Vi è una città in Sicilia che si è nascosta alla storia, almeno alla storia mafiosa degli ultimi vent’anni. Si tratta di Barcellona Pozzo di Gotto, un paesino di 41 mila anime che è stato il centro di storie criminali, di latitanze clamorose, come quelle di santapaola e provenzano e culla di patti scellerati tra Massoneria e servizi segreti, oggi al centro delle indagini della Procura di Messina che in carmelo d’amico ha trovato il pentito ideale per riscrivere la storia.
Domani gli storici saranno i primi a confermare quello che già oggi emerge chiaramente e cioè che la storia in Italia l’hanno fatta i pentiti con le loro dichiarazione ed è alle loro dichiarazioni che si devono le poche certezze giudiziarie che oggi abbiamo. Dai mandanti agli autori delle stragi del Gen. Dalla Chiesa, di Falcone e di Borsellino oppure sul ventennio di sangue dello stragismo terroristico delle BR e degli altri gruppi eversivi di destra e di sinistra.
Vi sono poi storie che pur essendo intrinsecamente ancorate a Barcellona P G rifiutano il silenzio e sulle gambe degli uomini e delle donne che da anni le portano in giro vogliono riemergere da un sanguinoso passato. Tra queste storie che non si rassegnano all’oblio e all’anonimato di una preannunciata morte per suicidio, dovuta a un’overdose di droga, vi è quella di Attilio Manca. Diciamolo chiaramente, nel 2015 i giochi sono finiti. La famiglia Manca e i genitori, dopo 12 anni di lotta per far riconoscere che quel loro figlio non era un drogato ma un Dottore in urologia che aveva inconsapevolmente curato Bernardo Provenzano, e per questo ucciso, sono stati definitivamente cancellati da un attempato Pubblico Ministero oggi in pensione.
Caparbio e testardo come solo i giuristi di una certa età sanno essere, li ha estromessi dal Processo che si teneva sulla vicenda a Viterbo, rimanendo ancorato alla pista della tossicodipendenza e dello spaccio di droga. Tutto questo senza rendersi conto che nel frattempo la storia, a Palermo, a Messina, a Barcellona P G, stava riaprendo porte chiuse, riportava a galla vecchi fatti e antiche vicende per dargli un taglio nuovo, una luce di verità che non hanno mai avuto prima. (Il Processo Trattativa Stato –Mafia, i processi Ghota e i suoi numeri, il Borsellino quater ecc.) La cosa grave è che non solo ha escluso la famiglia dal processo ma soprattutto, con un colpo di prescrizione, ha cancellato anche l’omicidio e la figura di Attilio Manca, almeno processualmente.
Attualmente, quindi, alla famiglia di Attilio Manca non rimane più niente. Dopo 12 anni si sono ritrovati con le mani vuote e il segno di una pubblica infamia giudiziaria che vuole quel loro figlio tossicodipendente. Le porte della giustizia e della verità sono state chiuse, anche se la storia non è ancora finita. Una nuova speranza di arrivare alla verità sono le nuove dichiarazioni del pentito carmelo d’amico che confermerebbero la pista di bernardo provenzano. Vi è un solo ostacolo, che quelle dichiarazioni che vedrebbero nell’omicidio di Attilio Manca un tentativo di proteggere le latitanza di bernardo provenzano, sono il frutto di un verbale presentato in un Tribunale del Riesame e per questo non potrebbero avere nessuna valenza processuale se non riformulate in un dibattimento o se non oggetto di una autonoma e diversa indagine sulla morte dell’urologo.
Neanche Antonio Ingroia, l’ex P.M del processo trattativa Stato-Mafia che oggi si tiene a Palermo, è riuscito a far cambiare idea al vecchio pubblico ministero Renzi Petroselli. Anzi, il vecchio giurista ha voluto concludere la sua carriera con un colpo di teatro ed ha inviato ad Ingroia un avviso di garanzia per il reato di calunnia, perché in fase processuale aveva dichiarato che l’indagine sulla morte di Attilio Manca era piena di “inerzie e coperture” e con il solo obiettivo di “depistare” l’inchiesta sull’urologo morto.
Non è rimasto altro ai legali che aggrapparsi alle dichiarazioni del D’Amico ed è per questo che i legali della famiglia Manca, Fabio Repici e Antonio Ingroia, hanno già allertato e trasmesso gli atti all’attenzione del Procuratore Generale di Roma Giuseppe Pignatone. Per comprendere meglio questa nuova avventura a cui si appresta la famiglia Manca e riconoscendo il loro diritto alla verità, abbiamo deciso d’intervistare il fratello, Gianluca Manca, attualmente pubblico ministero onorario alla Procura di Barcellona P.G. e uditore per diventare giudice onorario.
Le sue idee sulle nuove dichiarazioni di carmelo d’amico?
