Il mercato a Km zero al di fuori di ogni regola, al pari degli altri mercati rionali
In principio furono le organizzazioni dei produttori – in particolare la Coldiretti – a chiedere il consenso per l’utilizzo dell’allora Piazza del Popolo di Messina per organizzare il mercato del contadino. Luogo di incontro tra produttori e consumatori che avrebbe dovuto accorciare la filiera produttiva, con vantaggi economici per tutti, e favorire la diffusione di una maggiore consapevolezza verso la stagionalità e la qualità dei prodotti locali. Fu subito un vero successo, tanto che il consiglio comunale di Messina, su proposta dell’allora commissario straordinario Luigi Croce, approvò con delibera 35/c del 10 aprile 2013 l’istituzione «in via definitiva» di un mercatino settimanale in cui gli espositori potessero «vendere esclusivamente prodotti delle proprie aziende agricole zootecniche, casearie e di trasformazione con l’impegno a certificare la tracciabilità dei prodotti».
Uno spazio di 9 metri quadrati corrispondenti ad un gazebo standard per un numero complessivo di 44 posti, assegnati in via definitiva soltanto il 6 ottobre scorso, poiché in occasione del primo avviso, risalente al mese di ottobre del 2013, soltanto tre istanze arrivarono entro il termine previsto. Una concessione decennale, come specificato dalla determina a firma del dirigente Carmelo Giardina, responsabile del dipartimento Commercio del Comune di Messina, non rinnovabile automaticamente e basata sul criterio cronologico, fermo restando il possesso di alcuni requisiti.
Un vuoto di diciotto mesi tra l’istituzione del mercato del contadino e l’assegnazione degli stalli, nel corso dei quali gli espositori hanno preso possesso di Piazza Lo Sardo, evidentemente senza averne alcun titolo. Molti agricoltori lamentano una carenza di controllo da parte di Palazzo Zanca, con il risultato che la domenica alle sei del mattino, inizia il Far West. Una corsa per accaparrarsi i posti migliori, perché altrimenti si rischia di finire in seconda o terza fila. O sotto gli alberi a ridosso della zona di transito delle automobili, come l’imprenditrice Anna Maria Franchi, prima nella graduatoria per l’assegnazione delle postazioni. Talvolta gli animi hanno rischiato di surriscaldarsi troppo. Anche perché, come mostrano le foto scattate due settimane fa, la differenza con gli altri mercati rionali è davvero sottile.
C’è chi vende uccellini, statuette ed immagini sacre o calze e mutande esposti su qualche pallet. Ci sono i “rigattieri”, i missionari e chi vende cozze su un traballante tavolino di plastica, in barba ad ogni elementare norma igienica. Anche l’occhio meno esperto nota la presenza, su alcuni banconi, di prodotti non stagionali, di una abbondanza e diversificazione che fa pensare più ad un rivenditore del mercato “classico” che al contadino di provincia. Ed i prezzi? Gli espositori sembrano non far fede al regolamento, che dovrebbe impegnarli «ad applicare prezzi di vendita inferiori ai prezzi medi di mercato» come mostrato dalle zucchine a quota 1,60 e dai pomodorini a 3 euro al chilo.
Insomma, il “mercato a Km zero” soffre di tutti i limiti propri di ogni altra realtà rionale. Innanzitutto, la carenza di controllo da parte degli organismi preposti. E mentre si perde l’ennesima occasione di agire con responsabilità, sotto i portici che abbracciano Piazza Lo Sardo prolifera l’esposizione di quadri ed oggetti di artigianato hobbystico, tra una serranda abbassata ed un’autorimessa, evidente segnale che la città necessita di spazi comuni, la cui fruizione va comunque garantita nella legalità. E questa non è che la punta dell’iceberg.
Sintesi: Un vuoto di diciotto mesi tra l’istituzione del mercato del contadino e l’assegnazione degli stalli, nel corso dei quali gli espositori hanno preso possesso di Piazza Lo Sardo, evidentemente senza averne alcun titolo. E la situazione non sembra migliorare.