La riforma della discordia

Aula Magna Scienze Politiche
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Senza la riforma le università vanno in bancarotta” dichiara il Ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini, i tagli sono necessari per salvare l’Italia, senza di questi la fine del nostro paese non sarebbe differente da quella della Grecia, dell’Irlanda e del Portogallo.

Ma il pensiero del Ministro non coincide né con quello dei ricercatori né con quello degli studenti.

Da giorni, infatti, ragazzi di tutte le età, ricercatori e professori precari sono in piazza per manifestare il loro dissenso, dissenso che è stato pienamente appoggiato dall’opposizione. Scuole, università, monumenti storici tra cui la Torre di Pisa sono stati occupati, il leader del Pd Bersani è salito sul tetto della Facoltà di Architettura di Roma mostrando la sua chiara partecipazione e solidarietà alla protesta.

”Alcuni studenti vengono strumentalizzati da esponenti politici della sinistra che hanno deciso di inscenare una sceneggiata sui tetti delle università. Bersani in questo modo si dimostra poco rispettoso nei confronti dell’Aula che in queste ore sta discutendo una riforma che rivoluziona l’università italiana” afferma il Ministro Gelmini.

In un’Italia divisa a metà a rimetterci è ancora una volta la cultura, ma cosa comporta la Riforma e in che tempi dovrebbe essere attuata?

Nel giugno del 2008 è stata emanato il primo atto normativo, decreto legge n.11, inerente la riforma, atto normativo  fatto dal Ministro dell’Istruzione in collaborazione con il Ministro dell’Economia e delle Finanze Giulio Tremonti, che apportava delle importanti modifiche alla finanza pubblica e all’università. Il primo settembre 2008 è stato fatto il decreto legge n.137, decreto che il 30 ottobre seguente è divenuto la legge 169, che conteneva alcune modifiche rilevanti in materia di pubblica istruzione nelle scuole primarie e secondarie. Nel gennaio 2009 il decreto è stato convertito in legge.

L’iter seguito dalla riforma è molto lungo e tortuoso, le opposizioni ricevute sono consistenti e i punti da discutere notevoli: il 29 Luglio 2010 il Senato ha approvato la Riforma e attualmente è in discussione alla Camera.

La riforma abbraccia tutto il campo della pubblica istruzione: nelle scuole primarie e secondarie le ore, prima ridotte a 50 minuti, torneranno ad essere di 60, la figura del maestro unico sarà ristabilita, lo studio dell’inglese sarà obbligatorio in tutti gli istituti superiori a danno delle ore di laboratorio che saranno ridotte drasticamente, inoltre è prevista la riorganizzazione degli indirizzi degli istituti superiori che passeranno da oltre 750 a 20.

In ambito universitario è stata colpita la parte più debole della pubblica istruzione: piccoli atenei, studenti e ricercatori. Tutti gli atenei che annualmente non avranno un bilancio in attivo subiranno un commissariamento, ciò porterà la trasformazione di pubblici servizi in aziende private; i ricercatori potranno avere il contratto rinnovato per due trienni, allo scadere del secondo triennio dovranno partecipare ad un concorso nazionale, se questo non dovesse essere superato dovranno lasciare l’attività accademica. I docenti dovranno, inoltre, dimostrare attraverso una relazione l’efficienza del loro operato.

Il Ministro Gelmini aveva assicurato che i tagli non avrebbero portato alcun licenziamento, ma chiaramente così non è: 135 mila posti saranno cancellati entro il prossimo anno, posti di lavoratori che per anni hanno fatto onestamente il loro dovere adesso si troveranno senza un lavoro. Inoltre, paradossalmente, ci sono circa 10 mila insegnanti soprannumerari, ciò vuol dire che avranno il posto di lavoro ma non una cattedra, quindi nessuna classe da seguire. Che fine faranno?

Roma è attualmente la città più in fermento, ma nessuna delle altre città italiane è indifferente alla protesta, compresa Messina. Si è tenuto un piccolo corteo improvvisato formato da studenti e ricercatori che sperano fortemente nella mancata approvazione della legge quest’oggi. Il corteo, dopo aver bloccato alcune delle strade principali della città, si è spostato all’interno di alcune facoltà spiegando ai colleghi che stavano seguendo regolarmente le lezioni i motivi che avrebbero dovuto coinvolgerli nella protesta. Irruzione è stata fatta anche nell’aula magna della facoltà di Scienze Politiche nella quale era in corso una conferenza sul terrorismo a cui partecipavano Agnese Moro, figlia di Aldo moro, e il Senatore Sergio Flamigni: lo scambio di battute è stato del tutto inaspettato, gli stessi conferenzieri hanno infatti appoggiato l’iniziativa di studenti e ricercatori improvvisando un’assemblea.

La speranza di cambiare le cose è viva ancora nei giovani messinesi e in generale in tutti gli italiani che credono nella forza della cultura, quale sarà la risposta del governo?

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