Alla ricerca del Dna

di Rino Giacalone

Stavolta cominciano a raccontare l’ulteriore udienza del processo che davanti la Corte di Assise di Trapani si sta celebrando per il delitto di Mauro Rostagno, riferendovi quello che è accaduto fuori dall’aula, a Trapani, in una delle stanze del vicino Municipio, anzi nell’ufficio più importante, quello del sindaco, il generale dei carabinieri Vito Damiano. Ieri, 5 giugno, eravamo alla 52 ma udienza di un dibattimento che è cominciato nel febbraio del 2011. Due imputati alla sbarra, due conclamati mafiosi, e mafiosi di rango, non mafiosetti: il capo mandamento di Trapani, Vincenzo Virga, soprannominato il “coccodrillo” per la fame di appalti e soldi che aveva quando era libero e divideva lo stesso soprannome con i figli, Franco e Pietro, adesso a piede libero; l’altro imputato è Vito Mazzara, “un pezzo di storia” della mafia trapanese, così sono stati ascoltati dire di lui altri mafiosi, Vito Mazzara era un sicario d’eccezione, abile nell’uso del fucile, era campione di tiro a volo, sparava per conto della nazionale azzurra, si esercitava andando a sparare ai “cristiani” (non nel senso religioso del termine ma secondo il dialetto siciliano “cristiano” sta per persona), e spesso andava a sparare insieme a Matteo Messina Denaro. Mentre nell’udienza si discuteva di nuove perizie e si ascoltavano altri testi, la cronaca più avanti, a Trapani città prendeva forma la notizia che il sindaco-generale Vito Damiano aveva deciso di rifiutare il patrocinio, prima economico e poi gratuito, chiesto dal centro di produzione che ha realizzato un video dedicato a Mauro Rostagno, “Sanatano” il titolo, dal nome che Rostagno si era dato quando visse l’esperienza arancione in India. Un video realizzato con la regia di Federico Zanghì, autore, Andrea Ossino, co-autore Diego Gandolfo e prodotto dalla Cooperativa Memento, video finalista al festival internazionale del giornalismo di Perugia. Al sindaco-generale Damiano la cosa non piace, sostiene che i patrocini vanno conferiti ad iniziative di altro genere, magari a quelle iniziative che portano turismo. Qualcuno si è scandalizzato per il “no”, a pensarci bene il sindaco-generale è perfettamente coerente, parlare di mafia fa male alla città, spaventa i giovani e gli studenti. Secondo noi ha ragione, non nel senso che spaventa, la mafia piace e serve: se non fosse stato per la mafia in un battibaleno non si sarebbero spesi 100 milioni di euro per il porto, litoranea nord e funivia ancora sarebbero da costruire, per non parlare dell’aeroporto che servì a sancire la santa alleanza tra i mafiosi di Trapani e quelli di Catania, e con gli esempi potremmo continuare, per chi ha voglia e pazienza rimandiamo alla lettura di una decina di sentenze pronunciate dai Tribunali di Trapani, Marsala e Palermo, dove ci sono una sfilza di opere pubbliche realizzate, o quasi realizzate, grazie alla mafia. Sia conseguente il sindaco-generale Vito Damiano, ritiri la costituzione di parte civile della città dal processo per il delitto di Mauro Rostagno, quantomeno quando si parla di questo processo non si parla della città di Trapani che si è sentita danneggiata dal delitto!

