La nostra rubrica prosegue presso Campo Italia, ex base militare, divenuta discarica abusiva e luogo dove le mandrie si fermano accanto all’amianto.
Nzivati, lordi e maleducati. Queste sono solitamente le parole per indicare i messinesi che perseverano nella consuetudine di creare discariche urbane. Nel nostro viaggio stiamo raccontando quanto non siano soltanto i comuni cittadini ad essere gli autori di queste discariche tra le strade della nostra città. Difatti, raramente il messinese medio si intenderebbe di smaltimento dell’amianto. Mentre è più probabile che gli autori di queste discariche, di questi moltiplicatori di tumori, siano imprese edili, imprese fai-da-te che per risparmiare, per non rispettare il bene comune, hanno deciso di scaricare con furgoncini decine di tonnellate di lastre di eternit.
De Bello Messenensi.
Il Sindaco di Messina, Cateno De Luca, da qualche giorno ha intrapreso con fermezza e vigore la sua crociata contro gli nzivati che abbandonano rifiuti urbani negli angoli della nostra città. Ma, ormai, la cittadinanza ha compreso esplicitamente il perché delle sue crociate. La finalità di ogni sua azione è rivolta al Palazzo d’Orleans. La nostra redazione lo aveva già previsto nell’aprile del 2020, quando De Luca aveva deciso di intraprendere la mansione da sceriffo, bloccando macchine e cittadini alla Rada San Francesco.
Oggigiorno, la battaglia di De Luca si presenta con chiaro buon senso: ri-educare i cittadini alla raccolta differenziata. Nella consuetudinaria diretta del mattino di lunedì 21 giugno, il Sindaco De Luca ha ammesso che ci vorranno circa quattro mesi per stabilizzare la raccolta porta a porta. In questa maniera, entrerebbe a pieno regime soltanto dall’ottobre 2021.
Mentre in città si consuma l’ennesimo bellum messanensis, sui Colli Peloritani, sulle spiagge della periferia continuano a proliferare le discariche abusive.
Campo Italia:
In questa puntata della rubrica “Ambiente. Messina e il cancro destinato ai nipoti” ci rechiamo a Campo Italia, località che sorge tra l’Annunziata e Portella Castanea.
La strada che ci conduce alla località è lunga circa cinque chilometri in salita dalla rotonda dell’Annunziata. Cinque chilometri sullo scenario dello Stretto, una visione idilliaca che permette di osservare chiaramente il promontorio calabrese e l’increspatura del mare. Giunti sulla strada semi-sterrata che collega la Strada Provinciale 44 a Campo Italia è possibile ammirare già i rifiuti speciali che ritroveremo più tardi.
Da ex base militare del comando logistico dell’esercito, Campo Italia si è trasformato in un quartiere abbandonato. Dentro i casermoni, nascosti dalla vegetazione, è possibile ritrovare qualche opera di street art e qualche graffito che testimonia il passaggio di un rave party. Le furono torrette di avvistamento non hanno più le scalette. Restano lì a sorvegliare le mandrie, i pascoli di animali che giungono sino alla ex base.
Le mandrie non trovano, però, né erba da brucare né un prato verde sul quale distendersi, ma soltanto cemento e spazzatura.
Il primo complesso di stabili dell’ex base militare, probabilmente l’ex sanatorio, è infatti inondato dai rifiuti provenienti da un trasloco. Un trasloco vasto, carico di mobili in stile simil barocco, di giochi, quaderni di scuola con ancora il nome del diligente alunno, vestiti di una bambina. Vite intere abbandonate nell’horror vacui di una metropoli. Dove si potrebbe creare un punto aggregativo per i giovani, attività imprenditoriale, una città alternativa del ragazzo, invece, si erge nuovamente una discarica diffusa. Probabili assidui frequentatori sono o le ditte di traslochi, data l’ingente presenza di pacchi riportante nomi di varie imprese, o famiglie traslocanti.
Sotto un cumulo di vetri, però, possiamo ammirare nuovamente l’amianto. In questa maniera viene manifestata nuovamente la presenza del futuro cancro, destinato ai nostri figli, ai nostri nipoti.
Il destino di molti altri stabili.
In qualsiasi altra località europea, una ex base militare sarebbe divenuta un luogo della popolazione, un quartiere aperto e culturale. Invece, l’abbandono di edifici socialmente utili è il certo destino di molte strutture della nostra città: come per il Castellaccio, presso Gravitelli, o i numerosi forti umbertini che giacciono alla mercé di nessuno, o per meglio dire, della criminalità organizzata che continua ad usarli come discariche.