C’è un filo che sembra legare la storia di Bernardo Provenzano a quella del giovane urologo, Attilio Manca. Il punto di incontro è a Marsiglia, per le congetture, per le ipotesi, ma anche per una verità ormai conclamata e consegnata alla memoria di molte inchieste giornalistiche.
Zio Binu, la primula di Corleone, operato a Marsiglia con l’assoluta complicità dei politici di Villabate,sotto un nome meno altisonante e più anonimo, quello di Gaspare Troia, e tutte quelle coperture che hanno permesso al capo dei capi quelle trasferte indisturbate. La storia è già nota. I contorni però un po’ più sfocati, come l’assoluta mancanza di approfondimenti su una morte misteriosa, la cui chiarezza è da più parti ricercata, almeno dalla famiglia Manca e da quella popolata parte della società civile, che, attende con lei. Ma mentre le indagini procedono a singhiozzo, sul fronte dell’informazione una vetrina in questi giorni è stata aperta da Rai News. Ospiti il giornalista dell’Unità Rocco Vazzana, lo storico Giuseppe Casarubbea, il giornalista de Il Fatto Quotidiano, Giuseppe Lo Bianco e il legale della famiglia Manca, Fabio Repici. Rocco Vazzana ricostruisce il periodo antecedente alla cattura di Binu.
Sullo sfondo trattative che avrebbero preso piede già nel 2003, (tramite un personaggio x in veste di mediatore) con richieste di denaro e accomodamenti. Un tira e molla tra la direzione nazionale antimafia e la primula di Corleone, che prosegue ancora nel 2004, con l’aggravarsi di una situazione fisica estenuante, che sfianca il super latitante bisognoso di cure immediate. Momenti certo concitati, gli ultimi da uomo libero. Momenti che lasciano il neo procuratore Pietro Grasso, poco incline a credere alla versione dell’informatore, l’uomo che li avrebbe portati a chiudere una pagina buia della storia italiana. Tuttavia, da questi fatti alla cattura il passo è breve. Bernardo Provenzano si presenta all’opinione pubblica più nella forma dell’agnello che in quella di lupo rapace. Il casolare, la cicoria, l’animo pastorale incline alla preghiera. La magnificenza della mega opera di polizia è in un certo senso “ridimensionata” da Giuseppe Lo Bianco che qualche mese dopo l’arresto ha consegnato i suoi dubbi e quelli di Sandra Rizza, a un istant book “Il gioco grande”.
L’obiettivo è stato quello di andare oltre Il teatrino campestrale, che ha racchiuso l’immagine della mafia, così come non è, non lasciando appunto emergere quello spirito imprenditoriale e la rete delle collusioni ad alti livelli che hanno contraddistinto e contraddistinguono le mire di Cosa Nostra. Dello stesso parere Casarubbea, profondo conoscitore della storia siciliana che dichiara“Quello che si vede sulla ribalta spesso non corrisponde quasi ai fatti obiettivi o come si sono realizzati” “Il legale Fabio Repici in appendice alla trasmissione“unisce”i tasselli:”Io ho certezza che quel giovane brillante urologo, fu ucciso con una messinscena che doveva dissimulare la sua dedizione all’eroina”. Elemento che si lega a Provenzano nel ricordo di quel viaggio che Attilio fece nel cuore della Francia, come ricordato poco dopo la morte dai coniugi Manca. La certezza insomma che Attilio si trovava a Marsiglia nell’ottobre 2003. Il campo si restringe attorno a Barcellona Pozzo di Gotto, ma la verità e la sua ricerca non procede con altrettanto piglio deciso. È la scena di un mondo che non appare nella sua interezza. Piovono verità, bugie, omissioni. Tuttavia, le istituzioni hanno il dovere di restituire la verità senza le troppe ombre che ormai la contraddistinguono, magari così, nel ritaglio del tempo libero tra il primo e il secondo atto di un teatrino che lascia un gusto orrido.