Appropriamoci del nostro teatro

Le scelte legislative che i governi nazionali hanno operato negli ultimi anni, orientate al riordino dei conti, all’interno della crisi strutturale di carattere finanziario, stanno determinando ciò che era ampiamente previsto da tutti. L’avvio del federalismo, con la responsabilizzazione economica dei livelli istituzionali territoriali mette in seria difficoltà le popolazioni regionali più impreparate ad affrontare la rimodulazione dei trasferimenti tra governo centrale, livelli regionali e enti locali. Possiamo lamentarci quanto vogliamo ma la condizione è questa e sembra al momento irreversibile. Dobbiamo prenderne atto ed organizzarci, perché i soldi non ci sono. Siamo solo all’inizio di un lungo e doloroso percorso.  Vivere le questioni locali senza questa consapevolezza non ci consente di mettere a fuoco il vero problema della comunità messinese, costretta a rincorrere le gravissime emergenze che stanno deteriorando in modo grave il già precario tessuto economico e sociale locale, affidato al terziario e totalmente privo di tessuto economico industriale o di altra alternativa significativa. A questo si aggiunge l’impreparazione o la negativa impostazione culturale e di metodo della politica che tende a controllare il territorio e a non progettare concretamente le possibili soluzioni che rispondono, oggi più che mai, alla scienza dell’economia, nelle condizioni date, e non alla scienza dell’opportunismo politico. Anche nelle vicende del settore dello spettacolo, al pari degli altri settori (infrastrutture, trasporti, servizi, scuola ecc.)  si vivono queste dinamiche. Da anni il mondo della cultura, dello spettacolo, dell’editoria (della produzione e della distribuzione) sono messi alle corde dal continuo tentativo di sottrarre risorse economiche per destinarle diversamente. Poi, purtroppo, osserviamo come vengono distribuite. Tutto ciò sta determinando il rischio del crollo del sistema, inadeguato a sostenere l’onda d’urto della più grave crisi finanziaria mai vista nelle società moderne.Le vicende locali tutte sono assoggettate a queste dinamiche. Anche noi, la città di Messina, il suo territorio, condividiamo il rischio di essere investiti dal crollo, (che è lì, ad un passo, non ce ne accorgiamo ?) del nostro sistema, già ampiamente reso precario da anni ed anni di controllo del territorio, in totale assenza di visione e di progetto. Si applichino queste riflessioni alle vicende del Teatro Vittorio Emanuele, teatro governato dagli equilibri della politica, che storicamente ha messo in secondo piano l’attenzione e la preminenza delle Politiche di sviluppo imperniate sui riferimenti del “bene comune”.  Quanti consigli di amministrazione e commissari si sono avvicendati, senza risolvere un solo problema? A contarli ci confondiamo. Quali politiche di sviluppo imprenditoriale e di presidio sono state fatte ? Iniziative sporadiche,   la sopravvivenza … e basta!   Quello che ieri bastava, oggi non è più sufficiente. Il malato sta morendo. Ed allora bisogna correre subito tutti i rischi possibili per salvare il malato. Oggi. Subito. Non c’ è più tempo. Non c’è il tempo di discutere.  E’ troppo facile fare i “combattenti per la libertà” senza assumere la responsabilità del ruolo, senza capire in che contesti stiamo vivendo. Se il malato sta morendo, chi può fare oggi gli ineludibili interventi immediati, e come li deve fare?  Chi oggi è sul pezzo  e cioè, l’attuale Assessore al turismo ed allo spettacolo, l’attuale Sindaco, l’attuale Presidente della provincia, l’attuale CdA del Teatro, la Deputazione all’Ars, gli attuali ruoli sindacali.  La nostra richiesta è quella che la l’Assessore Regionale convochi  un tavolo dove si pongono le questioni fondamentali, dove si dividano i compiti tra tutti i soggetti aventi ruolo, identificando tempi ed azioni.Non sono assolutamente accettabili le cose che tutta la Città ha visto. Non è accettabile l’assordante silenzio della deputazione messinese all’ ARS.Non è accettabile, da parte dell’Assessore Tranchida, mentre è nel ruolo di governo e quindi direttamente o indirettamente soggetto attivo nella riduzione del contributo regionale, puntualizzare che il 20% del contributo deve essere utilizzato esclusivamente per la retribuzione degli orchestrali, i quali certamente hanno pieno diritto alla stabilizzazione, ma nella condizione di esistenza e di vitalità del Teatro, che tutti dobbiamo pretendere. E come si fa a farlo vivere se si attuano le disposizioni dell’Assessore Tranchida negli attuali contesti ? In parole più immediate “prima riduci i soldi e poi mi obblighi ad accendere un mutuo che assorbe quello che resterebbe per fare il lavoro, mettendo in crisi totalmente tutta la già precaria condizione dell’Ente”.Viste le oggettive  difficoltà nel dirimere le questioni relative a pianta organica e tabelle di equiparazione, ben venga la determinazione, pur