Andiamo all’udienza. Torniamo in aula. Primo adempimento è stato di grande rilevanza. La Corte di Assise ha spiazzato le parti e conferito tre incarichi di perizia, dattiloscopica e per la ricerca del Dna. Un esame sui reperti trovati sul luogo del delitto che in minima parte era stato condotto ma non aveva portato a nulla. E però il presidente Pellino leggendo l’ordinanza ha annotato che dal 1988 ad oggi le tecniche di indagine di questo genere si sono evolute, per cui “perché non tentare”? L’esame riguarda l’imputato Vito Mazzara, presunto esecutore di questo delitto, certo esecutore di altri omicidi. Seduta stante con il consenso dell’imputato gli è stato prelevato quanto occorrente per estrarre il suo Dna. Lunedì cominceranno le operazioni peritali, a fine settembre i periti porteranno in aula il risultato del loro lavoro su Dna e impronte. E’ stato sentito poi il perito dott. Enrico Russo che ha eseguito i sopralluoghi per le strade di Lenzi e sulle piste degli aeroporti (chiusi) di Chinisia e Milo. Misurazioni, vegetazione, possibilità di atterraggio di velivoli, ipotesi su vie di fuga dal luogo del delitto. A Milo e Chinisia ancora oggi, come nel 1988, si poteva atterrare e decollare, dall’incrocio di Lenzi dopo avere ucciso i killer potevano ben andare via, e raggiungere quella cava dove bruciarono l’auto usata per scappare dopo avere ucciso Rostagno. A seguire è stata la volta di due investigatori, il vice questore e capo della Squadra Mobile di Trapani, Giovanni Leuci, e il capitano Pierluigi Giglio, del nucleo operativo provinciale dei carabinieri. Hanno lavorato su accertamenti disposti dalla Corte. Leuci in particolare su quello che riguardava le indagini sulla loggia massonica segreta Iside 2. Rostagno se ne interessava, fece addirittura due deposizioni in sede di indagini preliminari, verbali che sono rimasti dimenticati per anni. In uno di questi verbali si fa riferimento ad un dentista o odontotecnico trapanese, tale dott. Gianquinto, che frequentava per ragioni del proprio lavoro la Saman, il dott. Leuci ha fatto rilevare che si tratta di un soggetto presente negli elenchi della loggia massonica di Trapani, quella segretissima dove dentro c’erano mafiosi, politici, burocrati, colletti bianchi, tutti massoni. Non va dimenticata la circostanza che Rostagno si era messo a muoversi incontrando gran maestri e massoni trapanesi quasi che fosse stato indirizzato da qualcuno che ne sapeva tante di cose. Leuci ha anche riferito di un editoriale di Rostagno nel quale raccontava di quell’incontro ravvicinato tra un operatore della Tv, Rtc, e il boss ora deceduto Mariano Agate, che a Rostagno le mandò a dire senza peli sulla lingua. Il capitano Giglio tra il materiale prodotto ha anche portato l’ordine di servizio del 26 settembre 1988 redatto da due carabinieri della stazione di Napola che furono i primi ad arrivare sul luogo del delitto, avvertiti dalla chiamata di un loro collega che a sua volta disse loro che un certo signor Scalabrini aveva chiamato in caserma per dire che vicino la Saman si erano sentiti dei forti colpi di arma da fuoco. A verbale il carabiniere che chiamò la pattuglia aveva invece detto che aveva ricevuto una telefonata anonima. Insomma altre discrasie da risolvere. Prossima udienza la Corte cercherà di sentire i carabinieri e il medico Gianquinto. Ma non solo loro. Anche, su richiesta della difesa di Vito Mazzara, avv. Vito Galluffo, gli agenti dei servizi segreti che hanno redatto l’informativa trasmessa alla Corte dì Assise su Gladio e altro, sull’intelligence presente in quegli anni a Trapani. La loro però sarà una audizione a porte chiuse.

L’udienza non è servita solo a questo. La difesa di parte civile, avvocato Carmelo Miceli, che rappresenta Chicca Roveri e Maddalena Rostagno, ha consegnato alla Corte la perizia balistica di parte. Ci eravamo lasciati con l’esito della super perizia conferita dai giudici al maggiore Paniz e al perito Gatti, che però non ha portato a novità se non sancire l’impossibilità (ma poi si è scoperto che qualche accertamento ulteriore poteva essere fatto) di stabilire coincidenze tra le cartucce e i bossoli presenti sulle scene dei crimini delittuosi attribuiti all’imputato Mazzara con quelli rinvenuti sul luogo dell’omicidio di Mauro Rostagno. Unica cosa che è stata confermata quella che le cartucce usate erano frutto di una preparazione “fatta in casa”, insomma caricamento operato da esperto. Il consulente di parte civile, dott. Gianfranco Gucci argomentando ha concluso facendo notare alla Corte di Assise “che l’esame condotto dai super periti avrebbe dovuto essere ben più approfondito in ordine al raffronto tra i reperti afferenti al caso omicidi ario” e di “ritenere indispensabile ripetere ed arricchire l’esame comparativo”. Viceversa: “ogni possibile “verdetto tecnico” rimarrà viziato da una determinazione non certa”.