Cosa Nuova: viaggio tra gli invisibili in terra mafiosa

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Una tappa anche a Messina, al circolo Pickwick per Andrea Apollonio, giornalista leccese, che ha presentato il suo ultimo libro. “Cosa Nuova.Viaggio nei feudi della `ndrangheta”. Un libro che si aggiunge al panorama editoriale che scava tra i meandri del sistema mafioso, presentando tuttavia al lettore, tratti nuovi e allo stesso tempo diversi. Il racconto, le parole impresse su carta, la successione delle immagini l’autore le ha vissute direttamente, attraverso un itinerario intrapreso con lo squadrone cacciatori di Calabria, i cosiddetti “baschi rossi”, un reparto specializzato dei carabinieri che operano nell’ombra, in contesti altamente rischiosi, ad alta densità mafiosa, con l’obiettivo di combattere la mafia, tra arresti eccellenti e la scoperta di quei fili inestricabili di una mafia che espande continuamente i suoi tentacoli. La genesi del libro ci è spiegata dallo stesso scrittore: ” Volevo descrivere quella zona d’ombra tra `ndrangheta e stato, raccontare chi si trova nel mezzo, tra questi due poli e con essi le storie di donne mafiose, storie a tratti commoventi, di vedove bianche, costrette a vivere una vita non propria, ma anche storie di ragazzi che diventano manovalanza di `ndranghetisti, che, di fatto, non hanno un ampio ventaglio di scelta, storie di chi, comunque, non si sente rappresentato dallo stato”.La testimonianza ovviamente acquista spessore, perché affonda le radici nel vissuto di chi questa realtà la vive tutti i giorni. Uomini educati al servizio che rappresentano lo stato e la società civile, una veste particolare che come sottolinea ancora Andrea Apollonio ti fa comprendere  come “la ‘ndrangheta sia la causa di un effetto strutturale sul territorio”. La mancanza di opportunità, la mancanza di strutture e infrastrutture e delle risorse necessarie sono ingredienti fondamentali per capire la portata del problema mafia, che proprio da queste carenze, trova un terreno fertile per crescere ed espandersi; E in chi lavora in questi contesti, in chi agisce venendo a contatto con la faccia più recondita di terre disgraziate, dove anche le strade finiscono nel vuoto (come il paese di San Luca) sorge spontanea l’espressione che il nostro scrittore ha sentito esclamare da una delle sue guide in basco rosso “ A quale Stato devono votarsi questi cristi?” È chiaro che questo non vuole essere un metodo di legittimazione, ma un modo per porre questioni spesso trascurate e sommerse da altre, come ha sottolineato il procuratore della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto, Salvatore De Luca:”l’antimafia è compito dello Stato, ma non la deve fare attraverso la creazione di posti di lavoro, poiché quello è un lavoro che appartiene allo Stato. Bisogna creare la cultura dell’antimafia, nelle scuole, nelle parrocchie, nei circoli”. In appendice all’evento l’autore ha risposto alle domande de il Carrettino delle idee. E alla domanda su come giudica- chi come lui, ha scandagliato queste realtà tra le alture dell’Aspromonte- una madre che “apre” al figlio dodicenne la strada della delinquenza per fame. La risposta lascia l’amaro in bocca e invita alla riflessione: “I giudizi sono necessari e non possono essere evasi, sono giudizi ammorbiditi dallo stato particolare di queste terre, giudizi che ho espresso dentro di me pur non volendoli dare, giudicando chi lì, in quei luoghi  avrebbe dovuto esserci e non c’è stato. La valutazione è stata in questo caso estremamente dura e violenta. Un visione tipicamente umana. Invece alla domanda, sullo stato attuale, se esiste  una cultura che si diversifichi dalla radicalizzazione della delinquenza, la risposta è di buon auspicio: “ La cultura sta cambiando perché si cominciano ad offrire gli strumenti per capire che cosa è il bene e che cosa è il male, un esempio è il sindaco di Gioia Tauro, che conosco personalmente che è . stato eletto rifiutando il voto delle cosche. È un sindaco che sta offrendo anche gli strumenti per capire che cosa è la legalità. Io vedo un fermento culturale in Calabria, nonostante permangano quelle zone impervie che rimarranno forse, putroppo, feudo della `ndrangheta. Le commemorazioni,l’associazionismo, servono anche a capire che il vento sta cambiando è il segnale migliore che si possa dare”.

 

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