Giorni bui per l’Università di Messina: di nuovo sulle cronache dei giornali fatti che fanno emergere la tristezza di un apparato burocratico rivolto e aggrovigliato su se stesso, teso solo a limitare i danni di una gestione penosa delle risorse e delle energie positive maturate al proprio interno che, nonostante lo squallore, sono riuscite a dar vita a situazioni nuove, fresche interessanti e coinvolgenti.
E il caso, o forse un tempismo autolesionista, volle che la questione dell’aula ex chimica si risolvesse proprio nel giorno in cui il Genio Civile, ing. Gaetano Sciacca, su invito del Collettivo UniMe in Protesta, era stato chiamato a tenere un seminario su un tema tanto necessario quanto determinante per il futuro della Città di Messina: il titolo “Non si scherza con la sicurezza del territorio”, tema mai affrontato con decisione e coraggio da un’Università ormai prona al volere degli amministratori delegati delle varie imprese del General Contractor Eurolink, ai quali sono stati concessi i locali della facoltà di Ingegneria un tempo realizzati con finanziamenti europei per l’incubatore d’impresa che avrebbero avuto la funzione di portare avanti nei primi mesi di vita, imprese e progetti di giovani neo- laureati. E dalle dichiarazioni ufficiali del Rettore Tomasello sulla necessità del Ponte sullo Stretto si può benissimo intendere la direzione che l’università ha deciso di percorrere: si a Eurolink, no a Sciacca e agli studenti. Sarebbe a dire: si al Ponte e alla massoneria industriale , no alla messa in sicurezza del territorio e allo sviluppo autonomo del pensiero. Si alle imprese multinazionali, no alle Istituzioni pubbliche. In piena concordia con lo spirito della contro-riforma Gelmini.
Nella mattinata di lunedì 4 Aprile i vertici universitari hanno ordinato a qualche povero impiegato di segare e sostituire il lucchetto che teneva chiusa la porta di ex Chimica, autogestita da ben quattro mesi dal collettivo sempre in modo pacifico e responsabile (attività del resto prevista dallo Statuto dell’università, art. 4 comma 2), riempiendo uno spazio morto di una pluralità di incontri, seminari, dibattiti con l’intervento di numerosi studiosi, giornalisti, scrittori e rappresentanti di associazioni (come CESV; UNIONE PER LA CULTURA; MUSEO DEL FANGO; ARCI), istituzioni (GENIO CIVILE), sindacati (CGIL, ORSA), movimenti (RETE NO PONTE). Proprio quel giorno era in programma l’incontro con l’ing capo del Genio Civile Gaetano Sciacca.
Una conclusione molto triste quella voluta dall’Università, con la quale il collettivo era in trattativa ormai da settimane e, nei giorni precedenti a questo atto di inspiegabile autoritarismo, aveva incontrato la prorettrice Rita De Pasquale (poichè il Rettore si era rifiutato nettamente di dialogare con gli studenti) ricevendo assicurazioni su una risoluzione pacifica della questione.
Non che ci si fosse trovati proprio d’accordo sul da farsi: i rapporti, del resto, non erano per nulla idilliaci viste le continue richieste di sgombero da parte del Rettore e la resistenza del collettivo alle minacce verbali di far intervenire la forza pubblica. Il clima cordiale e sereno dell’incontro di martedì 29 marzo tra gli studenti e la prof De Pasquale, però, aveva fatto intendere agli studenti del collettivo che degli spazi sarebbero stati loro garantiti, visto che comunque dall’aula non sarebbero andati via se non in presenza di una contropartita accettabile. Le proposte fatte dagli studenti all’Ateneo furono due : autogestione dei locali dell’ex emeroteca (oggi fuori uso) e co-gestione dell’aula ex Chimica. Il pretesto con cui l’Ateneo ha chiesto lo sgombero è stato quello delle esigenze didattiche della facoltà di Giurisprudenza: la proposta di co-gestione fatta dagli studenti rispondeva proprio a questa esigenza manifestata dall’Unime. Si sarebbero valutate di volta in volta le rispettive programmazioni culturali e/o didattiche e di studenti e facoltà per far vivere entrambe le esperienze nello stesso luogo. Proposta ragionevole, sensata, giusta: sembra quasi anomalo e strano che sia giunta da studenti in “protesta”.
Ma quando i pretesti sono tali e non hanno un corrispettivo in termini di realtà la giustezza di una proposta non viene nemmeno presa in considerazione: è chiaro, dopo ciò che è successo direi è “ufficiale”, che dietro la maschera delle esigenze didattiche si nascondesse l’enorme insofferenza di un Rettore abituato, come un re a corte, a non sentirsi dire mai di “No”, a non ricevere critiche o contestazioni a fare e disfare continuamente tutto, con il beneplacito di una classe docente, per una grossa fetta, ipocrita e complice delle magagne d’Ateneo.
Ma da dove nasce quest’astio da parte del Rettore? C’è un dato emblematico: fino al 15 di febbraio, cioè due mesi dopo la fine delle contestazioni alla legge Gelmini, il Rettore si era letteralmente scordato dell’esistenza dei giovani in lotta che, nel frattempo, avevano iniziato un intenso percorso culturale fatto di una serie innumerevole di seminari , appuntamenti di cineforum e attività di auto – formazione.
Perché il 15 febbraio improvvisamente si ricorda? Beh quel giorno al Senato Accademico si presentavano gli studenti del collettivo a chieder risposta di una lettera inviata a lui stesso: gli studenti chiedevano le elezioni dei 2 studenti membri della commissione di revisione dello statuto imposta dalla legge Gelmini.
La vicenda specifica si concluse con una iniziale approvazione della richiesta da parte del Senato Accademico (e quindi su una temporanea vittoria del collettivo), che ne annunciò anche la data (28 Febbraio) tramite un comunicato del dirigente Cardile. Il giorno dopo il Rettore smentisce: avevano iniziato a protestare anche i docenti e si rischiava un effetto domino che avrebbe travolto le sue strategie evidentemente già pronte da tempo. Quindi alla commissione statuto vengono eletti (forse meglio dire coptati) due fedelissimi: Ivan Cutè e Francesco Campisi. Quest’ultimo, nello specifico, è impiegato nell’ufficio del Rettore e “Grifo” della Sacer Ordo Zammarae Messanae, la Goliardia Messinese, di cui Tomasello è Senatore (detto “Franciscus di Gente Tomaselliana”).
La sera del 15 febbraio, non a caso, giunse la prima richiesta di sgombero: il resto della storia è costellata da trattative semi-privatistiche, minacce di sgombero e dalla incredibile capacità degli studenti del collettivo di resistere anche quando hanno avuto a che fare con la Digos che “consigliava” loro di andar via.
Per gli studenti ovviamente non finirà qui: il seminario con Gaetano Sciacca si è tenuto comunque, su accorato “invito” della prorettrice De Pasquale (“per me potete farlo solo per strada”), sulle scale del cortile del rettorato. A seguire contestazione diretta al Rettore Tomasello nel momento in cui si recava sulla vettura che lo avrebbe poi condotto fuori dall’università.
Mentre il giorno successivo il ricercatore Pierandrea Amato ha tenunto il seminario “Filosofia e Rivolta” nell’androne del Rettorato. Tutto come da programma, anche se “fuori luogo”.
Ma forse i luoghi giusti sono di volta in volta quelli che riescono meglio a veicolare le istanze, le contestazioni e le rivendicazioni di un qualsivoglia gruppo umano che percepisca il disagio e la precarietà della propria condizione presente.
E la storia continua…