Sotto lo stesso sole

‎”Mi chiamo Moussa. Così hanno scritto sulla mia carta d’identità. Così hanno deciso alla mia nascita i miei. Per secoli, insieme a coloro della stessa pelle, ho dormito un sonno indotto dalla cattiveria dell’Uomo nei confronti dell’Uomo stesso. Per lunghi anni, gli uomini neri hanno affidato il loro destino a chi ha preso il loro futuro. La storia dell’Africa é la più vecchia conosciuta, e con esso, il suo più triste passato che non smette di esserlo ancora di più per l’insistenza con cui persistiamo a rifiutare di vedere nell’essenziale il nostro vero bisogno. Le nostre culture hanno perso nella lotta per il dominio, così perdendo anche il loro senso. le nostre tradizione vengono gettate nel fango dai nostri stessi figli che non hanno rispetto che per il Dio denaro. Il rispetto per il suo simile, tratto caratteristico del nostro famoso senso dell’ospitalità si perde, e nessuno di noi si fa domande. I nostri figli, si vergognano di parlare addirittura le loro lingue e sognano di studiare e di rimanere a vivere nelle lontane terre dei bianchi. nessuno, crede, o vuole, dare il suo contributo, ad un paese che sta pagando un debito non contratto. 
Noi, e per noi intendo tutti noi figli dell’Africa, abbiamo dato vita ad una nuova parola che tutt’ora si usa nelle banche. La tratta. La tratta dei neri. la tratta di uomini colpevoli di nascere abbronzati. E sinora, nelle nostre case, sulle nostre schiene, nella nostre orecchie, rimbomba ancora il suono della frustra, e le grida dei nostri avi annegati nel ventre di oscure navi. E tali navi, trasformatosi in ferro, scaricano rifiuti tossici nelle nostre terre, macchine, televisori, elettrodomestici, vestiti, di seconda mano. Noi, tutti noi, della pelle nera, siamo di seconda mano. Tutto ciò che meritiamo, sono i scarti, e con essi, la compassione. Siamo il polmone del pianeta, con un pugnale infilato. Toglierlo, provocherebbe forse la morte del mondo, ma darebbe a noi una chance di guarire, darebbe a noi, innocenti da secoli, la possibilità di rimarginare le nostre ferite. Dalla tratta dei neri, alla tratta semplice. In modo ingegnoso. Dove non abbiamo mai speso nel modello del loro sistema monetario, ci costringono nel nome della civilizzazione ad entrarci, stampano dei pezzi di carta dal nulla e dall’oro a noi rubato, e decidono che abbiamo un debito nei loro confronti. Grazie a tale debito, manipolano i nostri dirigenti e continuano a far riposare il loro debole sistema sulla schiena della vecchie e morente Africa. Io non parlo di me, non parlo del mio villaggio, e nemmeno del mio paese. parlo del mio continente, guidato lentamente verso una morte sicura. Noi siamo disposti ad accogliere il buono, ma vogliamo avere scelta. L’Occidente ci offre il pacchetto della sua cultura e dei suoi usi e non prende nemmeno il tempo di guardare alle nostre di culture e di usi. Selvaggi ciò chiamano. Eppure, le loro ditta si installano anno dopo anno nei nostri paesi, i loro investimenti sui nostri suoli cresce di giorno in giorno, ed i bianchi son sempre più numerosi tra di noi. Cosa starà a significare? Noi non vogliamo di nessun debito perché é debitore chi ha rubato. Siamo spogli anche della dignità, ma il cambiale non ci é mai stato dato. Non é dunque giusto a questo punto opporre all’imperialismo una verità molto semplice? Vogliamo vivere. Tutta l’avversità di questo mondo non potrebbe abbatterci, noi uomini neri. Veniamo dall’impervio, camminiamo sul rischio e dormiamo con un occhio. Abbiamo il dovere di far sentire il nostro fiato sul collo ai nostri dirigenti, abbiamo la necessità di assicurare a tutti nostri fratelli il semplice pane,e per ciò, non esiste altro che ciò che é sempre esistito. La terra basta agli uomini. E noi abbiamo la terra. Facciamo del contadino un dottore, e non mangeremmo più. Facciamo del dottore un contadino, e mangeremmo così bene in tal modo da non ammalarsi. Risolvere i problemi o presenili? E noi abbiamo la soluzione per farlo. Abbiamo l’oro necessario. Quell’oro che finisce in poche tasche e sopratutto contribuisce al benessere dell’Occidente. Io non c’é lò’ho con l’Occidente e nemmeno voi dovreste prendervela con loro. Godono della loro cosiddetta “superiorità”, ed il loro bisogno di oggi si traduce in quella farsa di cooperazione collaborazione con cui combattono le loro noie o sensi di colpa con qualche infermeria o qualche pozzo. Tutto questo non basta più. Nessuno può avere fame mentre altri bevono lo champagne. Non c’é logica che lo possa spiegare. I nostri Dei, quelli dei bianchi, quelli degli arabi, e così via, predicono la divisione e la carità. Ma se ci fosse divisione, non ci sarebbe bisogno di carità. I termini tra di loro cozzano, ma noi paghiamo, e col sangue, e con l’incomprensione. Se