Non sono solita scrivere articoli in prima persona, non è una cosa che amo fare, ma per stavolta farò un’eccezione, eccezione dovuta alla profondissima stima che ho nei confronti della persona di cui vi parlerò.
Probabilmente lo conoscerete come il candidato italiano di Mr Gay World, lo conoscerete per tutta la polemica che ha fatto nascere intorno al concetto di bellezza, bellezza come accettazione di sé stessi con tutti i propri difetti, lo conoscerete per il suo stare fuori dai canoni, essere sempre in controtendenza, anzi, dettarla lui stesso una nuova tendenza, proprio come sta facendo per il concorso di bellezza. Beh, Nicola è sempre stato così. Non sono riuscita a stupirmi quando ho iniziato a leggere il suo nome sui giornali, da quelli locali ai più importanti quotidiani nazionali, e non mi sono stupita perché il Nicola La Triglia che alza la testa e rompe gli schemi è esattamente quello che ho conosciuto, ormai più di 10 anni fa, a scuola.
Rivoluzionare il messaggio che un concorso di bellezza dà, è questo che Nicola sta facendo, rivoluzionarlo dalle fondamenta, dando una nuova visione non solo del concorso in sé ma dello stesso concetto di bellezza al quale ormai siamo abituati, quel concetto di perfezione inculcatoci dai media del quale, spesso, diventiamo schiavi.
“Qual è l’esigenza di creare un concorso di bellezza per gay? Se questa necessità c’è è evidentemente perché abbiamo qualcosa in più da dire, o di diverso da dire, sennò non ha senso. Del resto non esiste, che io sappia, un concorso di Mr Etero del Mondo, allora se esiste un concorso di Mr gay un motivo ci deve essere. E secondo me la diversità o il valore aggiunto è nel tipo di messaggio, politico e sociale, che da un concorso di questo tipo deve venir fuori. […] Un messaggio di liberazione non può basarsi su stereotipi, di nessun genere, neanche a carattere estetico, in questi concorsi devono essere rappresentati tutti i tipi di bellezza, le categorie estetiche che ciascuno ha scelto di assumere e fare proprie.”
E Nicola ha ben chiaro ciò che ha scelto di rappresentare, conosce bene il suo corpo e sa di non rientrare nel classico concetto di perfezione: “Io non sono un modello, non provengo da questo mondo, non provengo dal mondo dello spettacolo: ho la pancia,delle cicatrici evidenti sul corpo, peli che non intendo togliere in occasione del concorso, calcherò le passerelle internazionale così come sono. Tutto questo per sottolineare che nelle scelte della nostra vita non dobbiamo lasciarci condizionare dagli stereotipi o dalle posizioni che altri hanno previsto per noi. Rivendichiamo il principio di autodeterminazione dell’individuo, anche nelle categorie estetiche.”
Un abbattimento di tutto ciò che è “la bellezza” oggi, ma anche un abbattimento di tutti quegli stereotipi che ci costringono a etichettare qualcuno come “normale” o meno. -“Dal mio punto di vista la battaglia per i diritti passa attraverso quella per gli stereotipi: bisogna abbattere il concetto di “normalità”, nel momento in cui questo viene fatto sarà facile parlare di famiglia omogenitoriale, perché verrà a mancare lo stereotipo della famiglia eterosessuale.”
In questo momento in Italia, così come in tanti altri paesi del mondo, il concetto di omosessualità rappresenta uno di quei tabù che non consente di essere completamente se stessi. Chi comprende di essere omosessuale è costretto a subire una sorta di processo di accettazione, prima di tutto da se stessi e poi dagli altri, proprio perché, come dice lo stesso Nicola, non si ha, ancora, la libertà di essere ciò che si è. Spesso anche lo stesso rapporto con i genitori viene messo a repentaglio da un orientamento sessuale non previsto, quell’amore che dovrebbe essere più forte di tutto può vacillare dopo una scoperta del genere, ma anche su questo Nicola porta avanti le sue idee.
“Bisogna comprendere i genitori. Dico comprendere perché anche io quando io ho avviato il mio percorso di accettazione, per il quale ho avuto necessità di tempo, ho dovuto ricostruire la mia posizione nel mondo. Il mio orientamento sessuale non era atteso neanche da me stesso e i miei genitori si sono trovati nella stessa condizione, cioè quella di ritrovarsi un figlio con un orientamento sessuale non atteso e dunque hanno avuto bisogno di quel tempo necessario per ricostruire la loro vita in relazione a me, la loro vita in relazione a una società che non aveva neanche atteso una persona gay nel loro vicinato.
Allora, in primo luogo, bisogna saper attendere e aiutare le persone che vogliono avviare un percorso di ricostruzione anche personale, dopo di che bisogna porre l’attenzione sui figli, i quali hanno bisogno di grossi sostegni. Io ai genitori direi di ragionare con il cuore e non con i pregiudizi, di amare senza giudicare i propri figli comprendendo le loro scelte, perché così sarà sicuramente più facile.”
Nicola La Triglia è questo, così come lo potete leggere tra le righe di questo articolo e di tutti gli altri articoli che sono usciti su di lui, è controtendenza, forza d’animo ma soprattutto cuore. Ed è per questo che il suo messaggio sta rimbalzando sui social e sui tg nazionali, perché dà speranza in un mondo disperato.
In bocca al lupo Nicola.
Eleonora Currò