Chi? Quattro becchini, un fantasma e tre musicisti. Dove? In un cimitero. Quando? Alla vigilia del 2 novembre. Cos’è? E’ ‘Camposanto mon amour’!
In prima assoluta al teatro Domenico Savio di Messina, ha debuttato giorno 20 marzo la commedia musicale diretta da Paride Acacia e prodotta dalla compagnia Efrem Rock. Il musical si colloca all’interno della rassegna teatrale ‘Atto unico. Scene di vita, Vite di scena’, che per la prima volta accoglie una produzione musicale.
“Camposanto mon amour è nato dalla voglia di creare una commedia musicale leggera ma al tempo stesso sarcastica e cattiva, l’esigenza di mettere in scena riflessioni alchemiche su temi importanti come l’immortalità, l’onoranza dei morti, le nevrosi comuni, mantenendo sempre un tono brillante e pieno di ritmo”, ci racconta Paride Acacia. Dopo lo straordinario successo di ‘Volevo essere brava’, la collaborazione tra il regista e la rassegna ‘Atto Unico’ si rinnova con la stessa irriverenza e genialità che contraddistingue le produzioni del regista.
‘Camposanto mon amour’ è un’incredibile commistione di generi diversi che non ha nulla di caotico. Tutt’altro. Con eccellente capacità direttiva, Acacia è riuscito a fondere elementi differenti e a volte contrastanti, dando vita a uno spettacolo che tiene incollati alla poltrona. Scatena il riso, la riflessione e il coinvolgimento. Le citazioni letterarie, musicali, i drammi interiori, i battibecchi e le esperienze di vita comune producono un fiume in piena perfettamente armonizzato, con dialoghi eccellenti e ben studiati. I quattro becchini, o meglio, le quattro becchine del cimitero comunale raccontano e si raccontano. A partire dalla loro esperienza quotidiana fatta solo di morte, riescono con una spettacolarità mai eccessiva, a parlare della vita in maniera assolutamente naturale. Tramite la legge del contrario, quattro personaggi che fanno della morte il proprio mestiere, riescono a ragionare sulla vita elaborando pensieri degni di un saggio esistenzialista. Il tutto con l’irriverenza e con l’anarchica libertà ormai elemento imprescindibile delle produzioni di Acacia. Le becchine litigano, si accapigliano, giocano tra loro, si fanno dispetti. Sanno essere cattive, spietate, fredde e insensibili, dimostrando al contrario una sensibilità che contrasta in maniera quasi favolistica l’ambientazione tetra di un cimitero comunale. Diventando esse stesse spettatrici, osserveranno dal cancello del cimitero la commedia che quotidianamente si svolge oltre le grate. Contro i vivi si scaglieranno con osservazioni cattive e terribilmente sincere, trasmettendo il disgusto per le apparenze e le ipocrisie. Non si salva nessuno. Neanche, anzi, soprattutto i dipendenti comunali, colpevoli di promesse mai rispettate e illusioni infrante. Sono sarcastiche, spiritose, anche buffe a volte, ma sempre impietosamente dirette e sincere. Milena Bartolone, Gabriella Cacia, Francesca Gambino ed Elvira Ghirlanda riescono a creare un unicum che al tempo stesso permette di mantenere la singolarità di ogni personaggio. Una straordinaria Milena Bartolone riesce a far ridere a crepapelle senza essere volontariamente divertente. Il suo è un dramma terribile. Un passato da cantante e attrice rinchiuso tra bare e camere ardenti la porterà a trovare rifugio all’interno della sua bara-camerino, tra ansiolitici e calmanti. Il tutto fino a quando la catarsi porterà lei e il suo passato a rinascere a nuova vita.
Alle quattro becchine si aggiunge un fantasma, Laura Giannone, che già dal suo ingresso in scena unisce il grottesco al drammatico. Sarà lei che presagirà la tragedia che si abbatterà sulla città: un’alluvione che, con espliciti riferimenti al dramma di Giampilieri, riuscirà a far rinascere nelle menti il rispetto per la vita e per la terra. Dal fantasma arriveranno riflessioni sull’aldilà, che non esiste dato che lei è ancora aldiquà! Su un Dio che non conosce e su una vita che ha conosciuto, per troppo poco tempo.
Le musiche, inedite ed eseguite dal vivo, entrano a pieno nello spettacolo, ne fanno parte. Pur in silenzio, Peppe Pullia (Batteria e percussioni), Massimo Pino (chitarre) e Simona Vita (piano e tastiere) partecipano alla rappresentazione anche quando non sono all’opera. Le coreografie, curate da Sarah Lanza, rendono la rappresentazione un’opera completa e coinvolgente. Senza esagerazioni o spettacolarizzazioni eccessive, i movimenti sul palco conferiscono maggiore azione, rendendo il tutto deliziosamente frizzante.
Uno spettacolo irriverente, anarchico e divertente. Spunti di riflessione, analisi interiori. Tutto trova spazio in ‘Camposanto mon amour’: l’amore, l’odio, il disprezzo, il colto, il ricordo del passato, il disprezzo del presente e la speranza nel futuro. La morte. La vita. Un ossimoro che incanta. Un gioco di contrasti che invita alla vita, dal cancello di un cimitero!
GS Trischitta