di: Ernesto Ferrante
Se la mamma dei cretini è sempre incinta, quella degli ipocriti inanella parti plurigemellari a ritmo di catena di montaggio. La proliferazione anomala dei “Compro Oro” che noi denunciamo su questo giornale da mesi, fotografata impietosamente dalla maxi-operazione della Guardia di Finanza, sembra aver colto, infatti, addirittura di sorpresa le tante belle addormentate nel bosco che popolano il nostro paese.
259 perquisizioni in tutta Italia con sequestri di beni per 163 milioni di euro nei confronti di un’associazione per delinquere implicata in riciclaggio, ricettazione, frode fiscale ed esercizio abusivo del commercio di oro, sono stati eseguiti dai finanzieri dei comandi provinciali di Arezzo e Napoli. 118 persone sono indagate, a vario titolo, per i reati di cui sopra ed oltre 500 i rapporti bancari sequestrati al fine di bloccare, presso 23 istituti di credito, otto intermediari finanziari e due società fiduciarie. Entrando nei dettagli geografici della rete dei mercanti d’oro, le perquisizioni sono state effettuate in 11 regioni, principalmente in Toscana (74), Campania (91), Lazio (30), Sicilia (16), Puglia (16) e Lombardia (7), presso le abitazioni degli indagati e le attività commerciali ad essi riconducibili. Sono stati passati al setaccio non solo i “Compro Oro”, ma anche gioiellerie ed aziende orafe, comprese 23 società del distretto orafo di Arezzo, 16 del polo campano Tarì e Oromare e una di Valenza.
Numeri impressionanti che, e nessuno finga di cadere dalle nuvole, sono solo la punta dell’iceberg di un fenomeno commerciale-affaristico-delinquenziale che procede a ritmo galoppante in groppa all’immiserimento del popolo italiano, costretto a spogliarsi dei propri preziosi per affrontare le spese quotidiane. I fatti di questi ultimi giorni, lo certificano impietosamente. Con l’inchiesta, coordinata dalla Procura di Arezzo, le fiamme gialle hanno ricostruito scambi di oro e denaro sporco gestiti dall’articolato gruppo criminale per un volume pari a 4.500 kg di oro e 11.000 kg di argento. E si badi bene, i dati sono relativi solo a questo anno. Per gli investigatori, l’associazione criminale, a struttura piramidale, aveva il suo vertice in Svizzera e operava con più capi-area che agivano come “referenti” sui territori dei distretti orafi di Arezzo, Marcianise (Caserta) e Valenza (Alessandria), ai fini della raccolta di oro acquistato dai faccendieri travestiti da “agenti intermediari” in contatto con una fitta rete di negozi compro oro ed operatori del settore.
Una filiera dorata dell’illecito, oleata a dovere in tutta comodità, mentre i controllori dormicchiano e la politica politicante si preoccupa solo di arraffare. Le forniture di metallo prezioso avvenivano in nero, fuori dai circuiti ufficiali, in cambio di denaro contante in banconote di grosso taglio. Il gruppo, secondo i pm, si serviva di corrieri insospettabili per trasportare il denaro e la merce trasportati con vetture con doppifondi. L’operazione si è allargata via via, dopo i cinque interventi degli ultimi mesi culminati con il sequestro di oltre 63 kg di oro in lamine e verghe, più di 20 kg di oreficeria usata e oltre 450 kg di argento in grani.
Non è mancata la nota pittoresca, ovvero una villa di campagna del valore di 190mila euro, nei pressi del casello dell’A1 di Monte San Savino (Arezzo), anch’essa posta sotto sequestro, acquistata dall’organizzazione attraverso una società maltese, ed utilizzata come centro di smistamento dei traffici. Un forziere di cemento a tutti gli effetti. Condotte criminali intrecciate come una spessa catena stretta intorno ai colli di tanti nostri connazionali, fatta di una “materia” sempre più diffusa. Luccica, ma non è oro: è miseria.