Il Mondo dell’Università è rimasto fermo mentre bar, ristoranti e discoteche hanno ripreso la propria attività.
Dal 4 marzo 2020, un milione e seicento mila studenti universitari sono rimasti a casa senza poter accedere alle proprie università. Molti di questi, i cosiddetti fuorisede, o sono rimasti bloccati nella città del proprio Ateneo o non hanno avuto l’opportunità di far ritorno alla loro camera in affitto per interi mesi.
Solamente a giugno, la Conferenza dei Rettori dell’Università Italiane (CRUI) e il Consiglio dei Ministri hanno decretato un’apertura graduale delle aule universitarie, che è avvenuta solamente alla fine dello stesso mese mediante la possibilità di sostenere alcuni esami in presenza.
Mentre la scuola è stata al centro della ripartenza, l’università è rimasta una realtà marginale sin dalla conferenza del 4 marzo, quando Gaetano Manfredi, ministro dell’Università, non era presente accanto al Presidente del Consiglio a dichiarare la chiusura degli Atenei. Un’Italia a due velocità, si potrebbe dire. Un Paese che crea discontinuità anche nell’affrontare un’emergenza educativa che va dalla scuola materna sino alla Ricerca.
Con l’avvio della Fase 2, il 18 maggio si legittimava l’apertura di Bar e luoghi di ristoro, le aule studio e le biblioteche rimanevo chiuse. Qualcuno ha pure dichiarato che “gli studenti potevano andare a prendersi il caffè con colleghi e professori mentre non era possibile frequentare i luoghi della conoscenza”. Per questo motivo, varie realtà studentesche in tutta Italia hanno voluto creare aule studio in piazza.
Lo scorso 31 luglio, invece, il Governo ha sancito la riapertura delle discoteche e delle fiere. Il mondo dell’intrattenimento, del ballo è ripartito mentre il mondo della conoscenza è rimasto in vacanza forzata.
L’incremento dei casi di contagio da CoVid-19 durante le ultime due settimane ha condotto il Consiglio dei Ministri ad imporre la chiusura delle “attività da ballo” e l’imposizione di quarantena e tamponi obbligatori da chi torna da Paesi a rischio (Spagna, Malta, Croazia, Grecia). Le decisioni sono state emesse in un’ordinanza dal Ministro della Salute, Roberto Speranza.
Immediatamente si sono aperti due conflitti: “padre-figlio” e “Regione-Stato”. Rispetto il primo, molti adulti hanno avanzato aspre critiche nei confronti dei millenials (1985-1995) e della generazione Z (1995 ad oggi), facendoli così divenire i nuovi untori, poiché dopo mesi di quarantena hanno deciso di dedicarsi all’intrattenimento offerto dalle sale da ballo.
Dall’altra parte, il conflitto “Regione-Stato” si rifà al motto avanzato da tutte le forze politiche nel febbraio 2020: “L’Italia non si ferma”. Il Piemonte, il Friuli Venezia-Giulia, il Veneto, difatti, hanno deciso di dichiarare una guerra mediatica con il Governo centrale poiché chiudere le discoteche, oltre a danneggiare l’economia, è una limitazione della libertà. In particolare, la Lombardia aveva sottolineano in una nota ufficiale che coloro che tornavano dai Paesi a rischio in questione non erano soggetti all’obbligo di tampone o quarantena, a differenza del Lazio e della Sicilia che, prima del Ministero della Salute, hanno imposto tali obblighi.
La chiusura delle attività da ballo è, in aggiunta, stata giustificata dalla priorità della ripartenza del mondo dell’Istruzione.
Il punto degli studenti:
Michelangelo Billé, coordinatore cittadino di Link, un sindacato universitario nazionale, dichiara che
“è una cosa vergognosa la chiusura delle aule studio e delle biblioteche universitarie, mentre le discoteche sono state riaperte. E’ uno scandalo che in altre università d’Italia ci sono state delle riaperture di aule studio, mentre a Messina queste rimangono chiuse e non vi è alcun segnale.” Inoltre “L’università è stato il grande escluso all’interno del dibattito pubblico durante i mesi del lockdown. Lo stesso Ministro Manfredi non ne ha dato parola.”
Michelangelo Billè ha, inoltre, sottolineato che la chiusura delle discoteche è giusta ma non si possono incolpare i giovani di essere untori per ricercare attività sociali dopo mesi di isolamento
“La ripartenza del mondo dell’università si deve basare sulla didattica mista per agevolare i fuorisede, soprattutto quelli che provengono dalla Calabria. Dall’altro canto bisogna vedere se vi saranno ulteriori fondi per la didattica a distanza. Infine servono indicazioni chiare rispetto gli esami in presenza di settembre.”
Così il coordinatore cittadino di Link Messina lancia delle proposte per la ripartenza del mondo dell’università.
Franz Moraci