La Commissione del Csm sulla magistratura di sorveglianza e l’esecuzione della pena, presieduta dal togato Sebastiano Ardita (A&I), raccoglie il ‘grido d’allarme’ lanciato oggi, nel quadro di una serie di incontri programmati con gli addetti ai lavori, da una qualificata rappresentanza della Polizia Penitenziaria.
All’incontro hanno partecipato i rappresentanti delle maggiori organizzazioni rappresentative che hanno rappresentato il “disagio per i rischi” cui vanno incontro i componenti del Corpo nel difficile compito loro affidato all’interno delle carceri.
“La situazione è insostenibile – hanno riferito molti degli auditi – siamo chiamati a svolgere turni fino a sedici ore, con un burn out elevatissimo e in condizioni nelle quali un solo agente deve controllare da solo fino a cento detenuti.
I suicidi tra al corpo in 6 anni, dal 2013 dal 2018 sono stati 35, ma solo in questo anno sono già a 10. Vengono riportate sulla stampa solo le notizie negative relative a pochi isolati casi di infedeltà ai doveri, ma nulla viene detto dei sacrifici enormi che compie la quasi totalità degli agenti. Sono centinaia le aggressioni e i ferimenti ai danni di agenti. L’altro giorno uno di noi ha salvato la vita a un detenuto affetto da hiv che stava in una pozza di sangue, noncurante del pericolo”, hanno riferito gli esponenti della penitenziaria chiedendo che anche il Csm si facesse carico della loro tutela giuridica e di immagine.
Gli agenti hanno anche lamentato la inadeguatezza dei sistemi di sicurezza, e cioè della disposizione che prevede la indiscriminata apertura delle celle con la conseguente perdita di controllo degli ambienti penitenziari che secondo gli agenti “va a danno dei detenuti più deboli ed è una delle cause dell’aumento dei casi di ferimento ai danni del personale penitenziario”.
Il presidente della Commissione Sebastiano Ardita, che insieme al laico Stefano Cavanna (Lega) era presente all’incontro – nel garantire il “massimo dell’attenzione sul delicato tema” – ha affermato che la Polizia Penitenziaria “rappresenta una risorsa di cui essere orgogliosi come italiani, che nessuna riforma che punti alla civiltà della pena può essere attuata senza scommettere sugli uomini e le donne del Corpo” e che si impegnerà affinché sia “aumentata il più possibile la collaborazione con l’autorità giudiziaria”.