Non è semplice classificare “Marika”, il lavoro andato in scena sul palco de I Magazzini del sale lo scorso week end, con cui la Compagnia Santina Porcino ha aperto la stagione teatrale 2019/2020. Provocatorio? Senz’altro. Intenso? Assolutamente. Ma non basta.
Una sola espressione quindi: umorismo allo stato puro. No comicità o autoironia. No caricatura. UMORISMO. Nel senso più pirandelliano del termine. La lacrima che segue la risata. La riflessione che accompagna il sorriso.
Michelangelo Maria Zanghì e la sua regia hanno saputo rendere con semplicità la complessità di un sobborgo siciliano, e con essa la drammatica quanto umoristica storia di lei, Marika. Interpretata da un coinvolgente Francesco Natoli, è la transessuale in perenne guerra tra la realtà costruitasi nella mente e una quotidianità la cui solitudine turba, e non solo.
Sul palco pochi oggetti, ma dalla forte carica evocativa, fanno quindi da sfondo a un dramma che si consuma fra momenti di ilarità (forse un po’ troppo volgari nella prima parte) ed episodi di uno squallore che fa commuovere.
Marika è da sola, sul palco come nella vita, ma riesce perfettamente a presentarsi, pur non parlando mai con lo spettatore. Uno spettatore che quindi resta immobile, come a spiare dal buco della serratura, e penetra in un’intimità che, seppur priva di vergogna, è protetta.
Il dramma si consuma in una escalation ben misurata.
Lo spettatore si affeziona a una Marika che si fa conoscere piano piano,
svelando gradualmente le sue debolezze e le sue manie, rivelate anche solo
spostando una sedia. La verità viene rivelata passo passo, telefonata dopo
telefonata. I castelli di carta costruiti sulla menzogna si smontano ogni volta
che si alza la cornetta di quel telefono rimasto unico compagno di vita,
insieme ad una radio che si ama e si odia.
Natoli è sicuramente riuscito a divertire, ma è anche riuscito nel maggior difficile intento di farsi compiangere. Complice un gioco di luci che, seppur semplice, ha però intensificato i momenti giusti, nel modo giusto. A riprova del fatto che spesso è più difficile rendere con poco, ma che se ci si riesce, il risultato è intenso, e tocca ciò che deve toccare.
Marika, seppur nella forse eccessiva caratterizzazione caricaturale, è la storia di tanti, il dramma di molti. Come molti combatte una battaglia che, però, si può anche perdere.
Una battaglia interiore che ha un’unica vittima, che commuove, diverte e conquista.
G.S. Trischitta