Un viaggio per ritrovare se stessi, la necessità ineluttabile di ricercare la propria identità.
Un percorso obbligato, sentito, inevitabile. Pena la morte.
Un triangolo amoroso, la famiglia, la sopravvivenza, il mistero.
Sono questi gli argomenti trattati da Sarah Cerreti nel suo romanzo, Un viaggio, Cicorivolta Edizioni.
Prima pubblicazione per la giovane scrittrice messinese, il cui estro dà vita a un romanzo breve ispirato da un sogno. “Sono passati diversi anni – ci racconta – Ormai i dettagli sono svaniti, ma ricordo chiaramente questa casa accogliente e luminosa, e i suoi abitanti, a me sconosciuti, che si svegliavano con la voglia di prugne. La sensazione di pace e serenità che ho provato mi è rimasta al risveglio, e quella ha dato vita al mio romanzo”.
L’ambientazione è quella di un mondo sotterraneo, sovrastato da palazzi che non possono comunicare tra loro, se non per vie sotterranee. Presentano una serie di messaggi criptati, domande alle quali l’autrice non dà risposte, ma che lascia aperte al lettore.
Sarah Cerreti è un architetto prestato alla letteratura, che di tanto in tanto si tradisce e lascia un indizio della sua professione, come nella minuziosa descrizione degli edifici e dei loro interni. Ciò che viene fuori, è un mondo apparentemente senza obiettivi che sembra rispecchiare una sorta di inquietudine moderna, la ricerca dell’identità. Un mondo vissuto da personaggi privi di alcuna necessità materiale: il lavoro, il denaro non costituiscono un bisogno. Il loro problema reale è psicologico, esistenziale. Trovare se stessi, trovare una propria identità.
Voce narrante e protagonista della storia è Mara, la quale vive la sua vita tranquilla e ripetitiva, quasi programmata da un’entità superiore. Una regolarità sconvolta dall’arrivo improvviso di un nuovo vicino, uno straniero, Joi. Il suo carisma, la sua musica e il suo passato misterioso spezzano il silenzio e la monotonia, e daranno il via al viaggio.
Inizia così una vera e propria avventura alla ricerca di sé.
“Questo libro va letto come un viaggio onirico, come un sogno.” – dichiara l’autrice – “Quando sogniamo non ci chiediamo perché accada qualcosa, nonostante ciò abbiamo delle emozioni e delle sensazioni”.
Da queste dobbiamo farci guidare, durante la lettura, senza porci troppi quesiti razionali.
Qual è stata la sua esperienza editoriale?
“È cominciata per gioco, diversi anni fa. Iniziai ad inviare i miei scritti alle case editrici firmandomi con uno pseudonimo. Nel corso degli anni ho ricevuto molte proposte di pubblicazione, ma non le ho mai accettate. In molti casi le case editrici, specialmente le più piccole che pubblicano autori emergenti, richiedono una consistente somma di denaro per le spese di pubblicazione, ma io desideravo che fosse l’editore a credere in me ed investire nel mio romanzo. Poi casualmente, mi sono imbattuta nell’editore toscano Cicorivolta ed è iniziata la nostra collaborazione.
Come nasce la sua passione per la scrittura?
“Io ho sempre scritto, sin da bambina. Avevo una fervida fantasia e mi piaceva inventare storie, che mettevo in scena giocando con i miei cugini e persino a scuola. Frequentavo un istituto gestito dalle suore, e ogni volta che non mi andava di fare attività fisica inventavo una scusa. Alcune di queste storie erano talmente originali che le insegnanti mi davano la possibilità di scriverle e creare delle sceneggiature che recitavamo nel teatrino della scuola. Ho sempre avuto il desiderio di raccontare.”
La scrittura fluida del suo racconto suggerisce che oltre ad essere una scrittrice sia anche un’appassionata lettrice. Quali sono i suoi autori preferiti?
“Sì, leggo tantissimo. Ho una predilezione per gli autori uomini, in particolar modo quelli francesi e russi. Ho letto Dostoevskij, Sartre, Kafka. La scrittrice che ho apprezzato di più è Agota Cristof, ho amato la sua Trilogia della città di K. Ma probabilmente il libro che leggo più spesso è in realtà un’opera teatrale, Caligola di Camus, che mi ha colpito particolarmente per via di un concetto: l’immaginazione è virtù del potere.”
A che tipo di pubblico si rivolge? Chi è il suo lettore ideale?