tardiva, dell’Assessore Tranchida di nominare un “commissario ad acta” per la risoluzione del problema. Ricordiamo che in una certa fase del contendere, recentemente, con la sospensione non dichiarata ma praticata delle relazioni sindacali tra ente e OO.SS. è stata proprio la Fistel Cisl a chiedere pubblicamente l’intervento e mediazione dell’Assessorato Regionale. Era una richiesta di mediazione, non la sponda per far prevalere un equilibrio sull’altro in ordine alla contrapposizione tra un gruppo ed un altro, così come si è manifestato, nelle evidenti diatribe affidate alla carta stampata. La questione centrale è la vita del Teatro e della cultura a Messina, non la guerra tra appartenenze politiche o di altra natura. Altro che appiattimento della Fistel  sulle posizioni del CdA, come da qualcuno, con provvidenziale attacco di amnesia,  platealmente asserito. La Fistel tutta e la Cisl tutta hanno le idee ben chiare. Possono non piacere, certo, ma le posizioni e le idee sono ben chiare, che siano di dominio pubblico o meno. Nessuno immagini  che questa materia (pianta organica ed equiparazione), affidata al “commissario ad acta” possa essere trattata senza prima mettere al centro, proteggendo, i lavoratori tutti del Teatro, la loro storia, la loro dignità e le controversie che sono stati costretti a sopportare in un quindicennio di provvisorietà. Non sono accettabili le evidenti instabilità del CdA, che si è contraddetto, nel balletto delle dichiarazioni in merito alla definitiva delibera di sospensione delle attività programmate sino al 31/12. Tale instabilità, ampiamente visibile ma non spiegata, lascia il senso della precarietà e della debolezza, la stessa che ha generato e genera continuamente la preoccupazione, giustificatissima, del fronte sindacale e dei lavoratori.Non sono accettabili le latitanze del livello comunale e provinciale. Si, nel tempo, il Comune o la Provincia possono affermare che hanno fatto questa cosa, quell’altra, niente, domani….!  Ma noi siamo di fronte al problema di una galoppante crisi culturale e del crescere della dispersione sociale nei rivoli dei tipici rischi che trasformano le città in “favelas”.  I pochi strumenti disponibili devono essere utilizzati. La cultura e l’aggregazione sociale, intorno a teatro, musica e spettacolo, sono uno strumento formidabile, ma in questa città abbandonato a se stesso e reso inefficace. Noi chiediamo al Sindaco, al Presidente della Provincia, ai rispettivi Consigli di elaborare un piano, offrendo spazi e ambienti, certamente quelli possibili, che consentano alle compagnie teatrali in sofferenza, a gruppi di giovani che si avvicinano alla musica la possibilità di aggregarsi e di crescere nella formazione personale e  artistica. Chiediamo di creare un coordinamento tra le compagnie teatrali che sembra non abbiano eredi, chiediamo di mettere a disposizione un luogo (per es. il Teatro in Fiera, una tensostruttura, o altro), offrirlo come luogo condiviso a molti aspiranti artisti, collegare questi spazi progettuali praticabili alle politiche scolastiche cittadine, promuoverle e sostenerle, questo è un progetto politico e sociale con la P maiuscola che interviene efficacemente e in modo propositivo nell’ambito della dispersione culturale che si sta insinuando in una gran quantità di giovani. Non servono risorse straordinarie per mettere insieme persone  e progetti culturali, c’è solo bisogno di attenzione e di volontà. E cento euro.  Ed invece di lamentarci continuamente per quello che non c’è o non si fa, realizziamo questo o altri progetti tutti insieme, per noi stessi e per i nostri figli, unendo le bandiere nella consapevolezza che il protagonismo dell’appartenenza è il danno per eccellenza della nostra Città e che il vessillo messinese sovrasta tutti gli altri.La “Notte della Cultura” è un ricco evento che, da cittadini prima e da addetti al settore poi, apprezziamo con senso di gratitudine per chi lo ha concepito e realizzato. Riteniamo di dover estendere come “modus vivendi” dell’intera città e della provincia tale metodo progettuale, tendendo a renderlo costante e diffuso il più possibile. Come anche la recente pregevolissima iniziativa dell’Istituto Archimede al Palacultura con la manifestazione “Archifestival” che ha coinvolto gli alunni dell’istituto in una esperienza ricca e apprezzatissima dagli stessi ragazzi. La cultura è vita.  Il Teatro Vittorio avrebbe in questo contesto la possibilità di sviluppare il suo ruolo di promozione, di competente orientamento e guida di un processo culturale necessario nel nostro territorio, che non può prescindere da luoghi, ambienti, capacità organizzative ed artistiche e persone. Non vorremmo assistere più, come tutti, al triste fenomeno degli artisti messinesi, dei nostri giovani più in generale, che con tristezza sono costretti a sviluppare le loro arti e le loro identità professionali in altri territori.  