Antiche vie per la scoperta di Messina e Palermo

Un diploma normanno del 1089, scritto in greco segnala una “via francigena” nella piana di Milazzo.

A noi giunge in una copia dell’aprile del 1198, in latino, per ordine dell’Imperatrice reggente Costanza d’Altavilla, madre del futuro Imperatore Federico II di Svevia e Sicilia. Il testo propone una donazione, elargita da un cavaliere normanno della corte degli Altavilla, Goffredo Borrello, Signore della Valle di Milazzo, all’Arcivescovo Roberto di Messina e Troina, di alcune terre, chiamate “terras Bucelli“ tra i cui confini si registra appunto la “via francigena” o come avrebbe scritto il diploma originale in greco, “ten odon ten fragkikon“, la via dei Franchi, i … cavalieri venuti dalla Normandia per cacciare i Musulmani e cristianizzare la Sicilia.

Questo diploma ci permette di trovare una testimonianza del periodo alto medievale della viabilità esistente tra Palermo e Messina, che le fonti attestano sia sulla costa sia nell’interno. La via che serviva da collegamento per la costa settentrionale era attestata dal periodo romano e venne denominata “Valeria” dal geografo Strabone, divenendo la più importante arteria dell’Isola, prosecuzione della via Popilia in Calabria e Appia fino a Roma, collegamento diretto dal traghetto sullo Stretto ai porti di Lilybaeum che guardavano Cartagine.

Costruita durante la minaccia delle guerre puniche dal console romano Marco Valerio Levino nel 210 a.C., è di sicuro preesistente e permetteva di collegare le colonie siceliote della costa, così come la via litoranea ionica, chiamata da Cicerone “Pompeia” collegava Messina a Siracusa attraverso le poleis della costa.

Dal controllo di Roma a quello di Bisanzio la via mantiene la sua importanza pur chiamandosi “Basiliké odos“, fino ai nostri cavalieri normanni che la chiamano “strada regia” o per l’appunto “Via Francigena“. Questa via, “per le marine”, diventerà sempre meno sicura a causa degli attacchi saraceni e prenderà corpo la variante “per le montagne” segnando il conseguente spostamento all’interno di una nuova viabilità che collega ancora oggi i centri del versante tirrenico della Sicilia. Nella documentazione moderna, questa via viene chiamata “Regia Trazzera Palermo-Messina montagne” ma ne abbiamo attestazione sin dall’età di Ruggero II, quando Idrisi, il cartografo di corte, nel 1154 nel suo Libro di Ruggero, ne descrive il percorso: Palermo, Termini, Caccamo, Pittirana, Sclafani, Caltavuturo, Polizzi, Petralia, Gangi, Sperlinga, Nicosia, Troina, Maniace e Randazzo. Da qui, si potevano agilmente scollinare i monti Nebrodi raggiungendo il versante tirrenico attraverso Montalbano Elicona, il cui castello nell’età federiciana diventerà patrimonio della difesa di stato, e proseguire per Messina scendendo lungo la marina, nella zona di Oliveri dove è attestato il dromos, o lungo la linea interna, tra i castelli di controllo delle valli fluviali: Novara di Sicilia, Castroreale, S. Lucia del Mela, Monforte, Rometta e infine Messina.

Oppure si avanzava verso lo Ionio attraverso il tratto di via che porta a Moio Alcantara, Castiglione e Francavilla, per giungere alle alture di Castelmola e Taormina e da qui, lungo l’antica litoranea, alla città dello Stretto. Dal 2013 i Cammini Francigeni di Sicilia hanno messo in studio l’antica via percorsa da Ruggero II nel 1115 come da Enrico VI pochi anni dopo per raggiungere Palermo, fino al viaggio dell’Imperatore Carlo V, vittorioso a Tunisi e celebrato nel suo percorso lungo le Madonie e i Nebrodi per congiungere la Cattedrale di Palermo, dedicata a S. Maria Assunta, al Duomo di Messina, anch’esso dedicato alla Madonna Assunta in cielo, dove prese il trionfo prima di tornare in Spagna.

Un cammino unico e continuo, di circa 370 km, in 20 tappe, che unisce le cime innevate delle Madonie ai paesaggi montani dei Nebrodi fino alle vette dei Peloritani, per giungere alla città dello Stretto. Dalle bellezze della capitale della Cultura Arabo-Normanna alle spiagge di Aspra; dai borghi più belli d’Italia di Gangi e Montalbano ai castelli normanni arroccati tra le Madonie di Caccamo, Caltavuturo, Polizzi e Petralia; dai paesi immersi nei boschi dei Nebrodi come Foresta, Capizzi e Cesarò, alla prima capitale del Gran Conte Ruggero, Troina. Si aggiungono altre 3 tappe che da Randazzo portano, lungo la valle del fiume Alcantara e dentro il Parco Fluviale omonimo, a Taormina. Riprendono il percorso storico che permetteva a chi partiva da Palermo di raggiungere la capitale del regno sia verso il Tirreno –via Montalbano– sia verso lo Jonio –via Alcantara.

Lungo la parte madonita del percorso, dal 2017, un progetto di una società di sviluppo locale ha posizionato pali in legno seguendo la segnaletica ufficiale delle Vie Francigene di Sicilia ma spesso l’incuria della gente guasta la segnaletica e per questo abbiamo mappato in sicurezza tutto il percorso con vernice spray secondo le norme di segnalazione del Consiglio d’Europa: segni orizzontali bianco/rossi e il nostro pellegrino francigeno di colore verde.

Per approfondire https://camminifrancigenidisicilia.wordpress.com/