App per ogni cosa. App per fare attività fisica. App per imparare a cucinare, a ballare, a suonare uno strumento o a parlare una nuova lingua. Utili per pagare i conti, fare la spesa o shopping sfrenato on-line.
Insomma, immaginare una vita senza applicazioni risulta davvero arduo.
Ma se ci sono innumerevoli app… sono innumerevoli anche le insidie ad esse connesse. Soprattutto quando si parla di minori.
Internet e minorenni. I pericoli nascosti dalle app
Il rapporto internet – minorenni è da sempre uno dei problemi che spaventa di più i genitori dei cosiddetti “millennials”. I nati nell’ultimo millennio risultano infatti particolarmente capaci nell’uso dei dispositivi elettronici. Programmi, giochi e aggiornamenti sono il loro pane quotidiano. Spesso siamo noi (genitori, zii, nonni) a sentirci limitati mentre ammiriamo quelle piccole dita che esplorano senza difficoltà il mondo del web.
Ma è proprio questa destrezza che deve metterci in allarme.
Tralasciando gli interrogativi su quale sia la necessità di possedere uno smartphone a 8 anni, spesso è triste ammettere che ciò che è socialmente diffuso non può essere assolutamente negato. Ma anche nell’ipotesi in cui la nostra fermezza ci permetta di non lasciare che i minori, o meglio, i bambini, posseggano uno smartphone tutto loro, c’è sempre l’occasione in cui il nostro telefono sia da loro usato per giocare.
Serie interattive. Genitori, attenti a queste app.
Mai come in quest’epoca il termine gioco non può essere associato a una sensazione di tranquillità e sicurezza. Anche quando i giochi virtuali erano esclusiva prerogativa delle consolle, i giochi violenti, con armi e combattimenti sanguinosi, destavano già preoccupazione nei genitori. Le case produttrici si pulivano e puliscono la coscienza con un bollino “contenuti non adatti ai minori” e lasciavano e lasciano ai genitori l’arduo compito di dire no…
Ma parliamo di una insidia ancora maggiore del gioco in cui si devono sterminare zombie, annientare draghi o distruggere villaggi. Parliamo infatti di serie interattive in cui tutto è rappresentato come incredibilmente reale e, soprattutto, familiare.
C’è una bella differenza infatti tra combattere zombie e rimanere incinta a 16 anni senza la benchè minima idea su chi sia il padre…
Ma andiamo per gradi…
Decidi cosa, come e quando. Ma tutto è preimpostato dalla app secondo una morale decisamente discutibile.
Parliamo delle app in questione. Definite meglio “serie interattive”, dedicate a un pubblico femminile e utilizzate soprattutto da bambine. Ebbene sì. No adolescenti, no ragazze. Bambine.
Bambine che vivono una realtà virtuale che si costruisce piano piano in base alle scelte (guidate) che il gioco propone man mano che la storia va avanti.
Ad esempio… Brian ti chiede se vuoi fare sesso con lui nello spogliatoio: a) accetti b) dagli uno schiaffo
All’inizio del gioco si ha a disposizione un tot di crediti. Sotto forma di monete, diamanti o altre allettanti cosine luccicanti. Questi crediti servono per “acquistare” particolari abiti, pettinature o per “scegliere” le varie opzioni che la storia propone andando avanti. Ovviamente, questi crediti sono limitati e, per averne altri, si devono acquistare. Questa volta con soldi veri. Per avere, quindi, l’abito più bello o il bacio del ragazzo più sexy della scuola (e dicendo bacio si è voluta indicare la soluzione meno peccaminosa) si devono necessariamente acquistare nuovi crediti. Pensiamo all’eventualità in cui il nostro conto paypal sia aperto sul nostro telefono e, come spesso accade, non ci sia la password per garantire pagamenti più veloci…
Primo passo… l’avatar
La giocatrice sceglie un suo avatar. Capelli, occhi, colore della pelle. Abiti. Qui inizia a suonare il primo allarme.
Abiti da sgualdrina per andare a scuola
La scelta fra gli abiti che il nostro avatar può indossare è molto vasta. Singolare come la scelta base, quella cioè che non implica l’utilizzo di crediti, sia anche quella meno allettante. Le altre scelte vedono abiti a dir poco succinti, con le forme in vista e tacchi vertiginosi. Minigonne e top scollati per andare a scuola. Rete e pelle per andare al pub. Ricordiamo che le protagoniste delle storie, la maggior parte delle volte, vanno ancora a scuola. Inutile sottolineare come, se la scelta fosse l’abbigliamento base, la reazione degli altri personaggi sarebbe di scherno e quasi disgusto.
Ottimo insegnamento: se non ti vesti da sgualdrina, o non indossi il capo all’ultima moda, preparati ad essere presa in giro. Se indossi jeans e maglietta per andare a scuola… sei out sorella!
Gli argomenti più gettonati: sesso, gravidanza, tradimento
Passiamo alle storie più gettonate. Neanche a dirlo, le protagoniste sono coinvolte in avventure amorose degne del migliore sceneggiatore di soap opera.
Ragazze che iniziano il college con l’obiettivo di “liberarsi della maledetta verginità“. Ragazzine che cominciano la scuola iniziando avventure amorose con il belloccio dell’ultimo anno, per poi rifiondarsi sul primo amore e scoprire di aspettare un bambino, non si sa da chi. Le opzioni presentate dalla app, infine, sono sempre le stesse. La storia è guidata affinchè ogni scelta porti comunque alla stessa conclusione. E più eccitante è, meglio è.
Pericolosi modelli di vita
Molti potrebbero obiettare che si tratti solo di giochi. Che la realtà è ben diversa. Certo risulta difficile credere che un genitore lasci che la figlia di 13 anni vada a scuola con il tacco 12 e la minigonna di pelle con le autoreggenti di rete. Ma il pericolo nascosto non è questo. Il vero dramma è che le bambine che utilizzano queste app “costruiscono” una vita alternativa seguendo modelli ben lontani dalla comune decenza. La realtà da loro “vissuta” e “costruita” sarà inevitabilmente proiettata sulle scelte di ogni giorno. I valori della vita vera saranno pericolosamente contaminati da quelli vissuti nella loro realtà alternativa.
Il tutto nascosto nel palmo della mano.
Alla pericolosità della contaminazione dei valori, aggiungiamo che tutto questo mondo alternativo, ma paurosamente reale, è gelosamente nascosto dentro il palmo di una mano, e non sullo schermo in salotto. Non è in bella vista. Le scelte fatte non sono visibili. Sono nascoste fra le mani, sotto le lenzuola prima di addormentarsi. Non sono barbie con cui giocare a voce alta….
Valori quali la famiglia, la verginità, l’amicizia rischiano di essere ridotti a mere “scelte”.
Ma nella vita vera… non c’è il tasto “ripristina”. Alcune scelte non potranno mai essere disinstallate…
G.S. Trischitta