CASO AGOSTINO : IL DOLORE DI UNA FAMIGLIA

Signor Agostino, ci vorrebbe una scintilla.

Ci vorrebbero dei pentiti che parlassero

dell’omicidio di suo figlio, eh purtroppo le carte

quelle sono”

Frasi come queste, Vincenzo Agostino e la sua famiglia in questi 27 anni le hanno dovute ascoltare troppe volte, da parte di tutti che essi siano magistrati, funzionari di polizia, o più semplicemente gente comune. Quando però tutte queste combinazioni di incertezza sono venute a cadere con l’impulso investigativo dato da Grasso e Donadio per l’individuazione di faccia da mostro e le dichiarazioni dei vari pentiti come lo forte e vito galatolo, che da questa procura era stato frettolosamente ribadito che, in quanto minorenne non poteva sapere nulla di tali fatti, però lo stesso galatolo ha descritto con queste dichiarazioni apprese dai giornali (Ogni volta che aiello veniva in vicolo Pipitone poi accadevano degli omicidi eclatanti a Palermo”. galatolo conferma le accuse
che alcuni giorni fa aveva fatto un altro collaboratore di giustizia, vito lo forte, citato anche lui all’incidente probatorio: “madonia e scotto hanno agito con giovanni aiello, che subito dopo l’omicidio aiutò i due a distruggere la moto usata. Li fece scappare a bordo di un’auto pulita per non destare sospetti”.)

 Quindi non ci si riesce minimamente a capacitare come non siano bastati, due incidenti probatori, le dichiarazioni precise di due pentiti, altri elementi forniti dalla famiglia, un riconoscimento all’americana, dove Vincenzo Agostino ha fermamente e con lucidità riconosciuto l’aiello come uno dei due uomini che 27 anni prima venne a cercare il figlio a Villagrazia di carini. Bisogna altresì ricordare che Vincenzo Agostino sin dal primo istante in cui il figlio e la nuora vennero assassinati disse alla magistratura di “un uomo” con la faccia deturpata che venne a cercare il figlio. Da cittadino che ha sempre avuto fiducia nella giustizia e nella magistratura mi trovo amaramente a dover ammettere che probabilmente l’attuale procura di Palermo non ha abbastanza, per non dire mai, creduto, a mio avviso, nella possibilità di andare a processo, nonostante gli elementi forti come ha più volte detto il legale della famiglia Agostino, l’Avvocato Fabio Repici, lo dimostra il fatto che con quella di alcuni giorni fà siamo alla seconda richiesta di archiviazione. Credo che il rammarico più’ grande della famiglia sia questo, e non quello letto fra le righe di alcuni internauti di Facebook e cioè che la famiglia volesse il processo quasi per forza, il processo lo si pretendeva e lo si pretende ancora perché gli elementi ci sono.

Diversa cosa devo dire della Procura generale che ormai un anno fa chiese l’avocazione a se, quando ciò avvenne avvertii un vento positivo, di speranza e finalmente determinante per questo caso, ma inspiegabilmente questa procura fece ricorso, vincendolo e riprendendo a se il caso. Ora la mia domanda è; se non ci si credeva, perché appellarsi? non era il caso, e il momento di far lavorare sulla vicenda di Nino Agostino, altri magistrati?, che fra l’altro anni prima se ne erano già occupati con ottimi risultati. Ho detto spesso a Vincenzo Agostino che non deve rimproverarsi nulla, perché in questi anni ha fatto di tutto, ha girato in lungo e largo per l’Italia a chiedere e purtroppo a “elemosinare” un qualcosa che gli deve essere dato di diritto, e cioè VERITA’ e GIUSTIZIA, perché dimostrargli che il suo figliolo era un eroe, non serve a nulla se non c’è una verità processuale , e se Vincenzo questa VERITA’ e questa GIUSTIZIA non la vedrà, sarà la sconfitta di TUTTI, in primis di una parte della magistratura che ha mal riposto la sua fiducia

Giovanni Perna