Rilanciare le isole Eolie. Restituire alle perle del Mediterraneo una luce da troppo tempo offuscata da ignoranza, lassismo e mancanza di intraprendenza. Il tutto promuovendo e sostenendo idee, iniziative, associazioni locali che mirano a rivalutare un patrimonio dall’eccezionale valore non solo paesaggistico, ma anche storico, culturale e ambientale.
Questo e molto altro è l’ “Aeolian Islands Preservation Fund”, un’associazione non governativa indipendente, con sede a Londra. Inaugurata il 20 maggio 2015, deve la sua nascita all’intraprendente iniziativa di Ben Goldsmith e di Luca del Bono che, insieme alla coordinatrice del fondo Federica Tesoriero e ad altri amanti delle Eolie di tutto il mondo, hanno deciso di concretizzare quanto per molti era solo un’utopia.
Abbiamo intervistato Federica Tesoriero, nata a Panarea ma cittadina del mondo. Da sempre in viaggio, dichiara di portare sempre con sé il sud nel cuore, con la voglia di restituire qualcosa a queste isole che non le hanno regalato solo i natali, ma molto di più.
Cosa ti senti di dover restituire alle isole?
Mi sento fortunata ad essere nata e ad appartenere a questi posti meravigliosi, da troppo tempo violentati. Da sempre coltivo il sogno nel cuore di fare qualcosa per fa sì che queste isole vengano rispettate, amate e valorizzate per come si meritano di essere valorizzate. A tal fine ho fondato l’ “Aeolian Islands Preservation Fund” , un equivalente inglese della Onlus italiana. E’ un fondo nel quale cerchiamo di raccogliere donazioni da privati o da aziende per supportare dei progetti relativi alle isole. Progetti legati innanzitutto alla protezione del mare, ma non solo: puntiamo alla realizzazione di uno sviluppo sostenibile terrestre, quindi alla promozione di un ritorno a un’agricoltura naturale e locale. Al momento le Eolie importano circa l’80% dei prodotti ‘verdi’ che finiscono sulle tavole, a dispetto di una grande estensione di terreno coltivabile, estremamente fertile essendo di origine vulcanica. L’obiettivo è risarcire le isole con un’agricoltura rispettosa di ciò che la natura ha regalato a queste terre.
Il fenomeno sempre più frequente del turismo ‘mordi e fuggi’ caratterizza in modo evidente le isole Eolie. E’ un’abitudine che può mantenere una sua logica per il futuro o va modificata?
Penso che queste isole siano molto preziose e vadano tutelate anche numericamente. Questo fenomeno oltre a non lasciare un’entrata economica ottimale per le isole, diventa un po’ spiacevole anche per coloro che affittano case e non hanno la possibilità di godere della tranquillità dell’isola stessa. Spesso arrivano barconi carichi di turisti che non hanno la fattibile possibilità di fare una vera esperienza su queste isole. E’ un mercato che può continuare ad essere, ma che va assolutamente regolarizzato.
Al fenomeno del turismo ‘mordi e fuggi’ si lega anche quello che vede la diffusione di guide turistiche più o meno autorizzate, ma non sempre preparate. Spesso ciò che viene trasmesso non coincide con la verità storica. Sarebbe più opportuno tutelare le isole dall’ignoranza?
Facciamo parte di un arcipelago noto sin dai tempi dei romani. Roma è stata colorata dalla nostra terra. Anche in epoca più moderna non ci si deve dimenticare dei grandi letterati che hanno fatto parte di queste isole. Isole che erano famose anche per il peso culturale delle persone che vi gravitavano attorno. E’ fondamentale che certe conoscenze, certe tradizioni non vengano perse. Non tanti posti nel mondo sono conosciuti da così tanti secoli. Strombolicchio è il faro di Ulisse, non lo dimentichiamo. Stiamo parlando di realtà che hanno da sempre affascinato personaggi e popolazioni. E’ necessario che la nostra storia venga riscoperta e anche ritrasmessa alle persone, in maniera corretta e consapevole.
Le amministrazioni vi seguono in questo vostro impegno?
