Possiamo dire di tutto su Renato Accorinti, possiamo scrivere che si affida ai massimi sistemi filosofici e politici piuttosto che affrontare la normale gestione amministrativa della Città, che si disinteressa della raccolta dei rifiuti o del taglio delle erbacce che hanno trasformato molte zone della città di Messina in una discarica a cielo aperto o in una giungla.
Poi, davanti a tutto questo, capita che Messina per merito di Renato Accorinti o del suo “Renanesimo”, si trova ad essere proprietaria, a sua insaputa, del Chiosco di Bibite e Bar di Piazza Cairoli. Da una parte il salotto buono della città e dall’altra parte, nel cuore della Piazza e dentro il nucleo più prestigioso di Messina, la nostra fontana di Trevi. Il famoso chiosco dell’ottocento che porta alla memoria i fasti di una città orgogliosa, dignitosa e nobile. Una storia che nasce nel 1871 e che oggi vede la città riappropriarsi di questo suo bene dimenticato. E’ la stessa Messina d’allora, dignitosa, orgogliosa e nobile che ha sperato e forse oggi ancora continua a sperare in Renato Accorinti. Ma che, in ogni caso, non vuole più abbandonare, e questo anche al di là di Renato Accorinti, il suo Renanesimo. Quello spirito e anelito di un civile riscatto e di un nuovo risorgimento che due anni fa portò un’antagonista del sistema a vincere contro la nomenclatura politica cittadina.
Accorinti si può pure criticare politicamente chiamandolo un “fantoccio”, come l’ha definito una Consigliera Comunale d’opposizione, nelle mani di figure che pur non definendosi “politiche”, fanno e disfano a piacimento e “politicamente “. Alle sue spalle o peggio ancora con la sua connivenza. Capita così che mentre alcuni esperti a titolo gratuito lasciano l’amministrazione Accorinti amareggiati, altri sono promossi a “Presidente di Partecipata” e ovviamente a titolo oneroso. Si veda l’avvicendamento a Presidente del Cda dell’AMAM (la partecipata idrica della città) di Leonardo Termini, già esperto a titolo gratuito per l’analisi dei bilanci delle partecipate del Sindaco, con Alessandro Anastasi. Ma non basta e secondo le regole rigide della vecchia politica e del miglior manuale Cencelli, al fuoriuscito Alessandro Anastasi si è dato il nuovo incarico di liquidatore della Nettuno s.p.a. Oscura partecipata in cui il Comune ha il 40% e la Provincia la restante quota, e il cui oggetto sociale è la gestione dei “porticcioli turistici”.
Ma allo stesso tempo si deve riconoscere con un minimo di onestà intellettuale che, davanti a questa storia lontana nel tempo, i vecchi sistemi politici di una volta, fatti di amici e favori, come molti dei Dirigenti e Quadri dello stesso Comune di Messina che alla musica di quei sistemi politici hanno sempre ballato, non ci fanno oggi una bella figura. E cosa ancor più grave, hanno fatto fare a Messina la figura di una città cosi “babba” che un Totò qualsiasi si è potuto permettere il lusso di cedere la nostra fontana di Trevi/Chiosco-Bar dell’ottocento ad una “turista” di Capo d’Orlando.
La storia se non fosse tragica sarebbe ridicola. Nel 1990 un Sig. X cede l’azienda di un Chiosco/Bar sito in Piazza Cairoli – Lato Valle – Messina alla “turista” di Capo d’Orlando e i bene informati dicono che da quel momento la “turista” ha versato ad un presunto proprietario la somma di 800.000 mila lire al mese.
Nel 2002 la “turista” chiede la regolarizzazione e la concessione del chiosco. Un silenzio ultra decennale inchioda alle proprie responsabilità l’intera macchina amministrativa del Comune e solo nel 2013 un parere legale del Collegio di Difesa, sicuramente anche questo pagato profumatamente, riconosce che: “il bene può ritenersi di proprietà comunale o acquisito al suo patrimonio per accessione ex artt. 934 del c.c.” Parere del collegio di difesa che veniva successivamente confermato sia in primo grado con una sentenza del TAR di Catania e sia in secondo grado con la successiva sentenza dell’organo d’appello.
Solo nel 2015, in pieno “Renanesimo” e dopo oltre 25 anni, il Comune ha emesso la dovuta Ordinanza di sgombero e rilascio immobile del Chiosco-Bar sito in Piazza Cairoli, stante che la “turista” “non ha fornito elementi dimostrativi della proprietà del Chiosco/Bar neanche in sede giurisdizionale…”
Possiamo anche dire che il Sindaco Renato Accorinti preferisce “giocare a scaricabarile”, come ha fatto la consigliera Maria Perrone, in quota U.D.C. che è intervenuta a difesa dei dipendenti comunali a cui Renato Accorinti, in occasione della presentazione del nuovo Assessore ai Servizi Sociali, Antonina Santisi, aveva imputato la maggior parte delle carenze e mancanze dell’amministrazione comunale di Messina – “Se ci sono dipendenti che oppongono delle resistenze, che non lavorano con professionalità…”. Aveva detto in quell’occasione il Sindaco.
Ciò non toglie che se questa è la ricostruzione amministrativa della vicenda, quella Storica è ancora più grave. Ci riporta indietro nel tempo, al primo proprietario del Chiosco ed al lontano 1871, dove un tal Stellario Allegra lo commissionò a una delle fonderie della città. E mentre prima la sua ubicazione era accanto al Teatro Vittorio Emanuele, solo nel 1912, dopo il terremoto del 1908, la sua sede divenne Piazza Cairoli. Dove ancora oggi lo si può ammirare, nel cuore della Piazza e nell’anima della città di Messina, e dove il ricordo delle sue limonate al sale ancora riempie l’immaginazione di bollicine e le papille gustative di generazioni di Messinesi
Da quanti anni e da quanto tempo Messina è proprietaria della sua “Fontana di Trevi” e quanti soldi ha perso l’Amministrazione Comunale in questa storia alla Totò, sono domande che forse meriterebbero una risposta che non si limitasse a nascondere la polvere sotto il tappeto.
PG