e regionali) in materia di usi civici. Partendo da questo precedente giuridico, abbiamo pensato che l’ex Asilo Filangieri potesse essere un territorio destinato ad una collettività (i lavoratori dell’immateriale e dello spettacolo) e ne seguisse una destinazione d’uso culturale. Per il momento abbiamo conquistato l’approvazione di una delibera del comune di Napoli (delibera D.G. numero 400 del 25/05/2012) che attesta l’utilizzo dello spazio e riconosce la sperimentazione dell’uso civico da parte della collettività dei lavoratori dell’immateriale. La delibera, proposta dall’Assessorato al Bene Comune, però è stata seguita da un disciplinare che contraddice in alcune parti l’essenza della delibera stessa, questo per dire che la strada di un tale esperimento è ancora lunga e tortuosa.
Piani e progetti per il futuro?
Il progetto a cui più teniamo, come conseguenza del nostro processo, è la trasformazione dell’Ex Asilo Filangieri/ La Balena in un Centro di Produzione Indipendente: cioè in un luogo dove sia possibile produrre pensiero (seminari, assemblee, laboratori di studio, ricerca), fruizione (spettacoli teatrali, di danza, concerti musicali, proiezioni di film, letture) e dove anche realizzare prodotti attraverso l’uso dei mezzi messi a disposizione alla collettività (sala prove per musicisti, per attori, attrezzature per il cinema, la grafica, la fotografia). Per ora disponiamo di mezzi da noi stessi forniti o che ci sono stati donati da privati del mestiere che hanno capito l’importanza dell’operazione, poi capiremo come poterci riappropriare (con atti simbolici) di attrezzature comprate con soldi pubblici e poi abbandonate in alcuni depositi in città. In futuro speriamo che questo tipo di realtà siano riconosciute e sostenute dalle amministrazioni pubbliche che se funzionassero svolgerebbero più naturalmente quel ruolo che si vuol relegare nel concetto di Bene Comune.