Un bel raccontino

Vogliamo fare un bel raccontino per i bambini. C’erano una volta due amici, Paolo e Giovanni, che giocavano assieme al pallone per la strada, in uno dei quartieri più degradati di Palermo. Poi si misero a studiare, diventarono magistrati, incontrarono un magistrato più anziano e più esperto, Rocco Chinnici e si misero a lavorare insieme per sconfiggere la mafia. Riuscirono a fare imprigionare, processare e condannare molti boss mafiosi, i quali giurarono di vendicarsi. Intanto Falcone, dopo essere stato osteggiato dai suoi colleghi palermitani, era stato trasferito a Roma, in un posto importante: non si sa se l’abbiano spostato perché dava troppo disturbo ai boss, o perché lì poteva essere più sicuro. Forse è la per prima cosa. In un pomeriggio, era il 23 maggio 1992, alle 5 della sera, mentre tornava da Roma a Palermo, lo fecero saltare in aria, sull’autostrada. Insieme a lui morirono sua moglie e i suoi agenti di scorta.

Due mesi dopo toccò a Borsellino,davanti alla casa di sua madre, in via D’Amelio: era andato a trovarla, ma i mafiosi fecero esplodere una cinquecento piena di tritolo: assieme a lui morirono i cinque agenti di scorta. Ma Falcone e Borsellino non morirono invano, perché la gente cominciò a ribellarsi, a scrivere sulle lenzuola che la mafia fa schifo; il papa fece un discorso di condanna nella valle dei templi, ad Agrigento,  Riina venne catturato, anni dopo toccò a Provenzano e, dopo ancora aiVitale di Partinico, ai Lo Piccolo, a Raccuglia, a Nicchi…tutti in prigione, la mafia era con l’acqua alla gola, secondo il governo era finita. Era nato il movimento di “Addio Pizzo” e tutti si ribellavano e denunciavano gli estortori, era nata “Libera”, che faceva produrre e vendeva prodotti biologici coltivati nelle terre confiscate ai mafiosi, e via di questo passo. Falcone e Borsellino, da morti avevano vinto la loro battaglia e “le loro idee camminano sulle nostre gambe”. In realtà tutti sappiamo che non è così: in carcere sono finiti i mafiosi più noti, ove si eccettua l’attuale capo dei capi, Matteo Messina Denaro, ma sono nati ovunque nuovi mafiosi, liberi da scrupoli e pronti a tutto, pur di non perdere il ruolo di “privilegiati” che essi si sono guadagnati attraverso il delitto. L’86 per cento degli esercizi commerciali paga il pizzo, come detto dall’ex Procuratore Piero Grasso. I traffici di armi, di droga, continuano regolarmente, assieme a quelli di esseri umani o di organi di essere umani. Ma soprattutto è l’indissolubile legame con la politica che ancora rende intoccabile il potere del mafioso. La scomparsa di Andreotti, che ha portato con sé il peso di sopportabili alleanze per poter governare, la condanna di Dell’Utri, quella di Cuffaro, quella di Mercadante, di Cosentino e di mille altri  sono passaggi che, tornando indietro confermano non una, mamigliaia di trattative, di accordi nascosti tra mafiosi e pezzi dello stato. Inutile cercare di negare, dire che non ci sono più prove, impedire  la pubblicazione di telefonate tra Mancino e Napoletano;  inutile cercare di non far testimoniare il pentito Gaspare Spatuzza, il quale ha detto, senza ombra di dubbio, che nel ‘92 la nascita di Forza Italia regalò il paese in mano alla mafia, come testimoniato da un incontro tra i fratelli Graviano e un pezzo grosso dei berluscones. Inutile creare false coperture e fumo attorno ai vari De Donno, Contrada, Mori, Arcangeli,  Subranni e altri esponenti delle forze dell’ordine che con i mafiosi discutevano, che non li arrestavano, pur potendolo fare, che dimenticarono di perquisire la casa di Totò Riina dopo la sua cattura, che non si curarono di cercare l’agenda rossa di Borsellino o i computer di Falcone o gli appunti di Dalla Chiesa.

Per non parlare dei magistrati che ha sempre avuto il terrore di mettere sotto inchiesta Berlusconi, come il maggior protagonista della trattativa. Tutto viene fuorinel tempo: sottotraccia si sfiora, si intuisce, ma non si prova la trattativa stato-mafia, sopratraccia invece si consuma definitivamente l’abbraccio mortale dei berluscones al PD, già iniziato qualche anno fa con Monti, si conferma il disegno di rimuover tutto, di non toccare le aziende del salame imbragato, che tanto bene hanno fatto a tutti gli italiani, la falsa volontà di modifica della legge elettorale, l’incapacità di eliminare i privilegi, i superstipendi,  le sfacciate esibizioni di ricchezza sbattute sulla faccia dei poveri, i fiumi di denaro che finiscono in tasca ai politici.  E quindi non vent’anni di vittorie, di speranze di rinnovamento, di  eliminazione del malaffare, ma vent’anni di conferma di tutte le negatività delle quali solo gli italiani sono i più capaci. E del resto, al tempo della crisi, anche per i piccoli mafiosi rtutto diventa più difficile, si abbassano le tariffe dei killers, persino le estorsioni diventano più leggere. Per i grandi tutto va invece a gonfie vele: si acquistano per due soldi le aziende in difficoltà, si investono soldi sporchi per realizzare centri commerciali, si studia il tutto per realizzare denaro a breve scadenza, senza preoccuparsi di investire in settori che producono ricchezza nel tempo.

E quindi, cari bambini, il lupo cattivo ha vinto, vince ancora, vince sempre perché è lui che comanda. Falcone e Borsellino non ci sono più, non solo perché li hanno uccisi, ma perché non li vogliono, perché disturbano, perché vogliono smuovere le acque, mentre è bene che tutti continuino a dormire.

Salvo Vitale