Il diritto allo studio è uno dei diritti fondamentali ed inalienabili della persona, è l’unico diritto che conosco che fornisce all’uomo gli strumenti adatti per difendersi da altri uomini potenti e prepotenti senza dover usare la violenza.
Non è morto nessuno, non si è sposato nessuno dei suoi figli, non ha letto un romanzo di quelli che fanno venire le lacrime agli occhi eppure… nel giro di una settimana è stata indotta a piangere per ben due volte durante l’orario di lavoro, a causa della veemenza e la violenza con la quale la sua Dirigente l’ha additata a modello d’inettitudine e incapacità.
Un’impiegata minuta, con un carattere forte e dei figli che se raffrontati a lei sono dei colossi di Rodi di fronte ad uno scoglio di mare. Ho sempre rispettato quel suo modo di prendere la vita che la vede alzarsi all’alba per prendere un pullman che giorno dopo giorno la porta a lavoro e, senza piegarsi su se stessa o lamentarsi, riuscire ad elargire un sorriso e un pensiero a tutti i colleghi che la frequentano. E ancora, pur non frequentandola, l’ho vista preoccuparsi ed affannarsi in occasione di pensionamenti o delle festività del Natale e della Pasqua per organizzare brevi incontri affinché tutti i colleghi potessero scambiarsi un augurio, un saluto, un pensiero.
In oltre dieci anni ha cambiato diversi Dirigenti e nessuno si era mai lamentato di lei o rivolta nei suoi confronti in modo tale da farla piangere. A onor del vero neanche questa Dirigente, da ben due anni, aveva avuto mai motivo di lamentarsi del suo lavoro. E’ per questo che non si comprende cosa possa essere successo di così grave da indurre una Dirigente ad essere così sferzante ed aspra da superare tutti i limiti che caratterizzano i rapporti tra una Dirigente e una sottoposta. ( Per inciso, se si fosse trattato di una semplice c.d. “censura verbale” – ammessa nella pubblica amministrazione- , non avrebbe comportato ben due crisi di pianto).
Per fortuna ogni storia non ha bisogno della definizione di indizio penale ( grave, preciso e concordante) per essere raccontata; immaginate quanti bellissimi romanzi avremmo perso se da essi avessimo preteso la verità storica rispetto a quella dell’anima o dell’umanità che essi raccontano.
Ed è in questa mia nuova veste di romanziere ( sia pure indegno d’appoggiare la penna sulla prima pagina di qualsivoglia intonso romanzo) che vi invito a leggere la seguente riproduzione delle voci di corridoio che parlano di una dipendente che ha tentato di liberarsi dal giogo a cui la vita l’ha chiamata senza avere gli strumenti adeguati per potersi difendere:
- 1)Una prima versione ci riferisce che l’ira della Dirigente sia stata determinata dalla poca attenzione che la dipendente hanei confronti di una certa pratica. E dopo diverse sollecitazioni la Dirigente sia esplosa.
- 2)Un versione più cattiva, sicuramente calunniosa e tendenziosa, ci ripota alle recenti elezioni nazionali e alle ore di straordinario che di solito i dipendenti comunali sono chiamati ad effettuare. Una boccata d’ossigeno che per chi prende 1000,00 euro al mese sono una manna dal cielo.
Sembra che la dipendente abbia avuto l’ardire di chiedere di poter effettuare lo straordinario elettorale e sia riuscita poi a farsi inserire nell’apposito elenco rivolgendosi ad un alto funzionario dell’Amministrazione senza il preventivo bene stare della sua Dirigente.
Sono sicuro che queste siano solo malelingue e pettegolezzi da corridoio che non hanno nessun fondamento e che non esiste un Dirigente che sia così meschino da trovare delle pecche nel lavoro del suo sottoposto solo per attuare una ripicca. Sono anche sicuro che le sfuriate della Dirigente siano state motivate dall’aver visto compromessa una pratica particolarmente delicata e complessa.
Domandarsi quale tipo di pratica o errore nelle stessa possa essere stato mai commesso da una dipendente non funzionaria e di fascia B non solo esula da questa storia, ma non inficia il principio generale che nel Comune di Messina un dipendente che fa onestamente il suo lavoro non dovrebbe mai essere indotto a piangere a causa delle sfuriate del suo datore di lavoro.
Qualsiasi sia il motivo.
Pietro Giunta