“Per me è un libro che possono leggere tutti, persino i ragazzi. Se avessi una figlia, glielo farei leggere. Per me è come una favola, infatti ci sono elementi che rimandano ai libri per bambini, come l’orca. Vorrei che tutti potessero leggerlo e interpretarlo a modo loro, secondo la propria età e la propria sensibilità, un po’ come succede quando leggiamo Il piccolo principe.”
Il suo libro racconta l’avventura del viaggio, della ricerca di sé, dell’amore e persino di una morte misteriosa. In quale scaffale della libreria lo dovremmo riporre? Come definirebbe il suo romanzo?
“Lo definirei un racconto onirico. Del resto l’idea è scaturita da un sogno, e dalla sensazione di calma e serenità che mi ha trasmesso. Al contempo, la staticità della casa del sogno mi ha suggerito l’immagine della società precostituita che descrivo nel libro. La storia si svolge sottoterra, poiché i personaggi abitano all’interno di una sorta di matrioska: vivono nelle loro stanze, dentro i loro appartamenti, dentro i loro palazzi, isolati dal resto del mondo. E a Mara, la protagonista, del resto del mondo non importa nulla, finché non arriva Joi. Allora tutto cambia.
Fino a quel momento tutto era statico e stabilito da un ordine superiore, mai descritto ma onnipresente.”
Come descriverebbe la personalità di Joi e il suo rapporto con la musica?
“Joi è un personaggio dinamico, che cambia nel corso del romanzo, è spinto a uscire dal palazzo perché vuole ritrovare suo padre. Prima socievole e solare, poi schivo e cupo. Talmente egoista che può fare del male. È un individualista con molti problemi, e trova un riparo solo nella musica, che diventa così un elemento importantissimo e molto presente nel libro. I personaggi, guidati dalla musica, riescono ad uscire dal palazzo e arrivano in un altro, molto differente. Questo infatti è privo delle porte e delle divisioni interne a cui erano abituati. Ma ancora più particolari sono gli abitanti che incontrano: persone che si avvicinano a loro e diventano dei personaggi, secondo i loro desideri. Amanda, ad esempio, risponde alle necessità di Joi, ossessionato dall’abbandono del padre, e così diviene sua figlia.”
Che rilevanza ha la comprensione della propria identità?
“È fondamentale. Ciascuno dei personaggi ha qualcosa a cui aggrapparsi in questa ricerca di sé. Se hai qualcosa, sei aiutato a non perderti, ma quando ti manca, il rischio è enorme.
Questo viene evidenziato da due personaggi secondari, che subentrano a metà del racconto: Amanda e Roby. Loro non hanno un’identità propria, ma vivono in attesa di ricevere quella che gli attribuiranno i forestieri. Quando i due ragazzi decidono di lasciare il loro palazzo e seguire i protagonisti, devono scoprire la loro individualità. Amanda è resa forte dal dono delle premonizioni. Riesce a vivere serenamente la nuova condizione, che le era stata preannunciata in sogno. Ha una marcia in più in questa ricerca di sé. Roby, al contrario, è molto debole, ed è talmente abituato a cambiare di volta in volta la propria personalità, da non sapere più chi è. Così, una volta uscito dal palazzo, si sente perduto. Non avendo più un ruolo da interpretare, non ha più certezze e decide di uccidersi, perché non ha la forza di trovare la sua identità.”
La descrizione dei palazzi vuole essere una metafora della nostra società o della nostra interiorità?
“Secondo me la scrittura a volte riesce a dire qualcosa che non è stato programmato. La mia intenzione non era creare una metafora, ma volevo descrivere il senso di oppressione di un luogo dove tutto è controllato, isolato ed individuale. Un libro per me è uno spunto per riflettere. Quello che io dico è importante relativamente. Ho voluto lasciare delle porte aperte, perché il lettore fosse libero di interpretare e arrivare alle sue conclusioni.”
Che ruolo hanno la femminilità e la maternità nel suo romanzo?
Non sono una femminista, ma nel mio romanzo i personaggi più forti e decisi sono proprio quelli femminili. Uno è Amanda, la ragazzina che ha il dono delle premonizioni. L’altra è Marta, la voce narrante. Lei ha il coraggio di cambiare, di innamorarsi, di intraprendere il viaggio. La maternità diventa simbolo della sua forza, e ci fa capire che c’è sempre speranza. Dopo il viaggio, dopo tutte le avventure vissute, tornerà a casa vittoriosa, perché la vita continuerà dopo di lei.
Francesca D’Arrigo