Siamo andati oltre le nostre aspettative. In realtà, abbiamo sempre pensato che Attilio fosse stato ucciso per mano mafiosa. Chiaramente, queste dichiarazioni ci fanno ben capire che non si tratta più soltanto di una mano mafiosa o comunque che è stata utilizzata la mano mafiosa per qualcosa di molto più alto della stessa mafia. Qua si parla di Massoneria, di Servizi Segreti e quant’altro.
Si riferisce a quel patto scellerato conosciuto come trattativa Stato-Mafia?
“Assolutamente si! Assolutamente si! E’ ovvio, pure se è chiaro, che le dichiarazioni devono essere appurate e bisogna valutare l’attendibilità del dichiarante, cioè di carmelo d’amico, e vedere poi se vi sono riscontri. Peraltro, la cosa principale è che la dichiarazioni sono state rese al “riesame”, nell’ambito di un processo penale e nella sua fase di riesame e quindi non potrebbero essere utilizzate altrove. Bisognerebbe che il d’amico riproponesse le stesse dichiarazioni in un’udienza dibattimentale.”
Infatti, le dichiarazioni del collaboratore carmelo d’amico sarebbero il frutto di un verbale che la Procura di Messina e i magistrati della DDA avrebbero depositato nel corso del processo davanti al Tribunale del Riesame. Oggetto: i rapporti dell’avvocato rosario pio cattafi con la criminalità organizzata di Barcellona PG. rosario pio cattafi, condannato in primo grado con l’aggravante mafiosa e al 41 bis è attualmente libero a causa di una sentenza d’Appello che avrebbe escluso l’aggravante mafiosa. E’ in questo contesto e in quel verbale che il d’amico conferma l’ipotesi secondo cui l’urologo barcellonese venne ucciso nel febbraio del 2004 per le cure prestate al boss bernardo provenzano, durante la sua latitanza in Francia. Ma non basta, perché a detta del d’amico l’omicidio sarebbe stato commissionato dai servizi segreti e lo stesso rosario pio cattafi sarebbe coinvolto.
Perchè nel processo di Viterbo voi siete stati esclusi come parte civile ?
“All’udienza preliminare, la costituzione di parte civile era stata accettata ed avevano rinviato a giudizio la Monica Mileti ( la presunta pusher e spacciatrice di droga). Alla prima udienza dibattimentale, invece, il P.M. Renzi Petroselli ha fatto un’eccezione preliminare, sollevando la richiesta della nostra esclusione di parte civile dal dibattimento perché l’omicidio colposo, da cui si evinceva la responsabilità della Monica Mileti, era prescritto essendo decorsi più di 10 anno dalla morte d’Attilio. Una cosa rarissima e per la prima volta in Italia, dove di solito il P.M ha la stessa linea difensiva della P.C… da sempre. “
Prima d’andare oltre è meglio precisare che nel Processo Italiano al P.M spetta il compito di perseguire i reati e quindi i parenti delle vittime dei reati come l’omicidio diventano persone offese. Se le persone offese vogliono entrare direttamente nel processo e se ne hanno diritto possono costituirsi quali parti civili per ottenere il risarcimento del danno. In questo senso sia il P.M che la P.C hanno lo stesso fine e dovrebbero avere la stessa linea processuale, la condanna del colpevole e il risarcimento del danno.
“All’udienza preliminare il Gup, continua Gianluca Manca, aveva disposto la prescrizione e il rinvio a giudizio. Ma comunque (non solo non ci aveva estromessi) aveva disposto il rinvio per due capi d’imputazione: A) L’omicidio colposo e B) la cessione e lo spaccio della droga come conseguenza della causa principale della morte d’Attilio Manca. Quindi, la seconda imputazione era consequenziale della prima” (In altri termini lo spaccio era conseguenza diretta della morte d’Attilio Manca e dell’omicidio colposo, per questo le due imputazioni non potevano che camminare insieme. Ecco che pur dichiarata la prescrizione per l’omicidio colposo, lo stesso aveva continuato far parte dei capi d’imputazione).
