Quello che credo vada sottolineato è che, almeno per quanto mi riguarda, l’episodio non va bollato come “aggressione” tout court. E’ qualcosa di diverso. Io, ad esempio, sono rimasto colpito dai “vergogna” rivolti ai giornalisti in quanto tali. Più dai “vergogna” che dalle minacce alla telecamera.
Perché di quei 30 circa presenti sotto la curia, in attesa che venissero aperte le porte, è vero che ce n’erano un paio capaci di scaldarsi per niente di che – come in effetti è avvenuto – ma c’era un gruppo di persone capace di mostrare un disprezzo molto populista e retorico nei confronti di chi, a conti fatti, faceva quello che fa tutti i giorni. Domande. E’ vero, Salvo Cutuli (collega e amico) è stato irruento nel modo di fare, ma questo non giustifica né la reazione violenta di chi ha preso di mira il suo operatore di ripresa, né, tantomeno, i volti carichi di disprezzo, concretizzatisi verbalmente in una serie di “vergogna” a cascata, da parte di chi – socialmente diverso da chi se l’è presa con la telecamera, ma questa è un’opinione personale scaturita dalla semplice osservazione – ha ritenuto i giornalisti fautori di pubbliche gogne. Così non è, e parlo per me quanto per Salvo. E’ vero, volevamo entrambi parlare con qualcuno di quelli che si erano riuniti lì, ma non certo per esporlo al pubblico linciaggio, o per gonfiare una faccenda ancora non definita del tutto. Per quanto mi riguarda stavo studiando da qualche minuto quel gruppo di persone riunitesi lì, ed ero riuscito a parlare con qualcuno di loro prima di chiedere un’intervista con la telecamera bassa, garantendo eventualmente l’anonimato e la voce artefatta (nel caso non ci si volesse esporre), ma l’arrivo di Salvo (irruento, come ho detto, ma il termine non vuol essere dispregiativo) ha di fatto sbriciolato il mio approccio leggero, facendo sì che, a quel punto, alzassi la telecamera. Eravamo lì, però, entrambi per lo stesso identico motivo, cioè saperne di più sulle prese di posizione in città, e saperne di più solo e sol perché la questione è delicata e, per quanto mi riguarda, è necessario che le informazioni circolino: non certo per un intento voyeuristico, s’intende. Soltanto perché, se per caso venisse appurato che il caso denunciato è attendibile, bisognerebbe cercare di capire perché ci ha messo tanto a venire fuori: l’informazione, in questo caso, può farsi veicolo di coraggio per casi come quello in oggetto. Dentro o fuori Acireale, poi, poco importa. L’importante è parlarne, parlarne, parlarne. Capisco la difesa del sacerdote da parte di chi è sinceramente incredulo, come capisco gli attacchi da parte di chi è sinceramente disgustato. Quei “vergogna”, però, quelli no. Suonano come una bestemmia in chiesa. Per dire.