In questo momento siamo in una fase di start up. Stiamo cercando di individuare progetti locali, cercando di supportare le associazioni non governative e le piccole associazioni. Ci sono molte associazioni che vogliono fare qualcosa, ma soffrono di un isolamento da sempre piaga delle isole. La mia idea è quindi che ci sia una rete tra tutte queste belle iniziative, e che possano essere da esempio per chiunque voglia contribuire attivamente. Siamo aperti a chiunque abbia veramente a cuore le isole. Non per un profitto, ma per una redistribuzione di questa ricchezza che non è solo materiale, ma è anche spirituale.
Cosa dovrebbe fare un lettore interessato a collaborare con voi?
Al momento le attività sono sospese per riprendere il 20 agosto, con presentazioni e altre iniziative. Chiunque volesse può contattare me all’inidirizzo: [email protected]. Chiunque può intervenire non solo economicamente, ma anche con idee, iniziative e soluzioni sostenibili. Per aiutare queste isole a risplendere come meritano di splendere.
Purtroppo al termine associazionismo si collega spesso l’idea di un organo politico. Il rapporto associazione/politica/contributo/finanziamento caratterizza il modo di intendere le associazioni dalle nostre parti. Voi come vi comportate in merito?
La domanda che più spesso mi viene rivolta riguarda proprio la provenienza dei fondi. Per il tipo di associazione che abbiamo creato non possiamo ricevere fondi né dalla Comunità Europea, né dalla Regione Sicilia. Anche per questo abbiamo deciso di fondare tutto a Londra, proprio per dare un’idea diversa di come la filantropia, fatta da persone che decidono di rendere migliore il luogo che amano, dove vivono e in cui si confrontano, può funzionare. Non è necessario legarsi a un partito politico o aderire a logiche di questo tipo. E noi abbiamo deciso di non farlo.
Londra come vede la Sicilia? C’è un ritorno agli antichi stereotipi fatti di mafia, coppola e lupara?
In realtà quello che va più di moda a Londra riguardo alla Sicilia è Montalbano. Sono più innamorati della nostra architettura e del nostro modo di fare accoglienza, che delle immagini negative. A Londra c’è stata una grande riscoperta negli ultimi anni della Sicilia e sempre più stranieri si muovono verso le nostre terre. Ho trovato proprio un grande amore per la Sicilia, e per le nostre isole. Ricordiamo che Stromboli è il vulcano più amato al mondo. C’è proprio un’idea romantica dietro all’immagine della Sicilia. L’espressione più bella che ho sentito in riferimento alle isole è stata il definirle le isole del cuore. O si amano o si odiano. Se si amano anche le loro difficoltà e i loro difetti è un amore che dura tutta la vita. Chiunque abbia provato questo amore e abbia scelto la propria isola, prima o poi ci torna. E’ qualcosa di unico al mondo. Non è una meta che si visita una volta. Quando c’è l’amore, tornano tutti. Proprio per questo e per restituire una dignità dovuta credo sia compito dei siciliani mantenere la tradizione il più possibile.
Magari una tradizione fatta di architettura, arte, cultura, poesia e musica. Una tradizione da mostrare con orgoglio, i cui testimoni troneggiano ancora oggi lungo le nostre strade, o nelle navate delle nostre chiese, o nei vicoletti di paese. Una tradizione che si può toccare, odorare e assaggiare. Che vive negli odori di una tavola tradizionale, o in un frutteto carico di agrumi. Che risuona nelle eco delle nostre montagne, nelle urla dei pescatori dalla pelle bruciata dal sole. Una tradizione che risplende nei colori dei nostri fondali, nel bianco dei marmi magistralmente incisi. Nel calore delle pietre al sole, restituito nelle notti che odorano di gelsomino. Una tradizione ricordata nelle targhe in marmo che evocano un passato di cui andar fieri. Una storia che ci ha visto protagonisti delle più incredibili vicende. Non certo una storia ridotta a una calamita raffigurante ‘u mafiusu’.
Ma questa è un’altra storia.
Gaia Stella Trischitta