E’ sempre particolarmente difficile raccontare la mafia attraverso l’arte. Portarla sul grande schermo può rappresentare, a volte, una vera e propria sfida per sceneggiatori e registi; e a volte le sfide portano a risultati davvero originali. Nicola Barnaba ha pensato bene, infatti, di trattare il delicato tema attraverso una chiave ironica e pungente, lontana dalla drammaticità delle pellicole finora proposte al pubblico del cinema italiano e internazionale. “La mafia alternativa.. tra vita, morte e miracoli”, questo il titolo del suo film, è una pellicola ispirata alla commedia all’italiana fatta di colpi di scena e gag pregne di comicità che hanno il compito di descrivere in maniera allegorica, ironica e tagliente, la criminalità organizzata. Non mancano, ovviamente, in puro stile criminale, omicidi, narcotraffici, ricettazioni, estorsioni commessi dalla cosca di Don Vincenzo Spata, boss senza scrupoli che sarà colto, però, da una sorpresa: Rocco, il figlio emigrato a Milano per studiare, tornerà un po’ “cambiato”. Da qui comincia il dramma degli uomini della cosca che dovranno convivere con la compromettente figura di Rocco.
Il film affronta, quindi, con tagliente ironia due temi non di poco conto, la mafia e l’omosessualità, e lo fa attraverso il genere della commedia. La ricostruzione della patina di contraddizione che caratterizza la realtà mafiosa fatta di vizi e perversioni mostra, allo stesso tempo, i preconcetti che da sempre accompagnano la mentalità siciliana e regala una risata spontanea che, però, fa emergere la falla che è dentro ognuno di noi impegnato, da sempre, a considerarsi estraneo da un contesto invece troppo vicino alla nostra quotidianità.
“La mafia alternativa”, scritto e prodotto da Michele Ainis, è un progetto promosso da SiciliaEst/ Film Work Sicilia Orientale, ente promotore della Film Commission Sicilia Orientale, ed ha partecipato quest’anno alla 65a edizione del Festival di Cannes, nella sezione Short Film Corner 2012, e alla 58a edizione del Taormina FilmFest. Insieme al regista, allo sceneggiatore e a tutto il cast di attori (tra cui Domenico Centamore, Tury Giuffrida, Daniele Perrone e Marcello Arnone) sul red carpet di entrambi i festival cinematografici hanno fatto capolino anche gli Uaripat, gruppo di Roccalumera che ha firmato la colonna sonora del film con il brano “Amuri, Amuri”, tratto dal loro Ep “Antipodi”. Ed ecco che la Sicilia può sentirsi davvero orgogliosa dei suoi talenti. Il gruppo, ben radicato nella realtà live della provincia messinese, nasce nel 2006 e ha già ottenuto vari riconoscimenti in festival e concorsi a rilevanza regionale e nazionale; la loro musica rappresenta un mix di suoni rock ed etno-world attraverso l’uso delle chitarre elettriche e di strumenti etnici, una commistione di suoni che rompe gli schemi tradizionali per creare un suono originale. Gli Uaripat traggono dall’ambiente in cui sono nati tutte le influenze possibili per il loro sound: è nella tranquillità di un piccolo paese di mare, circondati dalla campagna e dal profumo di limoni ed erbe selvatiche, che Davide, Carmine, Ludovico, Marco, Giuseppe e Ugo, hanno deciso di dare inizio alla loro carriera di musicisti.
Abbiamo chiesto al cantante degli Uaripat, Davide Garufi, di raccontarci un po’ cosa ha rappresentato per loro far parte della colonna sonora de “La mafia alternativa”.
Com’è nata la collaborazione tra gli Uaripat e il regista Nicola Barnaba?
La collaborazione in realtà è nata con Daniele Perrone, uno degli attori presenti nel cortometraggio, proveniente, come me, da S. Teresa di Riva. Chiesi a Daniele di ascoltare il cd senza un secondo fine, e dopo pochi giorni mi arrivò una sua telefonata in cui mi diceva che voleva vedermi assolutamente. Gli era talmente piaciuto un brano del nostro disco che aveva intenzione di farlo inserire, appunto, nel progetto di Barnaba e Ainis.
Quindi il brano scelto per la colonna sonora del film non è stato proposto da voi, ma al contrario selezionato dalla produzione. Sono rimasti colpiti dal testo?
Abbiamo lasciato loro libera scelta proprio perché sapevano sicuramente qual era la canzone più adatta alla storia. E credo che la scelta sia ricaduta su “Amuri, amuri” perché ha come tema l’amore in senso lato: amore per la “famiglia”, amore per una ragazza, come quello del personaggio di Daniele Perrone, amore inteso in chiave trasversale.
Cosa ha rappresentato per voi, un gruppo siciliano della provincia, far parte della colonna sonora di un film sulla mafia?
E’ stata una grande responsabilità così come un grande orgoglio. Quando abbiamo riarrangiato la canzone siciliana “Amuri, Amuri” non potevamo mai credere che potesse finire nella soundtrack di un mediometraggio impegnato come “La mafia alternativa”. Trattare temi così delicati in maniera scansonata non è semplice, ma se ti rendi conto che vai a contribuire ad un prodotto che aiuta a capire meglio le dinamiche della mafia, anche se in maniera ironica, sicuramente fai qualcosa di piacevole.
E secondo te, rappresentare il fenomeno della mafia in maniera comica può offrire nuovi punti di vista su questa piaga della nostra società oppure al contrario la banalizza?
Nel banalizzarla la rende, a mio avviso, alla portata di tutti sia a livello di comprensione sia a livello di critica. La mafia non è una società ‘altra’ da criticare o da cui siamo distanti, ma dobbiamo riflettere sulla sua forte radicazione.
E Cannes? Com’è stato ritrovarsi lì in mezzo a tante star?
E’ stato incredibile sentire il gruppo e la mia voce, in particolare, riecheggiare al Festival di Cannes. Pensa, da Roccalumera a Cannes! Anche presenziare al Taormina FilmFest è stata una bella esperienza che ci ha catapultati in mezzo a personaggi famosi, che magari non ti danno conto ma ai quali stringi la mano per pochi secondi.
Come sono percepite, secondo te, la Sicilia e la cultura siciliana all’estero?
Purtroppo impera lo stereotipo del siciliano in quanto mafioso, ma fortunatamente ci sono molti stranieri, nel caso particolare francesi, che si approcciano ai siciliani impegnati a lavorare o studiare nei loro paesi in maniera tranquilla e trasparente, notando così che siamo tutt’altro che degli individui con la ‘coppola’.
Attraverso la musica si può sensibilizzare verso la cultura antimafia?
Si deve sensibilizzare la gente. Quando si condividono delle emozioni e dei valori, con la musica o con lo sport, arrivando trasversalmente a generi e età, è più facile mettere da parte i sentimenti negativi che creano disparità tra le persone. La musica è il mezzo che serve a unire la gente, e insegna nel contempo ad ascoltare davvero sé stessi e gli altri.