Chiamata allo Sciopero internazionale delle donne

8 punti per l’8 marzo. Questo il titolo del manifesto redatto da circa 2000 donne gli scorsi 4 e 5 febbraio a Bologna, per aderire allo sciopero previsto il prossimo 8 marzo in ben 22 Paesi.

 

Con la due giorni si è proseguito anche il lavoro sul piano femminista antiviolenza, così come indicato dall’appello che il collettivo Non una di meno aveva fatto all’indomani del grandissimo successo della manifestazione del 26-27 novembre a Roma.

 

I punti del manifesto, redatto lo scorso fine settimana nei locali universitari della città emiliana, esprimono il rifiuto della violenza di genere in tutte le sue forme: oppressione, sfruttamento, sessismo, razzismo, omo e transfobia.

 

Fonte foto: Non una di menoLe donne hanno deciso di incrociare le braccia il prossimo 8 marzo e di interrompere le attività produttive e riproduttive perché “la violenza maschile contro le donne – si legge nel documento – non si combatte con l’inasprimento delle pene (come l’ergastolo per gli autori dei femminicidi in discussione alla Camera), ma con una trasformazione radicale della società. Scendiamo in strada ancora una volta in tutte le città con cortei, assemblee nello spazio pubblico, manifestazioni creative”.

 

Le redattrici del manifesto hanno fatto anche appello ai sindacati affinché possano convocare per quella giornata uno sciopero generale di 24 ore, adoperando lo slogan Non un’ora meno.

 

Il documento finale, frutto degli 8 tavoli di discussione e fatto circolare nella giornata di ieri, è composto appunto da otto punti ed ha come titolo “Scioperiamo perché”.

 

1- La risposta alla violenza è l’autonomia delle donne

Le donne intendono scioperare innanzitutto contro la trasformazione dei centri antiviolenza in servizi assistenziali. I CAV devono restare spazi laici ed autonomi, luoghi “femministi che attivano processi di trasformazione culturale per modificare le dinamiche strutturali da cui nascono la violenza maschile sulle donne e la violenza di genere”. Ecco perché viene rifiutato il Codice Rosa come mera applicazione istituzionale e ogni intervento di tipo repressivo ed emergenziale. L’elaborazione di ogni iniziativa di contrasto alla violenza deve prevedere il coinvolgimento attivo dei centri antiviolenza.

 

2- Senza effettività dei diritti non c’è giustizia né libertà per le donne

Lo scopo dello sciopero è anche quello di chiedere con forza l’applicazione piena e concreta della Convenzione di Istanbul “contro ogni forma di violenza maschile sulle donne, da quella economica alle molestie sessuali sui luoghi di lavoro a quella perpetrata sul web e sui social media”. Le donne chiedono misure di protezione immediate per chi denuncia, l’eliminazione della valutazione psico-diagnostica e soprattutto l’esclusione dell’affidamento condiviso nei casi di violenza familiare.

 

3- Sui nostri corpi, sulla nostra salute e sul nostro piacere decidiamo noi

Le donne chiedono “l’aborto libero, sicuro e gratuito”. E quindi l’abolizione dell’obiezione di coscienza negli ospedali, nelle farmacie e nei consultori; oltre che “l’abolizione delle sanzioni sull’aborto clandestino e il pieno accesso alla Ru486”. Ma lo scopo è anche quello di “sovvertire le norme di genere che opprimono, per avere più autoformazione su contraccezione e prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili, per ri-politicizzare i consultori, per aprirli alle esigenze e ai desideri delle donne, delle lesbiche, dei gay, delle persone trans e intersex, indipendentemente dalla condizione economica e fisica, dall’età e dal passaporto”.

 

4- Non siamo le serve del neoliberismo!

Nel quarto punto del manifesto dello sciopero dell’8 marzo, le donne rivendicano un reddito di autodeterminazione, “per resistere al ricatto della precarietà”. Rivendicano anche  un salario minimo europeo, perché è inaccettabile che “un’altra donna, spesso migrante, sia messa al lavoro nelle case e nella cura in cambio di un salario da fame”. Le donne vogliono un welfare per tutte e tutti organizzato a partire dai bisogni delle donne, che liberi dall’obbligo di lavorare sempre di più e più intensamente.

 

5- Vogliamo essere libere di muoverci e di restare: permesso, asilo, diritti, cittadinanza e ius soli contro ogni frontiera

Lo sciopero è anche “contro la violenza delle frontiere, dei Centri di detenzione, delle deportazioni che ostacolano la libertà delle migranti, contro il razzismo istituzionale che sostiene la divisione sessuale del lavoro”. Il permesso di soggiorno deve essere incondizionato, svincolato da lavoro, studio e famiglia e deve essere garantito – secondo il documento – l’asilo per tutte le migranti che hanno subito violenza, la cittadinanza per chiunque nasce o cresce in questo paese e per tutte le migranti e i migranti che ci vivono e lavorano da anni.

 

6- Vogliamo distruggere la cultura della violenza attraverso la formazione

Lo sciopero delle donne ha motivo d’essere anche affinché l’educazione alle differenze sia praticata dall’asilo nido all’università: la scuola pubblica deve essere un luogo fondamentale per prevenire e contrastare la violenza maschile contro le donne e tutte le forme di violenza di genere. La mera promozione delle pari opportunità non serve, se non si è capaci di coltivare “un sapere critico verso le relazioni di potere fra i generi e verso i modelli stereotipati di femminilità e maschilità”. Nel manifesto vi è un chiaro riferimento alla non condivisione della “Buona Scuola” (legge 107) che avrebbe “distrutto la possibilità che la scuola sia un laboratorio di cittadinanza capace di educare persone libere, felici e autodeterminate”.

 

7- Vogliamo fare spazio ai femminismi

Con lo sciopero si vuole anche evidenziare come la violenza ed il sessismo sono elementi strutturali della società. Il movimento femminile dell’8 marzo sciopererà anche per “costruire spazi politici e fisici transfemministi e antisessisti nei territori, in cui praticare resistenza e autogestione, spazi liberi dalle gerarchie di potere, dalla divisione sessuata del lavoro, dalle molestie”. Il femminismo non può più essere un “tema specifico”, ma deve diventare “una lettura complessiva dell’esistente”.

 

8- Rifiutiamo i linguaggi sessisti e misogini

Lo sciopero delle donne è rivolto anche contro “l’immaginario mediatico misogino, sessista, razzista, che discrimina lesbiche, gay e trans”. Bisogna rovesciare la rappresentazione delle donne che subiscono violenza come vittime compiacenti e passive e la rappresentazione dei corpi delle stesse come oggetti”.