Non è facile rompere gli indugi e intervistare una donna che ha subito violenza in famiglia.
Ho di fronte Anna una donna di trentotto anni, alta capelli lunghi di un biondo sfumato, un vestitino semplice ma che esalta il suo bel corpo, sicuramente una donna “desiderabile”.
Mi sta seduta di fronte mi guarda dritto negli occhi con apparente padronanza ma mi attraggono le sue mani, non belle ma curate, che lei continua a tenere intrecciate; ecco l’elemento di chiusura, la porta da aprire per condurre questa intervista.
E’ pronto il caffè e mentre lo beviamo, approfittando di un suo breve momento di distensione, inizio a chiederle:
A che età ti sei sposata?
“Avevo 18 anni quando ho conosciuto mio marito, lui ne aveva 21, ci siamo frequentati per qualche mese poi ci siamo fidanzati, in famiglia. A ventuno mi sono sposata.”
Avete avuto subito dei figli ?
“Si, l’anno successivo ho partorito G., il maschio, e dopo due anni ho avuto Y., la femmina.”
Risposte lapidarie che lasciano poco spazio alla mia intraprendenza. Non è facile trovare un punto di frattura in cui penetrare, ho timore di poter sembrare invadente, fastidioso.
Ma è lei stessa ad iniziare il suo racconto. Adesso lo sguardo non è più diretto, vaga fra gli oggetti del mio studio.
“ E’ cambiato dopo il parto del primo bambino, stava sempre meno a casa, non ha mai condiviso alcun momento della crescita di G., diceva che era compito della mamma. Mi dispiaceva vederlo così distante e così appena G. fu più grande, meno bisognoso della presenza continua, gli chiesi di avere un altro bambino. Pensavo che potesse aiutare a cambiare la situazione: sai, avrei avuto maggiore bisogno di aiuto e speravo che lui mi desse il sostegno necessario”
E non fu così?
“No. Anzi, si allontanò ancora di più. Non che facesse niente di male, lavorava, lui è lattoniere, stava sempre in officina e anche quando non c’era lavoro si tratteneva lì con gli amici. Spesso quando tornava a casa restava a lungo con la tuta da lavoro anche se io gli chiedevo di toglierla, sai per i bambini, non era corretto”
Ma in casa eri da sola con i bambini?
“No, per un periodo veniva mia madre ad aiutarmi, stava molto tempo con me e con i bambini. Poi la malattia di mio padre glie lo ha impedito e io mi sono ritrovata sempre più sola”
Non avevi amiche?
“Si, quelle da ragazza. Ma dopo il matrimonio non ci siamo più frequentate, lui non voleva nessuno per casa e io non avevo tempo per uscire”.
Mi faccio coraggio e tento di entrare al cuore dell’argomento per cui l’ho invitata in studio, mi accorgo che guarda con imbarazzo il registratore posto sulla scrivania e che sembra “puntarla”, lo spengo e lo ripongo nel cassetto.
Da quando iniziano gli episodi di violenza?
“All’inizio non era cattivo con me, qualche volta alzava la voce senza motivo oppure stava tutto il giorno fuori, ma quello che mi dava più fastidio è stato quando ha iniziato a trattarmi come un stupida”
In che senso?
“Mi prendeva continuamente in giro, per quello che facevo e per come lo facevo; diceva sempre che ero una incapace, una “mongoloide”, mi accusava di tutto.
Diceva che io non avevo amiche perché nessuna voleva farsi vedere con me, diceva che non ero capace di tenere in ordine la casa; ma non era facile con due bambini, sempre più esigenti, e poi spesso dovevo aiutare mia madre visto che mio papà stava molto male, è stato a letto per più di tre anni.”
“ I bambini intanto crescevano in questo ambiente, il maschio è stato sempre duro con me mentre la ragazzina ha sviluppato un carattere indipendente, stava spesso fuori e magari andava in officina dal padre per avere qualche soldo.”
“Una volta mi sono sentita particolarmente sola ed ho invitato Manuela, la mamma di un compagnetto di G.”
“Quando è rientrato mio marito lei era ancora a casa, con lei è stato gentilissimo e sorrideva come non ricordavo più, quando lei è andata via ha iniziato a urlarmi dicendo che non era possibile che lui tornando a casa non avesse la libertà di fare quello che voleva. Quando gli ho fatto notare che prima era gentile allora mi ha dato uno schiaffo.
E’ stato violentissimo, mi ha fatto molto male.”
Eravate soli?
“ No c’era anche G. ma non ha avuto nessuna reazione”
E’ stato l’unico gesto?
“ In seguito era sempre scontroso, mi rivolgeva poco la parola, a volte però era carino, gentile, persino premuroso. Però qualche volta era cattivo nei mie confronti, mi dava fastidio il modo in cui mi prendeva in giro, mi faceva sentire stupida e inutile.
A letto “faceva” solo quando decideva lui, una volta gli ho detto che non mi sentivo bene e che avrei preferito di no, ma lui ha “fatto” lo stesso, e poi mi diceva che non ero buona neanche in quello, che non collaboravo”
Crescendo i ragazzi hanno preso una posizione?
“No, G. è sempre stato scontroso nei mie confronti e qualche volta mi ha presa in giro anche lui, la ragazza invece è forte e indipendente.”
Adesso hai in corso una causa di divorzio
“ Si ho trovato la forza di farlo quando ho capito che ero proprio sola, i ragazzi sono cresciuti e mia madre è troppo vecchia, credo di essere una donna che può ancora chiedere una seconda opportunità.
Il divorzio l’ho chiesto io, lui all’inizio si è infuriato, diceva che ero pazza, che sicuramente qualcuna mi aveva messo in testa idee strane, poi ha accettato la separazione ed è andato a vivere in una casa di proprietà della sua famiglia.”
“Ma non ha accettato la consensuale. Dice che non me la merito, dice che ho distrutto lui e la famiglia e che da lui non avrò mai un euro”
Oggi come vivi la tua condizione di donna e di madre?
Le mani tornano a chiudersi, lo sguardo torna ad incrociare il mio, è questa la parte intima inviolabile?
Resta a lungo in silenzio poi mi chiede di non rispondere, resto in silenzio, si alza e mi abbraccia.
Prendiamo ancora un caffè prima di lasciarci, va via senza voltarsi.
Non mi resta che augurarle il meglio, magari sperando che ce lo racconti.
( i nomi e le iniziali sono di fantasia)
Dino Sturiale