AFFINITÀ E DIVERGENZE FRA ALESSANDRO BARBERO E ME

Che Alessandro Barbero, storico, accademico e scrittore italiano, specializzato in storia del Medioevo e in storia militare non stia simpatico a molte persone è una cosa che non fatico ad immaginare. Più volte negli scorsi mesi le sue dichiarazioni su foibe e Green Pass sono state spezzettate qui e lì per essere brandite come una scure per lanciare anatemi ed invocare epurazioni.

Eppure nonostante siamo già stati abbastanza purtroppo abituati al circo dei clickbait fatto di articoli scritti su non-questioni, non-casi, non-notizie l’abbiamo recentemente visto tramite la spazzatura, non differenziata, su Libero De Rienzo anche questa volta ci troviamo qui.

Sia chiaro che Alessandro Barbero non ha interesse a star simpatico ad alcuno, soprattutto in una determinata area politica, mi sembra ormai più che ovvio oltre che ampiamente condivisibile ma questa volta le sue dichiarazioni raccolgono, ire funeste e difese d’ufficio di chi mi è più vicino.

Cosa avrà mai detto Barbero di così agghiacciante?

Quale tremenda risposta alla domanda “Barbero, arrivando a oggi, come mai, secondo lei, le donne faticano tanto non solo ad arrivare al potere, ma anche ad avere pari retribuzione o fare carriera?“ avrà dato? Basta cercare la risposta.

“Premesso che io sono uno storico e che quindi il mio compito è quello di indagare il passato e non il presente o futuro, posso rispondere da cittadino che si interroga sul tema. Di fronte all’enorme cambiamento di costume degli ultimi cinquant’anni, viene da chiedersi come mai non si sia più avanti in questa direzione. Ci sono donne chirurgo, altre ingegnere e via citando, ma a livello generale, siamo lontani da un’effettiva parità in campo professionale. Rischio di dire una cosa impopolare, lo so, ma vale la pensa di chiedersi se ci siano differenze strutturali fra uomo e donna che rendono a quest’ultima più difficile avere successo in certi campi. E’ possibile che in media, le donne manchino di quella aggressività, spavalderia e sicurezza di sé che servono ad affermarsi? Credo sia interessante rispondere a questa domanda”.

Senza fare la sintesi del Barbero pensiero, cosa che ognuno può fare da sé, credo sia comunque interessante rispondere a questa domanda.

Da sempre i femminismi, i femminismi non geneticamente le femmine, hanno lavorato per mostrare che uno dei problemi della società attuale è che tutte le persone vengono dominate.
Dominate, asservite e sottomesse, per usare una terminologia nota a Barbero, a volontà di altrui, a valori apparentemente tramandati ma bensì imposti di generazione in generazione.

Che “aggressività”, “spavalderia” e “sicurezza di sé” appaiano elementi mediamente meno presenti nell’indole della donna rispetto a quella dell’uomo risulta quindi evidente; basti pensare al modello educativo attuale, un modello educativo che, avviene sia in famiglia che nel mondo esterno, a partire dal rosa e dal celeste come simbolo identificativo di chi è nato passando per i regali fino a giungere al come dobbiamo vestirci, definisce e ingabbia come veniamo allevate e relegate dimostrando cos’è l’emanazione diretta dei valori patriarcali incarnati nel maschio dominante.

La “struttura” di una persona è quindi plasmata nella società capitalistica dalla classe dominante che si cura di far si che determinate logiche vengano interiorizzate nella vita quotidiana, viste come normali e tramandate in ciò che diviso in una logica binaria ormai fuori dal tempo in “per maschi” e “per femmine”.

“Aggressività”, “spavalderia” e “sicurezza di sé” intese come caratteristiche di questa società capitalistica sono quindi caratteristiche di un mondo in cui non c’è spazio per una prospettiva femminista.

Sarebbe migliore un mondo dove fin dalla tenera età tutte le persone di questa società vengono allevate ai valori attuali? Cioè a parità di competenza sono proprio gli elementi individuati da Barbero a determinare il divario che constatiamo potremmo risolvere tutto chiedendo un modello educativo paritario? Tutto ciò renderebbe la politica migliore?

Continuando alla stessa domanda Barbero afferma “Non ci si deve scandalizzare per questa ipotesi, nella vita quotidiana si rimarcano spesso differenze fra i sessi. E c’è chi dice: “Se più donne facessero politica, la politica sarebbe migliore”. Ecco, secondo me proprio per questa diversità fra i due generi”

Lasciando andare il sessismo benevolo di queste parole appare evidente che da una prospettiva femminista è no, più donne non lo renderebbero migliore perché il sistema dominante patriarcale, il quadro generale dove ci muoviamo, non lo è e non lo diventerebbe.

Storicamente le donne al potere non sono state rara eccezione ma, senza entrare in campo storici di cui ho poca competenza, oggi per rispondere a queste domande basta guardare le elette nelle istituzioni; le donne, come abbiamo visto nell’ultima tornata elettorale, sono sempre meno ma quelle che vengono elette salvo rarissimi casi ricalcano totalmente modelli nocivi e portano avanti politiche come i loro colleghi uomini che non cancellano privilegi ma li perpetuano, donne quindi che riproducono in maniera consolidata dinamiche della cultura maschilista.

Come femministe abbiamo più volte ribadito che il punto non è il vago “una donna” che non basta “una donna qualsiasi” a fare la differenza è questo che nel pensiero di Barbero, che ha ampiamente detto che non è argomento suo non emerge, così come non emerge in molti esponenti dei partiti della sinistra italiana che considerano l’attivismo femminista roba minore o peggio ancora qualcosa da brandire senza capacità di analisi in azioni politiche di forma senza sostanza.

Perché le donne faticano ad affermarsi, o meglio perché alcune donne che oggi portano valori di solidarietà, collaborazione e impegno. faticano ad affermarsi?

È questa la domanda centrale alla quale è opportuno rispondere. E su questo che una sinistra degna di questo nome dovrebbe interrogarsi.

Il prof Barbero, con buona pace della folla dei suoi vassalli, è uno che ha sempre dimostrato di sapersi benissimo difendere da solo; in queste ore, alla schiera dei “Barbero è uno dei pochi storici che ha sfruttato la sua notorietà per dedicare lezioni a figure femminili” come se per questo dovessimo costantemente ringraziarlo, rispondo che come si usa un privilegio correttamente l’ha già dimostrato già Fedez e allora sta levata di scudi non l’ho vista.

Essere femministe è difficile in ogni epoca, una lotta che come chi è prima di noi portiamo avanti non con “aggressività” e “spavalderia”, che quando presenti in una donna vengono individuate in “cattiveria” e ” isteria” ma con determinazione e resistenza.

Un cambiamento culturale è un processo lungo, servono quindi cambiamenti educativi, servono compagne coraggiose e servono anche interviste da parte di studiosi che ogni tanto toppano.
La cosa che mi avvilisce e rattrista di più è che vivo in un epoca in cui si identificano ancora come ingredienti del successo “aggressività” e “spavalderia”.
E non è Alessandro Barbero a farlo, è il patriarcato.