Violenza su animali d’affezione

Probabilmente il tema trattato in questo articolo è uno dei più inflazionati degli ultimi anni e immagino che la maggior parte delle persone pensi che non era necessario parlare Quante volte, forse giornalmente, durante la mia professione ho sentito dire …. “per me è come un figlio” oppure “non farei mai del male ad un animale”. Eppure “picchiare” un animale non è la sola forma di violenza che l’uomo esercita, anzi probabilmente è la meno frequente.

Limitare la possibilità di movimento di un animale (gabbie inadatte per dimensioni o catena troppo corta per un cane), affrontare con superficialità e non con tempestività i problemi sanitari (portare l’animale dal veterinario solo dopo vari tentativi fai da te, pensando che la natura faccia il suo corso), essere convinti che gli animali non provino “sentimenti” (dolore, senso di abbandono, paura, ansia) sono di gran lunga più frequenti.

Prendersi realmente cura di un animale non vuol dire solo sfamarlo e non bastonarlo ma significa soprattutto rispettare la sua reale essenza in quanto essere senziente.

Finiamola con i luoghi comuni sull’animale che non prova dolore (…. Quante volte l’ho sentito dire), e che  andrebbe con chiunque gli desse una ciotola, perché ne ho visti troppi lasciarsi morire d’inedia dopo essere stati trasferiti dalla casa ad una campagna dove hanno “lo spazio necessario”… o la finta pietà nei confronti del randagio che “poverino” non dovrebbe stare per strada ma bensì “ben chiuso in un canile” lontano dal nostra sguardo compassionevole.

Forse è insito nell’uomo in quanto tale sentire il bisogno di avere il “dominio” su qualcuno e di esercitarlo con ogni mezzo a sua disposizione ma forse, a pensarci bene, è troppo semplice farlo con chi è troppo debole per reagire.

Questo articolo è forse un piccolo grido di allarme ma anche di speranza da parte di chi ne ha viste davvero troppe e forse ingenuamente spera di non dover più discutere con il cacciatore che tiene il cane recluso dentro un loculo sul tetto della macchina, con il pastore che taglia le orecchie al cane con la forbice incandescente, o con la signora che ama a tal punto il suo animale da regalarlo per non tenerlo “recluso” in cento metri quadrati di casa; chissà se a qualcuno è mai venuto in mente che a lui importa solo di stare con il suo padrone.

Se mi è concesso, adesso vorrei dare qualche consiglio a chi sta pensando di compiere il “grande passo” di prendere un animale, infatti la convivenza non è tutta rose e fiori, perché bisogna essere dotati anche di molto spirito di sacrificio.

Bisogna sapere che per un tempo non precisato dobbiamo prenderci cura di un essere che rimane sempre “bambino” e pertanto ha bisogno di noi anche per le più elementari necessità.

Quindi, poiché non lo prescrive il medico, facciamo questo passo con la dovuta cautela, e non giustifichiamoci con “meglio un cattivo padrone che stare per strada” perché, personalmente, sceglierei la libertà.

Gandhi diceva che la civiltà di un popolo si evince dal modo in cui tratta i suoi animali … poveri noi !!

Medico Veterinario

Libero professionista