Sono bastati un canestro, una palestra e un grande spirito di gruppo per gettare un po’ di luce in un quartiere degradato come quello di Giostra. L’opera, che ormai ha festeggiato il decimo anno, nasce grazie alla passione e alla caparbietà di Francesco Paladina, presidente e coach dell’FP Sport Messina e ha subito un punto di svolta con l’ingresso in società di Claudio Cavalieri, ex giocatore di serie A, romano di nascita, ma messinese di adozione, che ha portato questo piccolo club a diventare una punta di diamante fra le realtà cestistiche peloritane.
In campo, ci sono più generazioni di giovani a confronto: il più grande è proprio il quasi trentottenne Cavalieri, il capitano, che, nonostante l’età, ci tiene ancora a correre insieme ai suoi pupilli. Il più piccolo invece è Angelo Salvatico, promettente sedicenne che riesce a catturare lo sguardo anche degli spettatori meno esperti, grazie alla sua capacità di muoversi sul parquet come se fosse una gazzella.
Angelo è un ragazzo cresciuto proprio in questa zona particolare della città, e lui stesso ci racconta cosa avviene in questo angolo dimenticato: “Ho visto accadere da sempre cose brutte qui. Continue retate da parte della polizia. Tanti giovani che sono stati arrestati perché magari, invece di studiare, hanno preferito spacciare”.
Tuttavia, il degrado non è dettato solo dagli eventi che popolano le cronache cittadine, ma anche da quella palestra che mostra segni di abbandono: “Ci sono danni che se riparati subito – continua Angelo – potrebbero essere sanati con pochi euro, ma questo non avviene mai. Ti faccio un esempio: è capitato che abbiamo perso una partita a tavolino contro il San Filippo del Mela (gara poi rigiocata in seguito al ricorso vinto dall’FP, n.d.R.) perché uno dei canestri ha ceduto tra il primo e il secondo tempo. Noi siamo la prima squadra di Messina, disputiamo un campionato importante come la serie C, ma non abbiamo uno spazio tutto nostro. Dobbiamo dividere il Palaritiro con altre società e le nostre difficoltà sono sotto gli occhi di tutti.
Il piccolo campione, però, sostiene che questo mondo e questa piccola realtà sportiva rappresentino, in mezzo a tanta bruttezza, un fiore all’occhiello per la città, nonostante le falle tangibili che potrebbero essere cucite con la sensibilizzazione della politica cittadina, che dovrebbe rendere un grazie corale a questo giovane capitano che investe tutto se stesso per questi ragazzi, assieme a Paladina: “Claudio è un punto di riferimento importante per me; e non soltanto dal punto di vista sportivo. Mi sta facendo crescere sotto la sua ala: c’è sempre, anche per parlare di cose che trascendono lo sport”.
Perché l’FP si è preoccupata e si preoccupa di instillare nella squadra anche quel senso di appartenenza e di rispetto che dovrebbe essere il tratto distintivo di ogni cittadino che ama la realtà in cui vive: e i giocatori lo hanno dimostrato tingendo le pareti, i gradoni e le ringhiere della palestra e aggiustando i bagni che prima erano inagibili.
Segnali che si elevano in un luogo dimenticato e che fanno pensare che forse è ancora possibile ricostruire la speranza. Fenomeno, d’altronde, reso ancora più concreto dal fatto che gli abitanti del luogo sono ormai riconoscenti alla squadra e cercano di aiutarla in tutto: trovando gli sponsor, partecipando alla partita o anche semplicemente chiedendo: “C’è bisogno di qualcosa?”.
Una domanda, questa, che dovrebbe essere fatta da quei rappresentanti locali che troppo spesso dimostrano scarsa attenzione per le zone-ombra di questa città e non solo: “Credo che sia importante – ha tuonato Cavalieri – lavorare in qualunque zona della città. Certo, io e Francesco Paladina lavoriamo in una zona molto difficile, ma non lontanissima dal centro. Una zona che potrebbe avere grossi margini di miglioramento, se evitassimo di attaccare etichette sbagliate. I rappresentanti del comune dovrebbero interessarsi di più e creare più cose per i nostri giovani. Io dico “nostri” perché ormai mi sento un messinese d’adozione.
Credo anche che i nostri ragazzi abbiano il diritto di avere molto più di quello che cerchiamo di dargli con tutte le nostre forze. A differenza di altre città dove ho avuto la fortuna di giocare, qui non ci sono dei parchi dove si può andare a giocare liberamente. Qui non troviamo playground, campi da calcio liberi, ma neanche semplici parchi dove è possibile ritrovarsi.
È più facile trincerarsi dicendo che i giovani non meritano questi spazi di aggregazione, perché tanto li distruggerebbero. Piuttosto, penso che dovremmo educare tutti i piccoli cittadini ad avere cura di quello che il comune dà. Purtroppo, però qui siamo indietro anni luce”.
Claudia Benassai