Proponiamo all’ Assessore di organizzare un coordinamento ed una politica regionale dei Teatri. Tutta la Fistel e la Cisl siciliana sosterrebbe tale scelta e certamente anche le altre OO.SS..Proponiamo di creare un Task-Force in uno con le Responsabilità territoriali del settore  che orienti le produzioni artistiche nell’ottica di ridurre e distribuire i costi, con compartecipazione proporzionata dei vari territori interessati, a partire dal Bellini e dal Massimo, coinvolgendo tutte le altre realtà artistiche siciliane,  condividendo e sostenendo pienamente la visione proposta da Egidio Bernava (attuale Presidente dell’Agis siciliana). Proponiamo al CdA del Teatro di annullare la procedura di mobilità per la nomina del Direttore Amministrativo, incarico oggi temporaneamente assunto dal Sovrintendente Prof. Paolo Magaudda, a cui rivolgiamo il fermo invito di cessare le polemiche e le prese di posizione con giovani incolpevoli (che al più, sbagliano modo di esprimersi per inesperienza, in questo mondo di rapaci), costretti a dover sopportare le conseguenze di ciò che noi  anziani generiamo. Il ruolo di Direttore Amministrativo può e deve essere identificato all’interno del Teatro,  applicando, come è consuetudine in modo tardivo (la colpa non attiene a chi se ne lamenta, ma a chi ha la responsabilità della conduzione dell’Ente) le determinazioni della legge 10/2000 che prevedono l’adozione di un regolamento di attuazione per mezzo del quale va operata la riorganizzazione della struttura, con l’identificazione dei responsabili dei vari settori. Responsabili che sono gli stessi che negli anni hanno consentito e lavorato per la crescita di questo Ente, ai quali possono e devono essere riconosciute posizioni organizzative, senza alcuna necessità di doverle cercare in altri lidi, a caro prezzo e con le controversie che accompagnano la selezione.Questo sarebbe il concreto segno dell’inversione di tendenza della politica all’interno delle vicende del Teatro Vittorio. Tali scelte realizzerebbero un risparmio giustificatissimo dalle nuove condizioni economiche. Parliamo di una cifra che a nostro parere si aggira intorno ai 200.000 euro annui solo per la voce Direttore Amministrativo, che messi insieme alla riorganizzazione coordinata della produzione degli spettacoli su base regionale potrebbe, in modo significativo compensare le riduzioni del contributo regionale, non solo quello messinese, ma anche quello complessivo siciliano. Tali quantità di risorse vanno certamente rimpinguate con il ricorso ai Fondi europei. Significa studiare e progettare. Bisogna fare progetti. Bisogna tentare di coinvolgere capitali privati, trovare sponsor tra le banche, aprire relazioni con le Associazioni imprenditoriali, per identificare possibili interlocutori, intensificare la dimensione internazionale del settore culturale. Bisogna mettere in campo ogni ipotesi ed ogni risorsa, non solo economica.Si fa un gran parlare dell’ incidenza economica delle consulenze. Noi sappiamo che vengono utilizzate, ma non sappiamo quali e quante siano, che finalità abbiano. Non evidenziamo questo argomento per avanzare sospetti, unendoci al coro di coloro che vogliono vedere il marcio dappertutto. Ma lo vogliamo sapere, ne abbiamo diritto, oggi più che mai. Vogliamo sapere quali e quanti sono e che motivazione hanno, in modo dettagliato e documentato, per un motivo chiarissimo:  il personale precario sarà messo in sofferenza e sono già in atto i presupposti perché i conti vadano in deficit con il pagamento degli stipendi. Ancora per qualche giorno, non vogliamo associarci al coro di coloro che chiedono le dimissioni del CdA, nonostante le precarietà e le incoerenze osservate, soprattutto perché vogliamo capire se è possibile far ripartire il Teatro, perché ci vogliono coloro che possano dare una svolta progettuale e non lo può fare un commissario, ma sappiamo pure che siamo fuori tempo utile. Se nell’immediato il CdA non darà una sterzata seria, dimostrando la capacità di essere all’altezza della situazione allora non ci sarà alternativa. Dovranno dimettersi perché il lavoro di routine svolto dai ruoli di governo dell’Ente, dovrà essere assoggettato alle stesse dinamiche a cui sono assoggettati i lavoratori, per le medesime motivazioni. Economicità di gestione. Se si va in deficit di bilancio, si eliminano. Il lavoro ordinario potrà certamente essere svolto da un “commissario” rendendo più compatibili la gestione economica con la realtà oggettiva.O forse qualcuno può accarezzare il pensiero che gli stipendi possono essere ritardati mentre, contemporaneamente, vengono elargite le prebende distribuite dalla politica del manuale Cencelli ?  Se il malato va in agonia, ci andrà anche il medico. La scelta è obbligata: bisogna sostenere progetti di convergenza e di sviluppo per non consegnarsi ad una lenta ed inesorabile agonia.
Messina 4 giugno 2012 Fistel Cisl Messina      D. Allegra