“Sembra un intervento programmato, ben studiato, fatto da persone esperte, hanno fatto in modo che tutto fosse distrutto in maniera sistematica.”
E’ sconvolto Giuliano Volpe, il presidente del Consiglio Superiore dei beni culturali e paesaggistici, quando dal suo profilo Facebook dà notizia di quello che, in nottata, è accaduto nel sito archeologico di Faragola, in provincia di Foggia.
Un incendio, la cui natura ancora non è stata chiarita, divampato, pare, fra le 2 e le 3 di notte, ha danneggiato marmi e reperti di quella che era considerata una fra le più degne rappresentanti fra le ville dell’epoca tardo antica a noi pervenute.
Ad andare completamente distrutta è stata la copertura lignea, che, tuttavia, essendo ignifuga, non avrebbe dovuto essere danneggiata se non da un attacco mirato di buone dimensioni.
Lavoro, dedizione, impegno, e impiego di soldi pubblici non sono bastati a risparmiare la Villa dalla furia vandalica di non si sa chi. Ma, con i barbari, i colpevoli hanno ben poco in comune.
“I longobardi non avevano distrutto la villa di Faragola, le avevano dato nuova vita e nuove funzioni. I nuovi barbari l’hanno incendiata!” aggiunge l’archeologo pugliese, da ore impegnato con continui aggiornamenti, dai suoi profili social, circa le condizioni della struttura.
“Quattordici anni di scavi, di ricerche, di studi, di lavoro sul campo, di pubblicazioni, di progettazione di un modello di musealizzazione in situ per uno dei parchi archeologici considerati più importanti di Puglia e d’Italia: persi, distrutti, inceneriti dalla malavita o dalla stupidità o da altri interessi? A chi dava fastidio un sito come Faragola?”
Molti dei mosaici risalenti ad un periodo compreso tra il IV ed il VI secolo, pare, siano stati irrimediabilmente deturpati dall’esplosione, a cui -verosimilmente- è seguito l’incendio, nonostante in seguito fossero intervenute le forze dell’ordine.
Tanti gli elementi che fanno sorgere dubbi circa la precisa natura dolosa dell’incendio, come il trafugamento di una piccola scultura decorata, presente nello stibadium (un grande divano semicircolare ove i romani erano soliti banchettare, ndr), e non più rinvenuto all’arrivo dei Vigili del Fuoco.
Tuttavia, non sono state ancora rinvenute tracce di liquidi infiammabili.
Numerosi gli interrogativi circa eventuali dinamiche e moventi, ma sopratutto sorge spontaneo chiedersi come un sito archeologico di tale rilevanza sia stato così facilmente accessibile. Ancora una volta, è proprio Volpe a rispondere, con una riflessione:
“Quando un sito è lasciato senza una gestione, senza controlli, senza un uso quotidiano, senza una presenza, senza vita, diventa la classica ‘terra di nessuno’ nella quale è facile che i delinquenti o i vandali operino indisturbati.”