E’ bianco, ancora.
Pensavo, o forse speravo, di aver dimenticato, ma è lì, ancora lì davanti a noi. Bianca.
Sul pavimento, adagiata in bella mostra, e noi tutti ammutoliti, increduli, confusi, arrabbiati.
I pensieri vagano; solo sette giorni fa ero in contrada Scarselli, un piccolo borgo di un paese di collina del messinese, adesso sono al centro di una stradina delimitata da case uguali ad ogni borgo collinare, sono ancora una volta qui immerso nel fango, le macchine fotografiche in frenetica azione, attorno a me i soliti attori: i carabinieri dei RIS, i carabinieri del comando provinciale, i soliti volti dei vigili del fuoco, colleghi e “fotoamatori” e i soliti tanti curiosi.
Ci salutiamo con ampi gesti e sorrisi, ci ritroviamo quasi fosse una annunciata convention, un appuntamento preso tanto tempo fa, ma adesso che ci rincontriamo sembra essere stato ieri.
Oggi come allora non ho gli stivali e restare con le scarpe immerse nel fango mi obbliga a stare fermo, a concentrare la mia attenzione sul punto dove un drappello di carabinieri lavora sollecitamente, si intravedono i piedi coperti da pesanti calze di lana di un uomo: si tratta di Giuseppe Valla di 28 anni.
La mia mente è confusa, guardo il tenente dei RIS e lo vedo “operare” per il ritrovamento di un cadavere: affiorano i piedi, poi l’intero corpo, ma è una donna, Teresa, che viene allontanata da via Puntale a Giampilieri, avvolta in un sacco arancione.
Un lenzuolo fiorito, donato dalla pietà dei vicini, copre il corpo di Giuseppe, “ritorno” a Saponara, là dove il fango mi avvolge, freddo e prepotente.
Mi guardo attorno e faccio fatica ad accettare il dèjà vu che mi confonde la mente, a fianco gente che si muove con la prosopopea di chi ha già vissuto, che sa, che è esperta.
Sono qui fuori da Scarselli – Via Puntale, l’indefinito colore del fango è divenuto ancora una volta bianco, posato sul pavimento a rendere grande il nostro sconforto. Bianco così come il dolore di Nino che abbraccio per trasmettergli il mio spasimo da unire al suo, a quello di Raffaella o di Irene, anche loro presenti, mute testimoni di un grande dolore che accomuna ma non lenisce le collegiali ferite.
Il rito è arrivato al suo culmine e ciò dà via al corteo che si muove verso l’aperto, la dove migliaia di cuori hanno pianto insieme, di nuovo.
Spalle forti accompagnano il bianco che contrasta con l’azzurro di un cielo innocente, sullo sfondo ancora una volta palloncini confusi e sperduti in un spazio infinito.
Mi piace pensare che possano incontrare quelli lanciati due anni fa.
Tanta gente, migliaia, con alle spalle colline ferite, fra i tanti volti vecchi, abbracci sguardi commossi e lacrime ingoiate, mio malgrado, per darsi “forza” con gli amici di Giampilieri e Scaletta.
Ancora foto, ancora una volta testimone involontario, ancora una volta un saluto a quel bianco violento