Messina. Strada statale 113, km 14.850, direzione Timpazzi. Ilcarrettinodelleidee.com aggiunge un nuovo capitolo al sempre più lungo elenco dei luoghi dimenticati, abbandonati, degradati.
Una costa potenzialmente meravigliosa, allungata per chilometri su un Tirreno maltrattato. Dove dovrebbero dominare la sabbia e la macchia mediterranea, l’incontaminato è sostituito dall’abusivismo travestito da proprietà privata.
All’altezza del km 14.850, laddove le piccole arterie stradali conducono alla spiaggia, qualcosa di apparentemente normale nasconde, in realtà, un che di anomalo. Una recinzione, una catena regge un cartello indicante ‘proprietà privata’. Nulla di strano, se non per il fatto che l’intera zona sia, in realtà, di pubblico dominio. Nessuna proprietà privata, dunque, solo abusivismo, a partire dalla recinzione. Un abusivismo che si era iniziato a combattere, a partire dall’immediato sfratto nei confronti degli abitanti. A questo si sarebbe dovuto procedere con la demolizione e la bonifica dell’area. Ciò che ci si presenta rivela una situazione decisamente in stallo.
Procediamo verso la spiaggia. Una serie di costruzioni fatiscenti sembrano imitare un complesso di villette a schiera. Al posto dei rossi tetti cotti dal sole, grigie lastre di amianto coprono strutture dai materiali a dir poco ‘originali’. Invece di mura bianche a contorno di terrazzini ben arredati, oggetti e componenti di vario tipo si improvvisano recinzione di un terreno che ricorda un’aia abbandonata. Piuttosto che giardinetti fioriti, secchi orticelli abbandonati che conservano ancora qualche traccia di un passato rigoglioso. Gelsomini fioriti si espandono prepotentemente, in una lotta contro lamiere e reti che resistono al tempo e alla ruggine. Reti di materasso, vecchie assi, tubi e lamiere recintano abitazioni abusive. Un odore misto di salsedine, erba, terra e ruggine confonde, unendosi a una sensazione di smarrimento e incredulità.
Un terreno composto da una macchia
mediterranea rigogliosa,
‘macchiata’ da decine di lastre di amianto.
Alcune costruzioni mantengono dall’esterno un aspetto dignitoso. Muretti bianchi decorati a mattoncini sembrano voler nascondere la natura abusiva dell’insieme. Gli interni ricordano un film sull’Apocalisse. Tutto è abbandonato, testimoniando quasi una fuga: armadi ancora aperti, cassetti confusamente sparsi a terra insieme a mattoni, tubi, ferri e oggetti vari. Gli interni rivelano ciò che l’esterno aveva tentato di nascondere: sistemazioni di fortuna, mobili di vario genere mischiati per mantenere una dignità forse negata. Ogni oggetto sembra però voler comunicare un grande senso pratico e una certa inventiva. L’insieme è studiato per garantire una routine come le altre, costruita con ciò che si ha a disposizione. Come ad esempio una roulotte, in salotto! Un’intera costruzione edificata intorno a un caravan che funge da camera da letto e congiunzione tra salotto e bagni. Una scoperta che fa sorridere, in mezzo a tanto sconcerto.
All’esterno, ancora amianto. Decine e decine di lastre, probabilmente oltre il centinaio. Abbandonate, frantumate, sbriciolate.
Ancora amianto. Quel materiale subdolo e letale dichiarato cancerogeno negli anni ’60 e vietato in Italia con la legge n. 257 del 1992. Quello stesso materiale che continuiamo a trovare agli angoli delle strade, nelle aiuole delle periferie, sulle spiagge ventose sulle quali giocano i nostri bambini… Quel nemico del quale si continua incessantemente a ricordare la pericolosità. Come dichiarato due anni fa da Ezio Bonanni, presidente nazionale dell’Osservatorio Nazionale Amianto: “i mesoteliomi con esito infausto sono circa 1.500 l’anno, i tumori polmonari almeno tremila e, se si aggiungono le altre patologie asbesto-correlate, siamo ben oltre i 5mila morti per amianto ogni anno’. Un prodotto che, se lesionato, rilascia fibre invisibili in grado di penetrare nei polmoni senza che esista possibilità di espellerle. Fibre in grado di causare placche pleuriche e ispessimenti della pleura o malattie più gravi, come: asbestosi, mesotelioma pleurico, pericardico, peritoneale, della tunica vaginale o del testicolo, e ancora carcinoma polmonare.
Viene da chiedersi come sia possibile rintracciare ancora oggi luoghi in cui l’amianto è abbandonato in quantità tali da essere incalcolabile con una semplice occhiata. Accumulato e abbandonato agli agenti atmosferici, trasformati di colpo in diffusori di morte.
Un litorale come quello di Timpazzi, ridotto a discarica tossica abusiva. Come non pensare ai bambini che in estate giocano a nascondino in mezzo a lastre tossiche. O peggio ancora che si divertono a costruire fortini con mattoncini di amianto frantumato. Viene in mente l’immagine della piccola Dorothy che corre sul sentiero di mattoni dorati verso il mondo di Oz, sostituita dal pensiero di bambini che corrono su una ghiaia di amianto frantumato. Ragazzini che si riempiono i polmoni di un’aria che profuma di mare, ma che tra poco più di un decennio potrebbe presentare il conto di un’infanzia trascorsa in mezzo al veleno.
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Gaia Stella Trischitta