Viaggio dentro i “veleni” delle cartiere di Fiumefreddo

Davanti un buon caffè è il modo migliore per presentarci a Francesco, conoscere la sua storia, che è poi la storia di tanti. Se non addirittura la Storia, che fotografa perfettamente un’Italia già vista. Storie di cartiere e di veleni, di agenti cancerogeni che giorno dopo giorno si infiltrano sempre più nel suolo e nelle falde acquifere creando danni talmente grandi che nemmeno la tanto agognata bonifica del terreno riuscirà a sanare

I veleni di SIACE

Siace e Keyes rappresentano un grave pericolo per l’ambiente e la salute ed è assai probabile che sia la causa per cui gli occhi azzurri di Francesco non potranno più incrociarsi con quelli del padre. Parlando di Siace con una tazza di caffè in mano il primo collegamento che sorge spontaneo è quello con il fondatore della cartiera, quel Michele Sindona, il finanziere legato a P2 e mafia, coinvolto nei più oscuri misteri dell’Italia degli anni di piombo, che morì avvelenato nel carcere di Voghera nel marzo del 1986, da un caffè “corretto” con cianuro di potassio. Sindona nel 1964 individuò nell’area di Marina di Cottone il luogo ideale dove far sorgere quella che presto diventerà la più grande cartiera della Sicilia, la SIACE. A poche decine di metri, da qualche anno esisteva già un’altra piccola cartiera, specializzata nella produzione di cartoni per le uova, la Keyes. Il loro destino risulterà simile, contrassegnato da un’età dell’oro, la frana, l’abbandono, i veleni.

I veleni appunto. Quello che oggi rimane di due realtà industriali è solo una fabbrica di veleni. Amianto, eternit ed altri materiali considerati cancerogeni sono ancora lì, pedine di una scacchiera che non riesce a trovare la mossa conclusiva. È una vera bomba ecologica quella si trova a due passi dalla riserva naturale e a ridosso di una spiaggia che per anni si è fregiata della bandiera blu. Uno scheletro di una città fantasma, ideale per ragazzi che furtivamente si addentrano all’interno delle macerie, per cimentarsi in attività ludiche, quali il softair, sport di simulazione di azioni belliche. Ignari che tra quelle rovine inalano sostanze tossiche che nella zona mietono vittime in continuo aumento. È questa la grande preoccupazione dei cittadini di Fiumefreddo, che negli ultimi decenni hanno visto aumentare drasticamente le percentuali di morti a causa dei tumori. “Il tasso di mortalità è agghiacciante” – racconta Francesco – “basti pensare che dei sei impiegati nella caldaia ben cinque sono deceduti a causa di tumore, ed il sesto è sopravvissuto dopo aver superato varie peripezie”.

Anche il padre di Francesco, impiegato per trent’anni al reparto pulper, lo spappolatore usato per separare le fibre, non c’è più. “I medici hanno ammesso una probabile relazione, ma queste sono guerre perse in partenza. Sono argomenti buoni in sede di campagna elettorale”.

La Siace ha chiuso i battenti nel 1987, la Keyes nel 2002. Da allora solo un susseguirsi di sequestri e di bonifiche fantasma. L’ex area Siace fu acquistata nel 2000 dalla Provincia dell’allora presidente Musumeci per 17 miliardi di lire, per far divenire il sito il più grande parco tematico del Sud, Sicilyland, Ma il progetto, realizzato in sinergia pubblico/privata tra la provincia, il comune di Fiumefreddo e la Russotti si bloccò. Nel 2014 arrivò la nuova mazzata: secondo i magistrati di Catania la ditta che si era aggiudicata i lavori di bonifica avrebbe seppellito i rifiuti pericolosi. Si calcolano 1500 tonnellate per l’area Siace e 500 per la Keyes.

Interni cartiera Siace

Il primo stabilimento che ci troviamo di fronte è l’ex Siace, una grande area che occupa con i suoi scheletri oltre 40 ettari. La rete di recinzione, abbattuta e vandalizzata è solo una flebile copertura e consente l’accesso a chiunque voglia visitare questo museo dell’incuria. La vegetazione domina incontrastata e si intreccia in un ossimoro con cemento e detriti. Alle spalle della struttura fa da sfondo l’Etna, di fronte invece la spiaggia di Marina di Cottone. Un improvvisato avviso della Pubbliservizi segnala l’inizio di un cantiere estivo per lo scerbamento per evitare incendi. Non sappiamo rispondere con certezza se sia stato fatto, ma notando la vigorosità dei rovi, delle sterpaglie e di quant’altro ci viene da sorridere, amaramente. Descrivere queste immagini sembra quanto mai superfluo. Uniti all’odore a tratti nauseabondo e agli interrogativi su cosa si nasconda nel sottosuolo è abbastanza per riempire i sensi e lo stato d’animo.

Anche la vicina Keyes versa nell’abbandono, nonostante un’insegna probabilmente datata, che ne indica l’imminente bonifica Anche qui gli ingressi sono facilmente accessibili ed è suggestionante trovarsi di fronte ai tre silos e alla caldaia. Taniche con materiale non identificato, anche qui detriti e macerie. Ed il timore di come questi materiali possano essere stati assorbiti dal terreno, che nell’area adiacente è occupata da coltivazioni e vivai. Ed oltretutto nell’area confinante scorre un torrente che defluisce fino al mare.“Queste due realtà” – conclude Francesco – “hanno rappresentato la storia di Fiumefreddo. Hanno dato lavoro a tanti abitanti del luogo e delle zone limitrofe, e ne hanno contribuito alla crescita demografica. Ma bisogna guardare avanti, ed è necessario che l’intera zona venga bonificata seriamente”. Fiumefreddo è un paese stanco, stanco di sentirsi illuso da parchi tematici e progetti di riqualificazione dell’area come promesso dalle amministrazioni che si succedono. Fiumefreddo è un paese che pensa ai propri figli ed al diritto a vivere in una terra sana.