“Però, era ormai prescritto, quindi la prescrizione era stata già dichiarata all’udienza preliminare, ma nel contempo aveva comunque disposto il rinvio a giudizio con la nostra costituzione di parte civile. Ecco che il P.M. alla prima udienza di comparizione sollevava questa eccezione dicendo che essendo venuto meno la prima imputazione noi- familiari- non avevamo più nessun interesse al risarcimento del danno perché dalla semplice e generica cessione della droga non deriverebbe nessun risarcimento del danno. In realtà non è così, perché la giurisprudenza e anche molte sentenze di Cassazione hanno stabilito che seppure ci fosse stato un unico capo d’imputazione – solo la cessione e lo spaccio di droga- la costituzione di P.C. era esclusa in re ipsa. Mentre, se già a monte vi era l’omicidio colposo sia pure prescritto e la costituzione di parte civile era avvenuta ex ante, come nel nostro caso, quindi prima dell’apertura del dibattimento, e cioè all’udienza preliminare, la costituzione di P.C. prosegue lo stesso. Questo è il primo caso in Italia che a fronte dei due capi d’imputazione, omicidio colposo e spaccio di droga, viene esclusa la parte civile”
E per quanto riguarda la vostra posizione di persone offese dal reato? “
No, neanche. Perché il PM, nella stessa occasione, quel giorno stesso, aveva richiesto, per formare la prova in dibattimento, solo l’assunzione dei testi che avevano parlato male d’Attilio, quindi non ha preso in considerazione neanche la possibilità di raccogliere le nostre le nostre dichiarazioni in dibattimento, né come familiari né come persone offese dal reato. Ha indicato come testi solo Ugo Manca e Salvatore Fugazzotto, cioè coloro che parlavano male di Attilio. Quindi, in pratica il P.M ha fatto tutti ciò che potesse essere utilizzato contro di noi dalla difesa dell’imputato, ha fatto le parti dell’imputato e non quelle del P.M.”
Dopo le dichiarazioni del D’Amico, avete la possibilità di poter riaprire la vicenda processualmente?
I nostri legali, Fabio Repici e Antonio Ingroia, hanno trasmesso le dichiarazioni di D’Amico al Dott. Pignatone (Procuratore Generale di Roma) e quindi spetta a lui agire. (Nel frattempo la procura di Messina ha sentito i familiari di Attilio Manca come persone informate sui fatti.)
Perché tutta questa resistenza a Viterbo?
Io penso che la resistenza dettata a Viterbo possa avere due motivazioni: il P.M Petroselli ha preso sin dall’inizio quella linea investigativa e non è voluto più tornare indietro sui propri passi, la seconda ipotesi è quella che tutti noi ci siamo dati e che sopra (le dichiarazioni di d’amico) abbiamo detto. Per il resto, siamo d’accordo nel dire che ci troviamo davanti ad un P.M., Petroselli, di una certa età, superficiale, che ha voluto mantenere la sua posizione sino alla fine. L’alternativa è semplice…e non è neanche il caso di nominarla.
E con riferimento all’attività investigative?
La stessa cosa riferibile al P.M. Già il commissario Gava, che per prima ha seguito il caso di Attilio, in tempi non sospetti, proprio all’indomani della morte di Attilio, nel febbraio del 2004, ha verbalizzato che Attilio nel registro dell’Ospedale dove prestava servizio risultava presente negli stessi giorni in cui provenzano si operava in Francia. Mentre, in realtà, come la trasmissione televisiva chi L’ha Visto 8 anni dopo appurava, Attilio in quegli stessi giorni non si trovava in servizio all’Ospedale. A questo punto la domanda sorge spontanea e le risposte le deve dare lo stesso Commissario Gava. Al momento non è più ispettore di polizia perché con una sentenza passata in giudicato è stato buttato fuori dalla Polizia per aver fatto un falso in atto pubblico in merito alle vicende dell’Istituto Diaz, in occasione del G.8 di Genova.
A suo giudizio suo fratello può essere stato costretto in qualche modo?
Io credo che inizialmente Attilio, e preciso che questa è la ricostruzione che abbiamo fatto noi familiari, non aveva idea e contezza che potesse trattarsi di provenzano. Sicuramente lui lo conosceva come l’anonimo Gaspare Troina, come si faceva chiamare. Probabilmente, forse, a causa del giro di persone che andavano a trovare provenzano successivamente all’intervento, ha intuito che un anonimo Gasparre Troia non poteva essere così considerato da alti personaggi dell’Istituzione ed avrà fatto uno più uno. E nel momento stesso che ha intuito che quel personaggio potesse essere Provenzano, ecco che è scattata la catena alta ed elevata contro di lui che ne ha determinato l’eliminazione. Perché era ovvio che per quanto avesse capito che quello era provenzano, il sospetto che lui potesse riferire a terzi chi era quello, latitante e protetto da personaggi alti che lo hanno portato a Marsiglia, lui diventava una mina vagante che poteva compromettere questi personaggi. La mafia agisce solo per una motivazione, l’interesse economico, ed allora nel momento che questi personaggi aiutano Provenzano hanno un tornaconto, non è che lo fanno senza ricevere nulla in cambio. E’ chiaro che aiutando Provenzano quegli alti personaggi che partivano sicuramente da Barcellona P. G hanno ottenuto dei vantaggi che ancora…notevoli.
E le dichirazioni in merito a Saro Pio Cattafi ?
E’ chiaro che sono dichiarazioni e come tutte le dichiarazioni pervenute da un pentito devono essere riscontrate. Io non voglio attaccarmi a nessuna speranza, voglio solo attenermi semplicemente a tutto ciò che dai tecnicismi giuridici emergeranno. Pertanto se queste dichiarazioni sono riscontrate e riproposte in sede dibattimentale è chiaro che acquisteranno quel peso che ancora non hanno.
@PG