Oggi pomeriggio la Polizia Penitenziaria di Vibo Valentia ha trovato un micro-telefono cellulare addosso a un detenuto di origine campana del circuito ad “alta sicurezza” della locale casa circondariale.
Il comunicato è stato diffuso da fonti sindacali della Calabria.
Sono sempre più frequenti i ritrovamenti in cella di “micro telefoni”, si tratta di veri e propri telefoni cellulari, provvisti di micro sim, che vengono introdotto nelle carceri italiane, spesso nascosti all’interno delle parti intime, facilitati dalle ridottissime dimensioni dell’oggetto: pochi centimetri.
Facilmente reperibili anche a bassissimo prezzo, sino a un costo di poco meno di 15,00 €.
Nel penitenziario esistono confini invisibili, a volte stabiliti dalla legge, altre volte disegnati dalla prassi. Alta Sicurezza, 41 Bis, Istituti a custodia attenuate… Che cosa significano?
Attraverso la presentazioni di alcuni dati e l’utilizzo del concetto di circuito carcerario nel seguente capitolo fornirò alcuni dati sui circuiti carcerari, mostrando come a fronte di una definizione formale centrata sull’idea di sicurezza, il concetto di circuito rappresenta una modalità organizzativa del sistema carcerario italiano. In particolare, l’articolo 14 dell’ordinamento penitenziario al comma secondo prevede espressamente che: “L’assegnazione dei condannati e degli internati ai singoli istituti e il raggruppamento nelle sezioni di ciascun istituto sono disposti con particolare riguardo alla possibilità di procedere ad un trattamento rieducativo comune e all’esigenza di evitare influenze nocive reciproche. Per le assegnazioni sono, inoltre, applicati di norma i criteri di cui al primo ed al secondo comma dell’articolo 42 ordinamento penitenziario”, il quale a sua volta prevede che “i trasferimenti sono disposti per gravi e comprovati motivi di sicurezza”. Il principio sancito in tale articolo indirizza le modalità organizzative a la collocazione dei detenuti all’interno degli istituti di pena, definendo de facto una logistica del sistema penitenziario italiano centrata sul principio della “classificazione” dei detenuti.
Da un punto di vista formale “circuito” e “regime” penitenziario sono due concetti distinti e separatamente definiti. Di fatto il primo dovrebbe essere una realtà logistica atta a rispondere a specifiche esigenze di sicurezza che si concretizza in una in una serie di strutture e ambienti ai quali vengono destinati particolari categorie di detenuti. I circuiti penitenziari sono quindi realtà fisiche in cui sono allocati detenuti contraddistinti da specifiche caratteristiche omogenee. Tali strutture sono distribuite sul territorio nazionale, in maniera tale da poter conferire provvedimento amministrativo comunemente definito come ‘classificazione’, una certa stabilità nel tempo, anche se permane la possibilità di trasferimenti in altre sedi. Possono essere annoverati tra i circuiti penitenziari realtà più o meno strutturate, specificatamente dedicate a tossicodipendenti, alle detenute madri, ai collaboratori di giustizia, ai detenuti così detti “protetti”… (F. Falzone, 2015)