Oggi sarebbe stato il compleanno di Attilio Manca.
Il giovane brillante urologo avrebbe spento quarantaquattro candeline. La sua vita però è stata spezzata nove anni fa. Il suo corpo è stato trovato in una pozza di sangue, nel suo appartamento di Viterbo. Ufficialmente: un suicidio. Negli anni questo giovane è diventato nello stesso tempo vittima di mafia non riconosciuta e vittima di una giustizia imperfetta. Oggi, all’interno di un percorso sulla legalità, la parrocchia di Santa Maria del Gesù di Provinciale lo ha voluto ricordare. Attorno alla famiglia si sono stretti quattrocento studenti, per ascoltare la testimonianza di chi ha vissuto un dramma immenso. I contorni della storia- come è noto- non sono ancora stati chiariti, ma l’ombra della mafia si impone prepotentemente. Oggi Angela Manca con le parole strozzate della commozione ha ricordato il giorno in cui ha portato alla luce il suo primo figlio: “Voi non sapete l’emozione che ho provato 44 anni fa. La trepidazione nell’attesa.
La mattina in cui è nato Attilio, mi ricordo che è venuto alla luce con il viso deformato. In pancia stava con il gomito sul viso. Nella stessa maniera è morto. Solo che un pugno al suo volto è stato sferrato”. Il pensiero della mamma di Attilio va poi ai tratti caratteriali del figlio: “Bravissimo a scuola, traduceva diligentemente dall’italiano al latino senza l’ausilio di nessun vocabolario. E poi sempre altruista verso i suoi compagni. Gli stessi che poi come sottolinea ancora Angela: ”sono stati i suoi carnefici, voltandogli le spalle”. La mamma di Attilio pensa a suo figlio che non c’è più, ma è grata a tutta la società civile che si è stretta attorno alla sua famiglia, facendo nascere, -nonostante lei fosse contraria- un’associazione che porta il nome di suo figlio. Il fratello di Attilio, Gianluca, ha chiarito poi che questa giornata di ricordo giunge con la chiusura di un cerchio: ”Da un lato il dolore di aver perso degli amici, ma dall’altro lato la gioia di averne trovati altri. E ancora il dolore di essere stati abbandonati delle istituzioni e la gioia di averne trovate altre che ci tutelano” Un messaggio è stato mandato anche alle istituzioni. Le stesse che “devono essere accanto alle famiglie evitando di creare enigmi su enigmi”. Uno scroscio di applauso ha chiuso gli interventi, e una domanda rivolta da Don Terenzio alla platea è un pugno all’occhio per presenti e non, ma soprattutto per tutti quelli che rispondono all’appello di una madre con torbidi silenzi.
L’interrogativo è questo: “Avete mai guardato negli occhi i familiari di una vittima di mafia?”.
la nostra audiointervista a Angelina e Gianluca Manca:http://spreaker.com/user/ilcarrettinodelleidee/attiliomanca_mp3