ABBRACCIALO PER ME : ANTEPRIMA NAZIONALE A CAPO D’ORLANDO

Tema forte quello di cui si parla nel film di Vittorio Sindoni Abbraccialo per me“: la disabilità intellettiva. Viene trattato in maniera molto delicata ma allo stesso tempo incisiva. Abbiamo avuto l’onore di vedere il film all’anteprima di Capo d’Orlando, che sarà nelle sale dal 21 Aprile.  Il paese è stato scelto in quanto città natale del regista, di cui è profondamente innamorato:” E’ il mio paese.Io sono cresciuto con questo mare . E’ stato un po’ la musica della mia infanzia . Le onde, lo sciacquìo della battigia e quindi sentivo di poterlo ambientare qua” ci dice Vittorio Sindoni.

Proprio per questo suo legame con il territorio il film è stato girato nei paesi dei Nebrodi tra San Marco D’alunzio e San Fratello , mostrare le colline dei Nebrodi era un suo desiderio.

Non è affatto  un film commerciale e a proposito di questo il resista ci ha detto :” Il pubblico  non ama andare in una sala per vedere un film con un tema così forte, ma  vuole evadere, divertirsi, vuole commedie. La mia follia ha solo uno scopo che chi lo vede poi possa avere uno sguardo diverso nei confronti delle persone che vivono nel mondo della disabilità. Mi piacerebbe che incontrando per strada una mamma, un fratello, una sorella che ha accanto un parente o un amico con problemi di disabilità, non si giri la testa dall’altra parte per paura, che può essere anche legittima. Se non ti vuoi avvicinare fai un sorriso non ipocrita, ma di incoraggiamento o una carezza se possibile. Questo sorriso e questa carezza per quella persona significano molto: significano la speranza, che qualcuno anche con niente ti è vicino.”

Proprio per il fatto che il tema trattato è così particolare la critica non lo tiene in considerazione e il Vittorio Sindoni è molto arrabbiato : a film con poco valore culturale, che non parlano di niente vengono dedicate pagine e pagine, mentre a pellicole di spessore vengono dedicate poche righe.

Il film parla di una famiglia siciliana alle prese con la malattia mentale del figlio (Moisè  Curìa)e in particolare del rapporto tra madre e figlio : “La madre (Stefania Rocca n.d.r) è quella che ha tenuto in grembo per nove mesi questa creatura e  il cordone ombelicale ancora non si è tagliato . Per questo non vuole accettarlo . Forse lei capisce più di tutti. Il padre(Vincenzo Amato n.d.r) è contrario e qui cominciano le prime separazioni che sembrano irrilevanti invece quando inizia a finire l’amore tra le due persone significa che la malattia ha prevalso nella vita di questa famiglia e si è rotta. Quindi tutti i personaggi dal loro punto di vista hanno ragione: il padre perché tutta l’attenzione è finita su questo figlio e per lui la vita è finita; la mamma perché se non lo protegge lei chi lo fa; la sorella (Giulia Bertini n.d.r) che è quella più equilibrata, da saggia ragazza ventenne, capirà stando accanto alla madre e amando molto il fratello, che una strada c’è e ha la fortuna di incontrare una persona che gli dà un’idea e lei la realizza. Per sapere quale andate a vedere il film. ” dice ancora Sindoni.

Alla domanda su come combattere i pregiudizi che ancora oggi affliggono i malati di mente, considerati solo pazzi da cui stare alla larga, il regista dice che questo si può ottenere con l’accoglienza, l’accettazione e soprattutto con la solidarietà . Infatti queste famiglie spesso annullano la loro vita per stare dietro al familiare e  si spasciano, come accade nel film, ispirato da una storia vera.

Lo sceneggiato vuole essere anche una denuncia al servizio sanitario che non cura adeguatamente le malattie sopra citate: infatti i pazienti vengono solo imbottiti di psicofarmaci che li addormentano e stordiscono e non si preoccupano del benessere della persona, trattata alla stregua di una bestia. Secondo Vittorio Sindoni :”Bisogna assecondare le passioni, capire le passioni di questa persona e non frenarlo ed essere pessimisti. Metterci una parte di se stessi per permettere di realizzarlo . Spesso siamo o pigri o impreparati e non lo facciamo . Se ci fossero strutture adeguate come per esempio il Teatro Patologico“. Struttura di Roma in cui i ragazzi disabili vengono coinvolti in attività teatrali e questo rappresenta un grande aiuto per le famiglie e anche per i ragazzi.

Il regista infine si augura che nella provincia di Messina sorgano strutture come questa, in cui queste persone riescano a trovare la felicità, il benessere grazie alla presenza di persone qualificate.