il bianco é così intelligente, avrà nascosto la felicità nel suo paese, ma ahimè, ha chiuso la porta. Mentre loro con i loro passaporti possono volare ovunque, noi, con la miseria, possiamo solo morire a casa. Ma perché mi chiedo. Quando saremmo simili in questa società che pretende di civilizzare le altre? La coscienza che é tutta una bugia finalizzata alla truffa é utile. Il truffatore é morto, rimaniamo noi, ancora nella truffa globale. Ci hanno portato la meraviglia della corrente, ed a fine mese il miracolo della bolletta. Stessa cosa per l’acqua. Non esiste una cosa che non si paghi, e chi non può pagare, muore sulle panche dell’ospedale nell’indifferenza dei rappresentanti di diverse marche di latte ammassati davanti al dormitorio dei neonati dell’ospedale. L’interesse che muove il mondo si limita ad una parte del mondo. Pensare a noi oggi é la cosa giusta ma il sacrificio da fare é enorme. Abbiamo imparato, par possiamo mettere in atto. Dare valore alle nostre culture sarebbe come fare un passo indietro, ma in realtà, sarebbe fare un salto in avanti. Tornare alla semplicità ed alla trasparenza. Seminare ciò di cui ci nutriamo, banalizzare ciò che non é necessario, produrre e proporre. Tornare ad essere umili, analizzare ciò che ci serve, e finalmente, ridurre un rapporto che non é mai stato alla pari. Dobbiamo per crescere sbarazzarci di chi ci opprime. Prima con la frustra, ora con i debiti. Dobbiamo affermare la nostra libertà attraverso la nostra erudizione. Ogni africano deve mettere a disposizione il suo sapere per regolarizzare una situazione insostenibile. I governi dovrebbero stare per volere del popolo. Il nostro si é insidiato, insidiato da altri, ed oramai non é più un segreto che la Francia era dietro il colpo di stato, domina il popolo, invece di esserne il rappresentante. Dobbiamo essere il governo noi stessi, costringere chi occupa poltrone e posti non suoi a pensare al benessere del popolo, o perlomeno, alla sua salute, dobbiamo per salvarci, obbligare chi ci dirige a servire gli interessi del suo popolo. Ma non perché é il suo popolo, ma l’Africa ora ha bisogno di uomini retti, onesti, e di se stessa. Il prezzo del riso in Europa é diminuito perché lo stato é intervenuto per la crisi. da noi, é triplicato. Sei sono gli uomini che ne hanno il monopolio insieme a quello dell’olio e dello zucchero. La fame di un intera nazione rimessa a sei uomini che davanti ad un gioco di carte, decidono quanto guadagnare di più, e quante persone uccidere. I nostri fratelli bianchi all’estero non vedono nemmeno i loro titoli riconosciuti. Hanno formato e plasmato la nostra civiltà sul loro modello, ma pretendono che sia uguale. Noi fatti di carne e di ossa, di spirito e di anima, non vagliamo i loro professori, non valiamo loro, non valiamo nulla. La mia non é una lotta all’uguaglianza, ma una lotta per riprendersi ciò che é nostro scontato da ciò che ci é stato rubato. I nostri dirigenti non possono attraverso la falsa civilizzazione continuare a fare il gioco dell’Occidente che ben ovviamente non fa altro che aggiungere benzina sul fuoco che divora l’Africa per meglio riscaldarsi nelle sue lunghe notti invernali. Noi, non abbiamo il cammino, non ci serve riscaldarci, non ci serve la macchina, abbiamo bisogno di mangiare, abbiamo bisogno di sentire che siamo degni, qualunque cosa facciamo, abbiamo bisogno di sorrisi, di abbracci e di baci, in tutte le culture e le lingue, e non sarà il benessere promesso da secoli o dai bianchi, o dai nostri governi al loro soldo a darceli. Allora, prendiamocelo. Una cosa hanno esportato: la democrazia. Come concetto, possiamo nutrirci del buono nei loro usi, possiamo approfittarne per finalmente riconoscere il ruolo della donna nella nostra società. Il bianco ci ha chiuso gli occhi su molte cose, ma ce li ha aperti su altro. Io non chiamo ad un rifiuto ostinato della società europea ed americana, chiamo ad una giustizia dovuta, chiamo a un mondo migliore, anche perché, il cibo basta per tutti. Prendiamo dunque esempio su come siamo amministrati dai nostri capi ed amministriamo le nostre stesse case in funzione ed in base al giusto che in fondo, ognuno di noi sa dentro di se. Siamo repressi e reprimiamo. Una lunga catena senza fine. ma così abbiamo imparato mi dice qualcuno. Ma non dai nostri avi, non dai nostri padri. Maschilisti, si. é vero, tiranni, si, é vero, ma loro ci hanno insegnato a vedere gli altri semplicemente come degli altri. Nudi, ci hanno insegnato a regalare i nostri vestiti, affamati, a cacciare per gli altri, stanchi, a portare chi non può camminare. E tempo che le cose cambino. prima dentro di noi, e dopo, quando apriremmo gli occhi, vedremmo che invece di essere soli, siamo in tanti, pronti a rivendicare per la vita.