Malgrado siano passati secoli ed incerta appare la memoria sulle vicende storiche che lo hanno visto protagonista, si è giunti alla conclusione che il corpo di Antonello, possa essere deposto presso la chiesa di Maria e Gesù nella contrada delle ” Moniali. “.
Esattamente presso il campo recintato( …et istis eorum antiquum cum omnibus ad se pertinentibus hortis, videlicet nemore, atque officinis. Samperi P Messana, lib VI, p 503, n° 166) adibito a cimitero, posto nella parte orientale della piana “…Area* Cenobi Sanctae Mariae a Jesù. ” Samperi P. Messana…, lib VI, p. 524, n° 230. Pertanto, situato dietro la chiesa verso ‘antica proprietà Salimpipi, al di fuori della delimitazione archeologica segnalata dai ritrovamenti dell’anno 1989.
La contrapposizione in cui si sono trovati gli storici nel passato si è incentrata, sulla impossibilità di identificare il tempio dove fu collocato il feretro del grande pittore; innanzi tutto perché della chiesa di Maria e Gesù al tempo dei fatti ce n’erano due, in aree pressoché limitrofe, ma soprattutto, in quanto che nell’atto testamentario lasciato da Antonello non si specificasse in quale dei due templi ricadesse la sua tomba.
Visto che dagli atti e dai documenti notarili che riguardano le commesse delle opere realizzate dal nostro pittore, non è possibile ricavare che limitate osservazioni, rimane una e una sola strada per individuare il corpo.
L’analisi pittorica che fu necessaria per identificare gran parte delle sua opere, e quelle appartenute alla sua scuola, deve essere assecondata, dalla segnalazione di altri documenti che inquadrano la vita pubblica e politica di Antonello in seno alla sua città.
Egli che si proclamò sempre cives messanensis, stabilisce nelle sue produzioni l’appartenenza alla causa di Messina; almeno, verso una parte ben distinta di essa. Il cittadino Antonio de Antoni aveva scelto la strada da percorrere, ma, già questo viaggio si rivelò pieno di insidie.
La guerra intestina in cui si vennero a trovare le genti di Messina nella seconda metà del ‘400, faceva da sfondo alle avventure più o meno avvincenti di alcuni personaggi, entrati a vario titolo nella storia della Città dello Stretto come in quella italiana, se non internazionale.
Proprio in questi momenti storici, si trovano gli elementi e i documenti che testimoniano l’appar-tenenza di Antonello alla famiglia francescana dell’antica chiesa di santa Maria e Gesù superiore.
La difficoltosa ricerca per identificare i luoghi in cui Antonello visse, maturando come uomo e come artista, non ha permesso di individuare una strada privilegiata: in realtà, proprio osservando i luoghi, più volte ripresi nelle sue tavole, permettono di ricostruire ampi spaccati della sua esistenza. Con la presenza in Sicilia dell’Ordine Francescano degli Osservanti, stabilitisi per l’opera predicatoria del beato Matteo Gallo, si vennero a creare le condizioni conflittuali che in poco meno di dieci lustri portarono alla guerra civile Messina.
La nascita di un polo politico, nella comunità di santa Maria e di Gesù governata dagli Osservanti, fin dal 1425,1 creò le condizioni che generarono due partiti: quelli legati alla causa dei popularis, e quelli riconducibili al capitolo della Cattedrale.Durante la presenza del beato Matteo d’Agrigento non solo fu istituita la casa di santa Maria e Gesù2, ma si dotò quella struttura con una serie di privilegi che di fatto la resero indipendente dalla chiesa madre di Messina.3
Nella comunità degli osservanti si forgiarono numerosi ed illustri personaggi messinesi di quel tempo. Basti ricordare la famiglia dei Calafato in cui militava la santa Eustochia, la famiglia Porco, imparentata ai Calafato; entrambe possedevano numerose proprietà in città, ma, soprattutto presso la pieve di santa Maria la Scala e quella della fiumara san Michele.
La famiglia Mallono, alla quale si riconducevano tutti i notai che lavoravano e dipendevano dal suo uffico: Tommaso Andriolo ( socio di Francesco Mallono), Santoro e Antonio Azarello, Raniero de Donato, Matteo Pagliarino, Andrea de Baxilico, Giovanni de Agatha, Gerardo e Giovanni Bulichi riconducibili alla famiglia dei mastri degli Antoni fra cui, numerose volte incaricati alle notifiche delle opere e faccende dello stesso Antonello. Gli Ansalone, nella figura di Bartolomeo e dei suoi discendenti. Tutti personaggi che si legarono alla causa dei popolari di Messina e al partito di Giovanni Mallono, figlio del notaio Francesco, alfiere di una schiera di giovani che pagheranno a caro prezzo la scelta di vita a cui si abbracciarono, portandoli alla morte, o alla fuga da Messina per avere salva la vita.Anche Antonello che condivideva lo stesso sentimento, verosimilmente fu costretto a fuggire dalla sua città. Molti osservatori hanno sottolineato il comportamento del nostro artista, rimarcando la sua assenza dalla Città dello Stretto fra gli anni che vanno dal 1465 al 1471. Gli eventi cruenti del 1464 che ebbero uno strascico immediato fino a quattro anni dopo, segnalati nel processo Mallono, evidenziano come il partito inquisitorio dei vincenti, ebbe a continuare un’azione, atta a snidare gli ultimi popolari, ancora spalleggiati dall’ordine degli Osservanti4. Questa notizia, straordinariamente importante, rivela che a Messina, esistesse una sorta di albo professionale dei maestri e degli artisti, ricondotti alla comunità francescana di contrada san Michele e rilancia un legame fra Antonello da Messina e la famiglia di santa Maria e Gesù.
In quelle due opere di Antonello da Messina segnalate prima, appare identificabile, un linguaggio misterioso quasi mimetico, riconducibile a un sistema filosofico espresso per i grandi gonfaloni, seguendo uno schema e un sistema iconografico riconducibile al Transito Romano, spiegando l’interpretazione dello ” Psicopompo. “
Nel 1446, quando gli Osservanti si insediano nella chiesa di san Paolo, stabiliscono la nascita di un’entità morale alla quale i messinesi si riconducevano per dare vita a un movimento popolare risanatore.
Antonello nato e cresciuto nel quartiere dei Sicofanti, vuole immortalare quel luogo, dove i confrati predicavano e dove l’entusiasmo popolare, farà germogliare i migliori frutti della gente di Messina in quegli anni. Tutti si riconducono al padre per essere redenti: tutti perseguono la strada natia, da dove acquisirono la fede. Proprio da quel luogo Antonello, Giovanni Mallono e la stessa Eustochia Calafato, sentono il bisogno di appartenere a Messina; imprimendo nella terra e nelle sue pietre, una presenza importante e distintiva.
Anche il nostro pittore ricorderà il luogo natio, proprio in quel gonfalone che fungerà da prototipo, durante la prima parte della vita artistica, rivelando nello schema iconografico, pure un valore topografico, così come era abituato a fare, e dipingere nelle sue tavole, vedute e monumenti della sua città.