Camicette bianche. Oltre l’8 marzo

Ho letto d’un fiato “Camicette bianche. Oltre l’8 marzo” di Ester Rizzo: perché emoziona, avvince, affeziona. L’ho anche riletto  per il desiderio di recuperare pezzi,   particolari di un racconto che ho scoperto sempre più ricco e intenso.

  Se dovessi dare un nome al sentimento che ho provato già alla fine della mia prima lettura,  direi gratitudine verso l’autrice per il dono che ha fatto alle donne che lottano e hanno lottato per un mondo migliore, alle donne vittime di discriminazione e violenza , alle e agli invisibili, i cui segni si perdono,  a quelli di cui la storia non parlano ma che hanno contribuito a fare la Storia.

Credo che sia proprio l’invisibilità il centro   dell’opera di Ester Rizzo.

25 marzo 1911: 126 donne muoiono nel terribile incendio  della  Triangle Waist, la  fabbrica delle camicette bianche a  New York;  38 sono  italiane, 88 russe, austriache, ungheresi. L’evento è confluito, insieme ad altri, nella  Giornata Internazionale della donna che fin ora abbiamo continuato a  celebrare  l’8 marzo,  nomi e quindi senza storie vere.

Ora Ester Rizzo restituisce giustizia e dignità alle donne del 25 marzo: si chiamavano Clotilde, Caterina, Rosaria,  Lucia,  Provvidenza , Vincenza,  Giuseppina, Pinella, Giuseppa, Rosina, Grazia, Concetta, Vincenza, Provvidenza, Elisabetta, Francesca, Gaetana, Michela, Maria Anna. Venivano da Casteldaccia, Marineo, Bisacquino,  Sambuca di Sicilia, Sciacca, Marsala, Salemi, Sperlinga, Palermo, Licata, Cerda, Noto, Cerami, Palermo. Ora le donne della Triangle non sono più numeri, ma hanno volto e le loro storie  sono  Storia.

Riprendiamo, ad esempio,  il filo della storia  di una di loro,  Clotilde Terranova, forse la più cara ad Ester, perché anche lei, come l’autrice, viene da Licata: Clotilde  è biondina, gentile, intraprendente, è la  quinta degli otto figli del calzolaio Calogero; arriva con 24 dollari in tasca; a vent’anni segue la sorella Rosa. Viaggia in terza classe su un piroscafo nuovo che trasporta 1364 passeggeri: 54 in prima classe,  1300   in terza; lavora al decimo piano del palazzo andato in fiamme; si butta nel vuoto, dopo essersi fatta il segno della croce.     . 

L’invisibilità da svelare e vincere,  è dunque il filo che conduce Ester attraverso le sue storie.  L’invisibilita’ che travolge sempre i soggetti deboli e  le operaie della Triangle   erano tre volte soggetti deboli, per tre volte “meritevoli” di oblio ed indifferenza: perchè povere, straniere, donne.

Ester va oltre e smentisce con  naturalezza  stereotipi sessisti radicati nel  nostro immaginario : apprendiamo che tante donne   partivano da sole o con le figlie, lasciando mariti e figli, come Provvidenza Bucalo, madre di 8 figli, che, partita da Casteldaccia,  porta con sé due figlie di 10 anni e 10 mesi;   tante, pur giovani,  pur guadagnando meno degli uomini , a parità di orari di lavoro, erano la fonte maggiore di reddito di famiglie con padri disoccupati o saltuariamente occupati : come Rosina Cirrito da Palermo che guadagnava ben 15 dollari a settimana; talora erano l’unica fonte di reddito per la loro famiglia, come Marianna Santa di Polignano, unica a lavorare in una famiglia di 6 persone, come Caterina Uzzo di Palermo che sostentava la famiglia ed il cognato anche lui disoccupato.

Non è solo un  saggio ma un’opera multipla quella di Ester Rizzo: è  storia ricostruita su fonti di archivio , italiane ed americane,  attraverso  il viaggio e l’incontro con i parenti delle vittime; è  racconto costruito con passione,   emozione fin dai  primi  capitoli; è saggio sociale nei capitoli  dedicati ai silenzi e alle bugie del processo,   all’opera delle donne (Anne Morgan, Rose Scheidermann) che non hanno reso vano il sacrificio delle 126 operaie, ottenendo nuove leggi che migliorarono le condizioni di lavoro in fabbrica. Accompagna il libro e le iniziative che lo seguono   anche il sito fb https://facebook.com/groups/539476739506676/ curato da Serafina Ignoto.

 Il libro di Ester non si chiude, infatti,  ma resta aperto,  collegandosi ad una petizione nazionale di Toponomastica Femminile  rivolta alle amministrazioni  dei Comuni di provenienza   delle vittime perchè intitolino loro un luogo di pubblico interesse. Così le ragazze e le donne della Triangle   continueranno  a vivere.

Pina Arena

E’ un viaggio guidato dall’Amore : Ester lo dice, ma lo sentiremmo se non lo dicesse: nel suo racconto è vivo questo  impulso forte e appassionato, femminile .

 “Camicette Bianche” un mio piccolo libro in cui con un po’di fatica e tanto amore ho cercato di ricostruire la vita delle 38 operaie italiane perite in quel terribile incendio. Con una ricerca che mi ha portato nei luoghi di origine a 32 di loro finalmente è attribuibile l’origine: il nome esatto, l’età, il nucleo familiare e il paese di provenienza, nozze di genitori, . Ho voluto ridare voce, anima e dignità a queste donne, la cui memoria é ‘stata ingiustamente ricoperta dall’oblio. A questo mio lavoro è collegata una petizione del GRUPPO TOPONOMASTICA FEMMINILE e dell’editore x sollecitare le intitolazioni di strade, giardini, luoghi pubblici a queste nostre sfortunate migranti di più di cento anni fa. Per non dimenticare.http://dols.it/2014/05/15/camicette-bianche-per-non-dimenticare/

Ho avuto la sensazione di seguirla in un viaggio di scoperta: Ester dice di sentire di aver vissuto con queste donne un pezzetto della sua vita . Ed è stata tanto bravaabile   da far affezionare anche noi lettrici e lettori alle sue eroine. E’ un viaggio nella storia, nella grande storia delle migrazioni e delle battaglie per il diritto al lavoro,  e nelle storie di 38 donne:  le 38 operaie italiane perite nel  terribile incendio della Triangle Schirtwaist Company di New York  il 25 marzo 1911. Nell’opera di Ester Storia e Storie s’intrecciano e si ha la sensazione di un puzzle di vite che si compongono

Se scopo della Storia è quello di restituire MEMORIA e visibilità  alle persone, alle loro vite