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Ieri un fatto molto grave ha scosso la comunità della Casa delle Donne Lucha y Siesta: un nutrito gruppo di agenti del Commissariato Tuscolano, approfittando dell’apertura del cancello della casa da parte di un ragazzo che andava a scuola, è entrato, senza preavviso, dentro le stanze della Casa delle Donne Lucha y Siesta.
Ha identificato, con una procedura quantomeno atipica, le donne ospiti e i/le minori, senza dare spiegazioni, senza attendere l’ausilio delle avvocate, arrivando fin dentro la casa, stanza per stanza.
Cosa o chi pensavano di trovare? Le donne ospitate nella Casa, come noto, stanno vivendo percorsi di fuoriuscita dalla violenza, sono seguite dai servizi sociali, sono inviate da strutture che non hanno lo spazio per accogliere, hanno fatto un percorso di ascolto, di screening sanitario regionale, sono in molti casi seguite in collaborazione con altre associazioni che si occupano di contrasto alla violenza di genere e che trovano in Lucha una risorsa preziosa. Le loro identità sono ben note; perché, quindi, identificarle e agire nei loro confronti l’ennesima violenza? Quale sarebbe il senso di una simile operazione?
Quale poi il ruolo della Procura della Repubblica nel contrasto alla violenza? Per quanto ci riguarda quanto accaduto si inserisce nello stesso solco delle decine di sentenze rivittimizzanti, discriminatorie e ingiuste nei confronti delle donne che denunciano le violenze. Perché infine tanto accanimento nonostante la Regione Lazio abbia riconfermato, con uno stanziamento di fondi, il proprio impegno per acquistare l’immobile, restituirlo alla cittadinanza e salvaguardare la complessa e preziosa esperienza della Casa?
Sono domande legittime che nascono dalla incongruenza tra quello che le istituzioni vanno sbandierando con le campagne comunicative e la realtà dei comportamenti delle forze dell’ordine che agiscono vittimizzando nuovamente chi cerca una nuova serenità. È inaccettabile.
Lucha y Siesta è bene prezioso per la città, a cui ogni giorno le istituzioni stesse si rivolgono per dare risposte a bisogni che altrimenti non saprebbero affrontare. È così da 12 anni. Qui ogni giorno si lotta per costruire accoglienza, orientamento e supporto. Non tollereremo dunque il modo scomposto e abusante con cu l’identificazione è stata compiuta, non tollereremo l’arroganza con cui si asfaltano percorsi di donne che lottano per uscire dalla violenza, non tollereremo atteggiamenti inopportuni di chi dovrebbe essere formato contro la violenza di genere, ma evidentemente in modo insoddisfacente e inadeguato.
Pretendiamo risposte alle nostre domande. Lo faremo in tutte le sedi possibili. L’intimidazione, se questo fosse stato l’obiettivo, non ci ha mai spaventate. La città reale è con noi, ma evidentemente una politica vuota e disumana non sa guardarsi intorno.